I rigurgiti dell’antifascismo

Io capisco perfettamente che quando un partito politico si trova a corto di proposte spendibili elettoralmente, si attacchi a ciò che Pier Luigi Bersani ha spesso definito come “usato sicuro”. Ed è per questo che la sinistra di tutte le tinte continua a utilizzare il tema dell’antifascismo a ogni occasione possibile, compresa ovviamente la prossima ricorrenza del 25 aprile. La sua componente radicale, in particolare, essendo ridotta ai minimi termini, ha trovato un insperato testimonial di questo interminabile filone, sulla cui base in passato sono state costruite brillanti carriere, candidando Ilaria Salis, detenuta in Ungheria, la quale si è spesso distinta per un attivismo antifascista, per così dire, eccessivamente esuberante.

Tuttavia, per chi dopo quasi ottant’anni dalla caduta di un regime morto e sepolto pensa ancora di utilizzare questa vetusta propaganda, c’è solo un piccolo problema: sulla scena politica italiana è rimasto solo l’antifascismo, dato che per l’appunto il suo nemico storico è scomparso ufficialmente il 25 aprile del 1945. Tant’è che alla stragrande maggioranza dei cittadini italiani, compresi molti orientati a sinistra, la reiterazione del mantra antifascista, corroborato da deliranti avvertimenti circa una molto presunta svolta autoritaria della nostra democrazia, non fa più alcun effetto da lungo tempo. Pertanto, stupisce che anche molti onesti osservatori dell’area progressista indulgano sul tema di un inverosimile tentativo di riportare indietro le lancette della storia, deducendolo da qualche carica della polizia eseguita contro gruppi di violenti facinorosi che di democratico hanno ben poco.

D’altro canto, tolto proprio il tema dell’antifascismo, quello della catastrofica linea green – su cui in tante parti d’Europa si segnalano grossi ripensamenti – e quello delle false emergenze, su tutte quelle dei morti sul lavoro e dei cosiddetti femminicidi, non mi sembra che sotto il vestito politico della sinistra ci sia molto altro. Personalmente, da liberale, non sono particolarmente entusiasta dell’attuale Governo. In particolare, non mi piacciono affatto le campagne d’immagine che sostiene da tempo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, caratterizzate da molto fumo e poco arrosto. Malgrado ciò, non posso non constatare l’approccio generalmente concreto con cui lo stesso Governo sta cercando di affrontare i dossier più spinosi; su tutto il tema del controllo dei conti pubblici in relazione alla sostenibilità del nostro colossale debito pubblico. Una concretezza che è difficile rilevare in chi continua a martellarci i timpani con argomenti lontanissimi dalle vere questioni che sono da tempo sul tappeto.

Aggiornato il 23 aprile 2024 alle ore 12:12