Sassolini di Lehner
Lasciata in un cantuccio tra le pinzillacchere politicanti Lilli Gruber, drammaticamente sputtanatasi con l’egotico e osceno atto di autocelebrarsi ‒ le sue non sarebbero giammai opinioni, ma verità rivelate ‒ i più emotivi e tremebondi opinatori di sinistra sono atterriti dalle abnormi fuoruscite proPal di Francesca Albanese, la santissima Immacolata, Addolorata, Ausiliatrice, Madonna di Hamas.
Anzi, i più patetici la dipingono, per le sue verbose deflagrazioni sismiche, come la migliore alleata del governo Meloni. Ogni volta che Albanese esterna fuoco e flotilla ‒ lamentano ‒ Giorgia si rafforza e guadagna punti, visto che nel centrodestra manca una simile devastante citrulla proBallista.
Come sempre i crocerossini sinistronzi stravedono o mentono, oppure semplicemente si sbagliano. Francesca Albanese non nuoce alla sinistra. Albanese è l’anima stessa della sinistra. Ed è anche contigua ai presunti e sedicenti intellettuali e maestri di superiorità morale, che occupano cattedre e rettorati universitari, per motivazioni partitiche, niente affatto culturali. Ed è pure prossima a tutti gli ebrei alieni sputati dal pianeta Marte, pardon, Marx, il primo ebreo antisemita, i quali maledicono Netanyahu, augurandogli il linciaggio, allineandosi alla moda falsa e bugiarda di attribuire genocidi ad Israele.
In questo senso, stante la sinergia con israeliti ferocemente antisionisti (è tipico degli odiatori di ebrei vantare ottimi rapporti con un amico ebreo), Francesca non è neppure classificabile come antisemita, rimanendo solo preziosa icona forcaiola del campo largo.
Alleati involontari di Giorgia? Non Francesca, baluardo della sinistra di lotta e di pagnotta. Semmai, lavora per il Governo la magistratura senza se e senza ma, ma con imam, più confinante con la Mecca che con l’Italia. Sopra tutti è il ragionier Roberto D’Agostino a stagliarsi come la più efficace e potente garanzia dell’eternità di questo Esecutivo.
Come si fa, pur appartenendo, come nel mio caso, ad area politico-culturale liberalsocialista, lontanissima da FdI, a non nutrire crescente simpatia e partecipe solidarietà per la figlia della grande donna Anna Paratore, dopo aver registrato quotidianamente gli insulti e le sguaiataggini di Roberto?
Dagospia, da un lato, merita di essere seguita, perché ha il pregio di dare le notizie, malgrado il ricamo di parte, spesso prima, più e meglio di testate annose e famose con centinaia di inutili e pavidi giornalisti, essendo stati mazziati, intimiditi ed ammoniti, come proclamò la santissima Albanese.
L’informazione puntuale e il pettegolezzo, divertito, stuzzicante od urticante, dopo che il giovane non conforme Roberto è decaduto a vegliardo draghista-conformista, da qualche anno vengono, però, intervallati e declassati dal vomitevole turpiloquio monotematico maniacalmente giorgiafobico.
Secondo le ultime sentenze del draghifilo compulsivo:
1) Giorgia non balla, “zompetta”;
2) Non esprime idee, ma “corbellerie”;
3) Non è sobria e realista, ma “ubriaca di sé”;
4) Non fa politica, ma “paraculissima demagogia”;
5) Non premier, ma “statista della Sgarbatella”;
6) Non donna del popolo, ma “nuova marchesa del Grillo”;
7) Non si dice più “presa per il culo”, ma “presa per i Meloni”.
Ebbene, basterebbe la furia parolacciara tesa non solo all’equazione deretano uguale Meloni, ma addirittura a vilipendere pure un quartiere romano – “Sgarbatella” ‒ per capire che le modalità dell’opposizione robertiana rappresentano una delle colonne portanti del melonismo.
Il troppo stroppia e alla fine la gratuita trivialità di Dagospia moltiplica i proseliti della Meloni, i quali percepiscono non una normale e democratica critica, bensì un concentrato di odio abissale. Chi vuol bene a Giorgia, perciò, augura lunga e felice vita a Roberto D’Agostino.
Aggiornato il 18 dicembre 2025 alle ore 15:37
