Tre israeliani morti,   un solo grido di rabbia

È di rabbia e di dolore il grido che si alza dal cuore e dalla testa per la tragica fine dei tre giovani ebrei. Un grido così forte che mi spinge ancora di più, se possibile, a sostenere la causa israeliana ed a sentirmi ebreo, a sentirmi il peggiore degli avversari contro l’antisemitismo, il peggiore degli antagonisti contro la difesa di Israele.

Del resto da sempre ho dichiarato che, se fosse necessario, sarei stato pronto a partire, e lo sarei anche ora per proteggere la terra e la gente d’Israele, l’Occidente, la libertà e la democrazia. Di fronte ad episodi come quello dei tre ragazzi, al più barbaro degli atti, al terrorismo che ad intervalli si ripete dalla Palestina contro Israele, alla sanguinosa ferocia degli attentati che da sempre colpiscono questo Stato ed il suo popolo, nessuna tolleranza, nessuna indulgenza e nessuna pietà ci può essere.

Certo che la diplomazia e la mediazione sarebbero le strade più ovvie e conseguenti, ma in questi ultimi decenni, quante volenterose trattative e quanti tentativi di pace, effettuati a tutti i livelli internazionali, sono falliti a causa dei gruppi palestinesi terroristici? Quanto si può ancora credere, che la via della pazienza e della conciliazione funzioni? Purtroppo sempre meno e sempre più avanza, invece, la necessità che il mondo intero si schieri al fianco di Israele, per imporre una soluzione definitiva e obbligatoria su quelle terre.

Basta con il cerchiobottismo, con il buonismo, con l’ipocrisia di trovare ragioni dell’una e dell’altra parte, la verità è che c’è uno Stato e un popolo libero e democratico da una parte, mentre dall’altra non vuole esserci non solo uno Stato, ma nulla che assomigli alla libertà ed alla democrazia, al rispetto della vita, in senso civilmente inteso.

Senza una soluzione imposta, ragionevole, obbligata, realistica, ma vincolante, che garantisca ad Israele quella sicurezza alla quale ha come tutti diritto, non se ne esce. Oggi, più di sempre, il Medio Oriente è attraversato da un pericolosissimo fuoco integralista e da una instabilità politica a questo legata, tale da mettere a rischio ogni processo di pace, ogni equilibrio conquistato nel mondo democratico. È tempo che tutti, Europa ed America in testa, se ne occupino e preoccupino, con rapidità e determinazione, prima che quel fuoco incendi non solo il Medio Oriente ma la grande parte del pianeta.

Non servono gli inviti alla pacificazione, le dichiarazioni di solidarietà e di intenti, servono interventi chiari, netti, determinati, che non ammettano deroghe alla soluzione di un problema, che non può attendere oltre per essere risolto una volta per tutte. Del resto nella vita chi non ha paura muore una volta sola, mentre chi la ha muore tutti i giorni. È ora di non avere paura e di dire basta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:43