Per il Mali l'Ue pensa al modello Eutm

Bruxelles chiama Bamako. Prossima fermata: il Mali. È lì infatti che potrebbe approdare molto presto una nuova missione internazionale dell’Unione Europea. Obiettivo: contribuire alla stabilizzazione del paese attraverso l’invio di personale militare con il compito di addestrare le forze armate locali.

Una missione sul modello vincente di EUTM Somalia (European Union Training Mission), alla quale, sempre in qualità di addestratori, partecipa attualmente anche un’aliquota di militari dell’Esercito Italiano. Istituita nel 2010, Eutm è basata tra il quartier generale di Kampala e la base addestrativa di Bihanga, in Uganda. Una location dettata dal fatto che l’Uganda è il paese che all’interno dell’Unione Africana si è fatto capofila di Amisom, missione parallela a quella europea. Eutm ha il duplice obiettivo di addestrare i soldati della National Security Force, l’esercito regolare somalo, e di individuare tra le reclute più promettenti dei “trainers” in grado di trasmettere ad altri commilitoni le competenze aqcuisite, una volta tornati in patria. Alla scadenza del secondo mandato, prevista per dicembre (fatta salva una molto probabile proroga), i militari dell’Ue avranno addestrato qualcosa come 3mila soldati somali, circa il 30% dell’organico militare complessivo di Mogadiscio, tra cui 120 “trainers” specializzati.

Ma perché il Mali, dopo la Somalia squassata da un ventennio di anarchia e guerra civile? Anche senza considerare il colpo di stato del marzo scorso del capitano Amadou Sango che ha deposto l’ex presidente Amadou Toumani Touré, è ormai da tempo che le autorità di Bamako hanno perso completamente il controllo del nord del paese, ora nelle mani di guerriglieri indipendentisti touareg e miliziani jihadisti. I presupposti perché si concretizzi il rischio che il Mali diventi il prossimo porto franco del terrorismo islamico, destabilizzando la situazione dei paesi confinanti, ci sono tutti.

Che la nazione sia una polveriera pronta a detonare se n’è resa conto anche la comunità internazionale. Già il 12 ottobre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva approvato la proposta di intervento militare, commissionando al segretario generale Ban Ki Moon di predisporre i piani necessari. I primi a intervenire sul campo saranno circa 5.500 soldati messi a disposizione dai paesi membri dell’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale: Nigeria, Niger e Burkina Faso in primis, anche se non si esclude l’intervento di stati esterni come Marocco e Ciad.

E l’Europa? L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, la baronessa Catherine Ashton, sta lavorando da diverso tempo ad una proposta concreta di intervento europeo nel teatro, anche a seguito dei pressanti interessamenti di Francia e Germania. Il responso è atteso per la fine del mese, ma nell’ambiente diplomatico più dell’invio di truppe combattenti si ritiene plausibile una “replica” del modello EUTM, che in Somalia è stata fondamentale per consentire al governo locale di ristabilire il controllo su Mogadiscio. Squadra che vince non si cambia.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:45