II
POLITICA
II
Le sirene neocentriste bersaglio dell’ira del Cav
di
FEDERICO PUNZI
ell’ultima vulcanica conferen-
za stampa di Berlusconi ci so-
no molte meno novità dal punto
di vista politico di quante se ne sia-
no volute intravedere. Innanzitut-
to, troviamo due conferme: la de-
cisione di non ricandidarsi a
premier. Che però non equivale ad
un ritiro dalla vita politica, co-
m’era già intuibile dalle parole di
tre giorni prima con le quali ren-
deva nota la sua scelta. Anche il
processo delle primarie “aperte”
del Pdl sembra ormai non reversi-
bile. Difficilmente, poi, si possono
considerare novità politiche le cri-
tiche all’operato del governo Mon-
ti e l’attacco rivolto a Berlino per
la politica economica di solo rigore
imposta ai paesi eurodeboli. Nelle
sue dichiarazioni degli ultimi mesi
Berlusconi ha sempre oscillato tra
lealtà al governo Monti e critiche
anche minacciose al suo operato,
rispecchiando le contrastanti pul-
sioni interne al Pdl.
Ieri il premier Monti ha sdram-
matizzato le “minacce” di Berlu-
sconi allo stesso tempo rispeden-
dole al mittente con una sottile
rasoiata. Senza voler alimentare la
polemica, ha osservato infatti che
«
minacce di ritiro della fiducia a
questo governo non possono esse-
re fatte: non perché non ci possa
essere ritirata la fiducia, ma perché
non lo vivremmo come una minac-
cia», dal momento che non si può
chiamare «minaccia qualcosa che
a noi non toglierebbe niente». Co-
N
me a ricordare: non abbiamo chie-
sto noi di governare, siamo stati
chiamati, e sfiduciarci ora sarebbe
un autogol, un danno per voi par-
titi, non per noi.
Difficile comprendere dove fi-
nisca lo sfogo per l’assurda sen-
tenza di condanna ricevuta vener-
dì, accompagnata da a dir poco
irrituali motivazioni “politiche”, e
dove cominci, invece, la politica.
Si vedrà nelle prossime settimane.
Ma i toni sopra le righe nei con-
fronti del governo Monti e della
cancelliera Merkel hanno senz’al-
tro a che fare sia con l’ennesimo
tentativo di “farlo fuori” per via
giudiziaria, sia con lo scollamento
in atto tra il fondatore del Pdl e la
sua classe dirigente, segretario Al-
fano compreso. Il Cav ha voluto
evitare che il combinato disposto
della sentenza dei giudici di Mila-
no e della sua decisione di non ri-
candidarsi, con l’apertura al me-
todo delle primarie, potesse
incoraggiare qualcuno, in primis
nel suo partito ma ovviamente an-
che tra i suoi avversari, a credere
che sia disposto a farsi eliminare
dalla scena politica e quindi a
muovere in tal senso, approfittan-
do del suo senso di responsabili-
tà.
Il passo indietro non significa
affatto un via libera ad una linea
acriticamente montiana del Pdl,
nell’illusione di favorire l’alleanza
con Casini. Oltre allo shock della
sentenza, a Berlusconi non è sen-
z’altro sfuggito che il suo passo in-
dietro non ha affatto sortito gli ef-
fetti sperati sugli ipotetici
intelocutori per il rassemblement
dei “moderati”, su tutti Casini e
Montezemolo. Anzi, entrambi han-
no stretto ulteriormente la morsa
sul Pdl: Casini confermando di vo-
ler proseguire sulla sua strada con
una “lista per l’Italia” e Monteze-
molo stringendo l’alleanza con il
mondo di Todi. Il significato è fin
troppo chiaro: il Pdl può anche di-
ventare più montiano di Monti e
il Cav sparire per sempre in Kenya
o chissà dove, ma nulla potrà mai
accontentarli se non la totale li-
quefazione del Pdl. L’obiettivo fi-
nale è sì l’unità dei moderati, ma
completamente deberlusconizzata.
Anzi, antiberlusconiana. Il che è
chiaramente inaccettabile per Ber-
lusconi. Sia pure con due diverse
operazioni centriste, lo scenario a
cui lavorano Casini e Montezemo-
lo è quello di un pezzo maggiori-
tario del Pdl che rompe con il suo
fondatore, e che si consegna mani
e piedi al progetto neocentrista. A
quel punto Berlusconi e i suoi fe-
delissimi non potrebbero far altro
che dar vita a un nuovo partito
berlusconiano, rancoroso e popu-
lista, e gli ex An farebbero altret-
tanto, un nuovo partito di destra,
non potendo certo morire demo-
cristiani, ma entrambi sarebbero
condannati all’isolamento. Questo
il disegno contro cui Berlusconi si
è scagliato nella conferenza stampa
di sabato.
