Grande madre Russia I “Giochi” di Putin

La prima esclamazione che viene da pronunciare dopo aver visto l’altra sera la cerimonia inaugurale, in pompa magna, delle Olimpiadi invernali di Sochi è “grande madre Russia”.

L’immagine che il Governo ed il Comitato olimpico russo per Sochi hanno voluto dare del proprio Paese è quella inequivocabile della prima potenza politico-economica al mondo. Hanno voluto dimostrare, riuscendoci, che la Federazione russa è sportivamente la patria dei campioni dei giochi invernali, ma anche che nonostante l’ostentata modernità ed i tempi siano radicalmente cambiati, resta quella grande nazione tanto decantata dalla propaganda sovietica.

Si dice siano stati spesi oltre 50 miliardi di euro per questi giochi olimpici, una cifra mai vista nella storia, un record assoluto e un investimento che strategicamente per il Governo federale ha l’obiettivo di cambiare volto dinnanzi alla platea universale, ma soprattutto la speranza di riqualificare la zona di Sochi. Difatti, la regione meridionale Krasnodar che si affaccia sul Mar Nero è economicamente in forte depressione e spesso soggetta ad attentati di natura islamica ed anti-governativa. La cerimonia inaugurale a Sochi, a cura del Comitato olimpico russo e del ministero dello Sport, è stata oggettivamente grandiosa in tutto e per tutto. Dalle gigantesche colonne alte oltre 10 metri che emergevano dal suolo, ai classici balletti artistici locali e nazionali, alle coreografie ed alle scenografie, passando per la musica de “Lo Schiaccianoci” di Ciajkovskij e molti altri gloriosi brani, tutto era perfetto. Si è caratterizzata in tutto e per tutto questa XXII Olimpiade, e infatti lo spettacolo inaugurale non è stato soltanto il solito trionfare di abilità artistiche, ma una vera presentazione storico- culturale e di costume della Russia di tutte le epoche al mondo intero, che probabilmente troppo poco conosce quella realtà e troppo spesso ne parla giudicandola anche ferocemente.

Dall’epoca degli zar, si è passati alle varie rivoluzioni, quindi alle diverse fasi comuniste dell’Urss, per avviarsi a concludere con la perestrojka, la transazione “soft” verso una democrazia incompleta ed infine l’evoluta e potente Russia moderna di oggi. Un’interpretazione teatrale, musicale, mimata, ballata e scenica ben studiata ed impeccabile, dalla quale è traspirato chiaramente l’orgoglio di un popolo di patrioti e anche di nazionalisti. Una presentazione storica matura e degna delle migliori civiltà che hanno elaborato la propria storia con il doveroso distacco “empirico”, che hanno imparato dal passato gli errori, ma guardano con rispetto e serenità a quest’ultimi, senza negare nulla e preservando tutte le tradizioni.

Il presidente Vladimir Putin, padrone di casa, uomo più potente al mondo nel 2013 secondo la rivista Forbes, amato e odiato da molti soprattutto al di fuori dei confini del suo territorio, ha dato il via a questi “suoi” Giochi olimpici invernali dalla platea d’onore dello stadio Fisht. La fiaccola dalla mani dei “vecchi” campioni russi, la pattinatrice Irina Rodnina e l’hockeista Vladislav Tretiak, ha accesso il braciere olimpico alle 19,55, poi 5 minuti di stupendi fuochi d’artificio che hanno illuminato il cielo della città. Portabandiera per l’Italia nominato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e quindi aprifila della nostra delegazione di atleti olimpici, lo slittinista altoatesino Armin Zoeggeler.

Nemmeno in quest’occasione la sportività ed i suoi valori sono stati in primo piano, poiché l’occasione è utile a sollevare criticità e polemiche nei confronti del presidente russo: dai presunti appalti truccati per la costruzione della cittadella olimpica, alle proteste per i diritti dei gay, alla presunta mancanza di democrazia, passando infine per le molteplici questioni politico-umanitarie sollevate negli ultimi anni e giorni e che investono la Russia nel complesso e più precisamente il suo leader. Parrebbe infatti che la Germania abbia vestito la delegazione dei suoi atleti dei colori dell’arcobaleno (circa gli stessi dei cerchi olimpici), gli stessi che ha usato Google sul suo portale, presumibilmente per perorare la causa delle associazioni gay-lesbo-trans oppresse dalle politiche di Russia Unita. In contemporanea, alcuni esponenti delle associazioni sono scesi in piazza Rossa a Mosca con le loro bandiere cantando l’inno nazionale, ma ovviamente la polizia moscovita ha fatto cessare la manifestazione non autorizzata ed arrestato subito alcuni dei presenti. Immediata, parrebbe, la risposta altrettanto provocatoria della delegazione olimpica russa, che ha sfilato per ultima come da tradizione in quanto nazione ospitante, sulla base sonora di una canzone cantata da una nota coppia lesbo autoctona. Altrettanto espressive di un disagio le illustri assenze alla cerimonia dei principali leader mondiali e in particolar modo di quelli occidentali, sono stati presenti difatti soltanto il premier Enrico Letta seppure critico, quello cinese Xi Jinping, quello giapponese Shinzo Abe, quello turco Recep Erdogan, quello olandese sempre su posizioni critiche Mark Rutte, importanti le presenze dei reali di Svezia e Norvegia e del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon. Tutti gli altri hanno declinato l’invito oppure inviato figure di secondo piano, spesso provocando, come hanno fatto gli Stati Uniti per volontà di Obama inviando un’icona gay ed il Governo norvegese che ha inviato il ministro omosessuale con il consorte.

Dietro questo storico ed insolito boicottaggio vi sono quasi sempre ragioni economiche che riguardano gli accordi su gas e petrolio, oppure i malumori sulla recente legge anti-gay, piuttosto che sull’appoggio a Siria ed Ucraina, nonché sull’asilo politico concesso a Snowden in seguito al caso Datagate. Il Presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach, come sempre, ha cercato di riportare al centro della manifestazione il valore prettamente umano e sportivo dei Giochi, ringraziando il Paese ospitante più volte anche nella persona del suo massimo rappresentante Vladimir Putin, concludendo ha però richiamato ad “armonia e tolleranza, senza discriminazioni per alcuna ragione”. Lo stesso ha fatto più timidamente il Presidente del Comitato olimpico russo per Sochi 2014, che non ha nemmeno menzionato le autorità presenti probabilmente per evitare di far passare di continuo in secondo piano gli atleti ed i volontari, veri protagonisti dei Giochi.

Insomma, dietro questa Olimpiade sembrano celarsi centinaia di questioni che esulano dallo sport e toccano molto più volentieri altri campi d’interesse pubblico. Si spera che con l’inizio della gare, lo sport ed i valori ad esso legati torneranno al centro dell’attenzione mediatica e pubblica. L’altro giorno era giustamente od ingiustamente il giorno di Putin e dei suoi nemici, oltre che quello di tutti i Russi fieri.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:45