Pistorius, campione del politically correct

Lo sfacelo che il pensiero unico orwelliano del politicamente corretto produce quotidianamente sulle nostre menti è un tema che passa troppo spesso sotto silenzio. Sono numerosissimi gli argomenti-dogmi della religione del politically correct, ma quasi tutti vertono su questioni politicamente sensibili, argomenti che sottopongono i pochi contestatori del pensiero unico ad un forte rischio di degenerazione della discussione in lite. Mai nessun argomento, mai nessun testo, mai nessuna evidente verità potrà convincere il nostro indottrinato interlocutore. Il riscaldamento globale è una truffa? Sanità e scuole pubbliche non sono gratis (ma finanziate dalle tasse)?. La gestione privata è sempre preferibile a quella pubblica? Non tutti gli elettori di Berlusconi sono mafiosibastardipedofili? Non tutte le culture sono uguali? La democrazia va sempre sostenuta nella lotta alla tirannia? Provate ad affontare argomenti simili senza la fortuna di trovarsi di fronte una persona aperta al dialogo ed al confronto. Il rischio è sempre lo stesso: chi non è allineato al pensiero comune viene accusato delle peggiori nefandezze o, se è fortunato, di ignoranza.

Ma c’è un caso, piuttosto recente, che può farci parlare della feroce dittatura del politicamente corretto senza alcuna ricaduta politica: il caso dell’inaudita, imperdonabile follia consistita nel far correre alle Olimpiadi ad un handicappato.

I Giochi paralimpici sono, secondo Wikipedia, «l’equivalente dei Giochi olimpici per atleti con disabilità fisiche». Ne consegue che Oscar Pistorius, atleta disabile, deve partecipare ai Giochi paralimpici.

L’altro argomento principe che l’adepto del politicamente corretto oppone solitamente è ancora più subdolo, viscido e ricattatorio: l’argomento della pietà. «Ma come puoi non commuoverti di fronte a un atleta che supera la sua disabilità? Di fronte ad una storia così bella e profonda?». A tali banalità non si può rispondere senza sembrare cinici. Si può opporre l’argomento provocatorio (Anche io ho il sogno di correre contro Bolt, solo perché non sono veloce come lui non posso correre la finale delle Olimpiadi? Magari aiutandomi con la mia macchina o con un motorino? Pistorius non ha il motore? Allora magari mi lancio con una catapulta per fare i 100 metri i 4 secondi!) o quello antidiscriminatorio (Perché allora non facciamo correre gli orfanelli, o i padri cornuti, le giovani vedove, i malati di cancro, i bambini che hanno subito violenze? Anche le loro storie sarebbero altrettanto emozionanti e belle, anche loro monopolizzerebbero le cronache studiapertane e ci scalderebbero il cuore. Perché loro no e Pistorius sì?). Ma, a meno di trovare persone di rara apertura mentale, l’oppositore al regime del politicamente corretto sarà accusato di essere senza cuore e sarà sommerso da offese di vario genere.

Il punto sul caso Pistorius è uno solo: lui per correre utilizza delle sofisticatissime protesi in carbonio. Tali protesi gli danno vantaggi? Ed è a questa domanda che gli organi preposti a decidere hanno risposto nel modo più ipocrita, vergognoso, buonista e politicamente corretto possibile: no, le protesi non gli danno alcun vantaggio. Ora, se non esistesse la pietà umana smentire tale affermazione sarebbe quanto di più facile possibile. È difficile, ma non impossibile, far capire che la decisione di far correre Pistorius con Bolt è sbagliata, deprecabile, intimamente razzista. 

Se le fantascientifiche, leggerissime, elastiche, indistruttibili protesi in carbonio non favoriscono Pistorius, perchè Pistorius non corre con le protesi che usa per andare a fare la spesa? Semplice, perché le protesi da corsa lo favoriscono. Questa è una verità immediatamente evidente, non il delirio di un fanatico. L’unico modo che avrebbe Pistorius, o un atleta con il suo handicap, di correre onestamente contro Bolt alle Olimpiadi sarebbe quello di farlo con i propri moncherini. Solo così potrebbe gareggiare onestamente alle Olimpiadi.

Chiunque abbia corso o camminato nella propria vita sa che i talloni d’achille degli atleti sono... i talloni, le ginocchia che si infiammano o si spezzano (vero Ronaldo? vero Giuseppe Rossi?), le tibie e i peroni che si rompono (un atleta americano alle ultime Olimpiadi ha corso con la tibia rotta, cosa che a Pistorius non potrebbe capitare). Pistorius ha l’oggettivo vantaggio di non essere soggetto a nessuno di questi infortuni. Corre inoltre con una decina di kg in meno degli avversari, non sente fatica nelle gambe (immaginate? correre senza fatica nelle gambe!), è molleggiato e capace di fare passi lunghissimi grazie alle protesi fantascientifiche. 

È folle, insomma, che Pistorius sia stato ammesso alle Olimpiadi. In spregio al buon senso ed alla logica, ma soprattutto discriminando tutti gli atleti con gambe di umanissime carne e ossa che avrebbero potuto essere al suo posto, e tutti gli handicappati che non hanno avuto la fortuna di essere stati eletti dal regime orwelliano del politicamente corretto.

Non si tratta di una provocazione. Pensate a tutti gli atleti disabili che si vedono costretti a partecipare alle Paralimpiadi perché non hanno la fortuna di monopolizzare la stampa. Loro non sono interessanti per nessuno, non meritano le copertine. Sono ghettizzati in una competizione il cui significato viene totalmente svilito dalla partecipazione di un loro collega alle Olimpiadi che tutto il mondo guarda, quelle di Phelps e di Bolt. Il 29 agosto cominciano le Paralimpiadi. Solo parenti e amici stretti faranno il tifo per gli atleti paralimpici. I mass media avranno altro a cui pensare.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:32