Consapevolmente o meno mol-
ti esponenti del Pdl, pensando al
seguito della propria carriera po-
litica, sono invece allettati da que-
sta prospettiva e il segretario Al-
fano è esposto a tali sirene. Il
rischio che corrono, ovviamente,
è di venire usati in funzione anti-
Cav e poi gettati, come è capitato
a Fini.
In questa partita a scacchi c’en-
tra poco la “responsabilità” nei
confronti del governo Monti. An-
che il Pdl, come il Pd, ha sostenuto
tutti i provvedimenti dell’attuale
esecutivo. E anche il Pd non ha
mai rinunciato a criticarlo e a por-
re i propri paletti. Sembra quasi,
però, che al centrosinistra di Ber-
sani si perdonino le intemperanze
demagogiche e la voglia nemmeno
tanto velata di archivhiare in fretta
l’agenda e la figura stessa di Monti
(
vedi dichiarazioni di Fassina e
Vendola), mentre al Pdl si richiede
di starsene buono, appiattito sulle
misure del governo tecnico, perché
se osa alzare il ditino allora scatta
l’accusa di populismo, di irrespon-
sabilità. Se il Pd di Bersani punta
i piedi sui tagli alla spesa – alla sa-
nità, alla scuola e agli enti locali –
e se insieme al sindacato è riuscito
a svuotare la riforma del mercato
del lavoro sull’articolo 18, non si
capisce perché il Pdl e Berlusconi
non dovrebbero porre istanze sul
fisco, sull’Imu o sull’Iva. E quale
sede più appropriata della legge di
stabilità, cioè il principale atto di
politica economica, per dimostrare
di esserci?
Può apparire contraddittorio,
ma il Pdl non potrebbe tenere in
piedi una linea responsabile sul go-
verno Monti e l’Europa, al tempo
stesso senza appiattirsi totalmente
sulle misure, tra l’altro non impec-
cabili, del governo? Non è forse
questa l’unica via che hanno a di-
sposizione i partiti per recuperare
un ruolo e la credibilità perduta?
Un conto è che sia Monti, in prima
persona, a sostenere la sua “agen-
da” davanti agli elettori imbufaliti
ma quale, poi, se il professore
non intende chiedere esplicitamen-
te agli italiani di rimandarlo a Pa-
lazzo Chigi, ed essendo quanto fat-
to finora appena sufficiente ad
evitare il baratro ma non a ripar-
tire? Tutt’altro conto è che siano i
partiti screditati: possono permet-
terselo? E’ facile parlare quando
non si ha a che fare con il proble-
ma della raccolta del consenso?
Perché Monti non si cimenta?
Difficile capire dove
finisca lo sfogo
per la condanna e dove
cominci invece la politica
Ieri il premieri Monti
ha minimizzato
le parole di Berlusconi
rispedendole al mittente
L’opinione pubblica dopo la caduta di Berlusconi
erte cose non hanno prezzo.
Finalmente, nel 2012 dopo
vent’anni di tentativi sono riusciti
a condannare, sia pure solo in pri-
mo grado, Silvio Berlusconi. Pagare
l’Imu, 1000 euro. Fare il pieno al
distributore, 120 euro. Una stecca
di sigarette, 50 euro. Una famiglia
numerosa, con meno detrazioni,
500
euro. Irap, studi di settore, tas-
se varie, 10mila euro. La pensione
che si allontana, 800 euro. Luci
spente, il contratto raggiunto e su-
bito perso 1000 euro. La condanna
del Caimano alias grande evasore
non ha prezzo.
Condannare l’ex premier era
una cosa così importante, per molti
poteri, da dover essere perseguita
a qualunque costo ed a qualunque
prezzo. Non c’era sacrificio che
non potesse essere accettato, anche
la distruzione del paese, anche il
suo declino, anche il suo suicidio.
Una cosa senza prezzo. Data la no-
tizia, i primi commenti, anche sul
sito del giornale di Confindustria,
C
non proprio il luogo principe delle
rivolte e delle indignazioni, sono
indicativi. Del genere: «L’unica
notizia” di questo articolo è che
gli danno
solo
4
anni». Oppure:
«
Caro Silvio, t’hanno pizzicato. La
verità fa male. Ci hai imbrogliato.
Noi siamo rimasti col cerino in ma-
no. Lei invece era a Malindi. Sicu-
ramente un bel posto. Ma noi dob-
biamo
pagarlo».
