Il ritorno di Gianfranco Fini

Il ritorno di Gianfranco Fini ad Atreju è stato un evento realmente emozionante perché, tra luci e ombre, l’ex leader di Alleanza nazionale è stato sicuramente il personaggio più importante della storia della destra. Sì, perché, mentre il merito di Giorgio Almirante fu quello di tenere vivo il post-fascismo traghettandolo nell’agone repubblicano e quello di Giorgia Meloni fu di riaccendere il fuoco della destra dopo la dissoluzione del Popolo delle libertà, a Gianfranco Fini va l’indubbio riconoscimento di aver innovato la destra disancorandola dai propri steccati e rendendola partito di massa. Il tutto con la regia di un Pinuccio Tatarella che ci ha lasciati troppo presto e sulla cui visione prospettica non crediamo ci sia discussione alcuna. Gianfranco Fini è stato un gigante della politica a cui forse in alcuni passaggi è mancata la lucidità: ci riferiamo ad esempio al passaggio in cui Pino Rauti gli soffiò la Segreteria del Msi nel 1990 ma anche al famoso “che fai, mi cacci!”, piuttosto che alla dinamica delle correnti interne ad Alleanza nazionale completamente fuori controllo. Dispiace che a un uomo politico della sua levatura sfuggano i passaggi critici della sua azione politica: “Io ho fatto un errore: quello di sciogliere An, un movimento fondato su un senso di comunità”.

In una simile affermazione ci sono una serie di errori, questi sì, imperdonabili perché, in merito allo scioglimento di Alleanza nazionale c’è un prima, un durante e un dopo. Accennavamo poc’anzi alla dinamica delle correnti sotto la cui ombra Fini di accucciò pensando di poter sopravvivere solo ponendosi al di sopra. Peccato che esse divennero preponderanti all’interno del partito orientandone l’agire soprattutto a dinamiche interne e non di interlocuzione con la base. All’inizio, il suo carisma le tenne a bada onde poi ridurre Alleanza nazionale a un condominio di inquilini rampanti e litigiosi che si davano battaglia per contare sempre di più all’interno del partito. Il militante pian piano scivolò tra le “varie ed eventuali” e fu vissuto con malcelato fastidio assurgendo a truppa cammellata da motivare a ridosso delle elezioni. Insomma, Alleanza nazionale divenne Arroganza nazionale. L’elettorato, deluso e abbandonato si emancipò scoprendo il bipolarismo prima ancora che lo scoprisse Fini. Dopo il fastidio per la base, vissuta come un inutile fardello, Gianfranco Fini cominciò a pensare di sciogliere Alleanza nazionale perché anche le correnti, con annessi dirigenti rampanti, cominciavano a stargli strette. Così, ordinò il “rompete le righe” arrivando nudo alla fusione con Forza Italia: senza una base, senza un gruppo dirigente, senza uno zoccolo duro. Fu lui a pensare di bastarsi mollando gli ormeggi.

Poi, non comprese che il tempo della successione a Silvio Berlusconi non era ancora arrivato ma fece ugualmente la fronda, si girò e dietro di sé trovò il nulla. Possiamo realmente sostenere che il vero problema fu la nascita del Popolo delle libertà? Il progetto era di andare “oltre il polo”, superando cioè un’alleanza elettorale di centrodestra per lasciare spazio a un’area culturale che tenesse insieme anche le ragioni della destra coniugandole con quelle della classe media post-democristiana e di quel popolo moderato, liberale e repubblicano rimasto orfano di punti di riferimento. Intuizione ovviamente di Pinuccio Tatarella, lungimirante e vincente. Diciamo che la deflagrazione del Pdl cambiò in peggio il corso della storia perché ammazzò, definitivamente, il corso maggioritario del Paese favorendo (a destra e a sinistra) il nuovo proliferare di cespugli e un ritorno indietro dopo la semplificazione del quasi bipartitismo. Il resto fu solo una china pietosa di ammiccamenti alla sinistra, false lusinghe da parte dei salotti buoni, assi repubblicane con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, trame bocchiniangranatiane, rancore e sabotaggi. Poco futuro e tanta libertà di andare ai giardinetti. Se non comprendiamo che fu il “come” a essere sbagliato e non il “cosa”, allora vorrà dire che tutto questo tempo è passato invano.

Aggiornato il 10 dicembre 2025 alle ore 10:01