«
Potrà
organizzare bunga-bunga a San
Vittore».
Qualcuno si chiede «Finirà co-
me Al Capone? Dopo tutte le ne-
fandezze che ha commesso, in car-
cere per frode fiscale?». Un altro è
sicuro che «È finita la pacchia!!!».
Dalla Germania c’è chi avanza una
richiesta: «Signore e Signori Final-
mente! Adesso in cella, e che si but-
ti via la chiave». La rinuncia, il
grande abbandono, il ricambio av-
viato con un passo indietro, appena
ieri salutati da Mario Sechi come
l’atto geniale per il quale «Berlu-
sconi supera se stesso», adesso, alla
luce della condanna penale, sicu-
ramente nota alla difesa del celebre
imputato, appare sotto un’altra lu-
ce sinistra, come l’annuncio obbli-
gato prima del buio a mezzogiorno.
Un altro commento esprime questo
pensiero: «Berlusconi condannato.
Finalmente i nodi vengono al pet-
tine. Ma, a parte questo, viene da
pensare che forse il motivo della
sua rinuncia alla candidatura a pre-
mier vi era legata. Amo l’Italia, dis-
se, e qualcuno credette a questo
amore». E un altro ancora rincara:
«
Ora capisco come mai eri cosi in-
deciso per rinunciare a candidarti
premier. Ora che non c’è nessuno
che ti fa leggi e leggine ad hoc, hai
quello che ti meriti». In questo fiu-
me corrivo e corrosivo di odio, solo
una voce esprime inquietudine e
sconcerto, nonché contrarietà: «Pa-
lesemente un processo politico per
un presunto reato che non potreb-
be essere che tecnico. Una sentenza
dopo un processo fatto durare oltre
dieci anni è senza precedenti. In-
somma una sentenza ingiusta e in-
difendibile».
L’Italia silente, silenziosa e si-
lenziata, quella che, maggioranza
nel paese, sperava nell’assoluzione
per Andreotti, o che confidava, for-
te minoranza nel paese, in quella
per Craxi, assiste sbigottita al ri-
sultato di dieci anni di indagini su
atti compiuti tra il 2002 ed il 2003,
ma pensati addirittura negli anni
‘80,
dei rinvii a giudizio del 2006,
dei sei anni di processo Mediaset
a singhiozzo per frode fiscale. Si
chiede quanto sia costato all’erario
cercare di condannare Confalonie-
ri, che invece se l’è cavata, e soprat-
tutto condannare a tre anni l’egi-
ziano Frank Agrama di cui l’ex
premier Silvio sarebbe socio occul-
to nella frode fiscale sull’acquisi-
zione diritti tv Mediaset. Sicura-
mente più dei dieci milioni di euro
di fideiussione che, provvisioria-
mente, gli imputati condannati do-
vranno versare alle Entrate.
La condanna decisa dal collegio
milanese, presieduto da Eduardo
D’Avossa, però non ha prezzo.
Non solo perché la condanna a
quattro anni supera le migliori pre-
visioni, le richieste stesse del Pm.
Non ha prezzo poter dire che Ber-
lusconi non potrà essere eletto, non
potrà candidarsi, sarà interdetto
dai pubblici uffici per cinque anni.
È solo il primo livello di giudi-
zio, certo. Nulla è definitivo. L’Ita-
lia pensava che il Cavaliere sarebbe
scivolato nell’altro processo, quello
boccacesco di Ruby. Invece, è ca-
duto non per la presunta egiziana,
ma per un vero egiziano. Nesuna
delle sentenze date è definitiva. La
prima condanna già avvenuta nel
tempo finì nel cestino del non più
reato. Questa è la prima condanna
però, senza rete. È stata emessa e
come insegna la storia, in questi
casi una ciliegia tira l’altra. Abbat-
tuto il muro delle condanne, sarà
più rilassante e confortevole emet-
terne altre. Sempre di venerdì se
domenica si vota. E finalmente,
nella guerra civile scientemente
condotta, a tutti i livelli, si toccherà
il cielo con un dito, si vivrà l’espe-
rienza meravigliosa di cancellare
il mostro, di eliminare il tiranno,
di garantire nuovi, cioè vecchi,
equilibri. Cosa che non ha prezzo.
Nemmeno quella di buttare il pae-
se nel baratro.
GIUSEPPE MELE
K
Silvio BERLUSCONI
È solo il primo livello
di giudizio, certo. Nulla è
definitivo. L’Italia
pensava che il Cavaliere
sarebbe scivolato
nell’altro processo,
quello boccacesco
di Ruby. E invece...
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 30 OTTOBRE 2012
3