Il nuovo volto   assunto dal Qatar

Accusato di indebita interferenza negli affari interni dei suoi vicini del Consiglio di Cooperazione del Golfo e di essere stato ispiratore e sostenitore della primavera araba, sospettato di aver finanziato i gruppi islamisti radicali in Siria e in Iraq, bandito per il sostegno al movimento dei Fratelli Musulmani in Egitto, Tunisia, Libia e in altri paesi del medio-oriente, il Qatar deve ora ridisegnare il proprio ruolo internazionale e riconquistare l’amicizia di tanti goveni arabi.

E’ iniziata da Berlino, la riscossa mediatica del piccolo emirato, di soli 11.572 chilometri quadrati, uno tra i paesi più ricchi al mondo grazie alle enormi riserve di gas naturale. Il trentaquattrenne sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, Emiro del Qatar da poco più di un anno, quando il padre Hamad ha abdicato in suo favore, parlando ai giornalisti riuniti per la conferenza stampa dopo l’incontro con la cancelleria Merkel, ha respinto seccamente le accuse e i sospetti di aver finanziato i gruppi islamici radicali, compreso l’Isis: "il Qatar non ha mai sostenuto e mai lo farà i gruppi estremisti" ha detto l’Emiro davanti ad Angela Merkel. Eppure l’emirato, stretto da tutti i lati da vicini potenti ed ingombranti, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, è stato protagonista negli ultimi anni, diretto o indiretto, in tutti gli scenari politici del medio-oriente.

Quando sale al potere nel 1995, lo sceicco Hamad bin Khalifa al-Thani vuole far uscire il suo paese dal torpore e dal complesso atavico di inferiorità per farlo diventare potenza regionale; nel 1996 finanzia con 150 milioni Al Jazeera, il primo canale arabo Tv satellitare di informazione che diventa ben presto un formidabile strumento di propaganda per il Qatar e per i gruppi di opposizione nei paesi arabi vicini, scatenando reazioni nervose del regno saudita che ritira il proprio ambasciatore da Doha. L’attivismo qatarino è inarrestabile: raggiunge il suo apice agli inizi del-2011 con la primavera araba. Doha supporta in prima linea, con ingenti finanziamenti e si dice persino con propri agenti segreti infiltrati, le masse di manifestanti contro i regimi al potere, in particolare i Fratelli Musulmani in Egitto e Ennahda in Tunisia.

Gioca un ruolo chiave anche nella detronizzazione del colonnello Gheddafi. Il Qatar è sospettato anche di essere dietro ai gruppi che per primi si ribellano con le armi a Bachar el Assad in Siria alla fine del 2011; armi e munizioni agli insorti sarebbero stati acquistati da emissari qatarini che avrebbero anche arruolato volontari arabi nel fronte anti-Assad. Molti degli attuali membri dell’Isis vengono da quelle schiere e altrettanti sono i soldati del Califfato islamico che sono arrivati dall’Egitto e dalla Tunisia. Ma l’Emiro Hamad sa anche come blandire il fronte occidentale; agli Stati Uniti vengono concesse diverse basi in territorio qatarino, per l’aeronautica, Al Udeid e Camp Snoopy, e per le forze di terra, As Sayliyah. Lo sceicco è popolarissimo in Europa, dove da Parigi a Londra, da Berlino a Roma, i governi fanno a gara per invitarlo, insieme alla sua seconda e potente moglie, Mousa.

Tutti sono conquistati dallo charme della coppia emiriale che comincia anche ad investire pesantemente: in Francia compra la popolare squadra di calcio del Paris Saint Germain, in Italia, tra l’altro, gli alberghi della Costa Smeralda e la casa di moda di Valentino. Ottiene l’organizzazione in Qatar dei campionati del mondo di calcio del 2022, seppur in un clima di sospetta corruzione dei membri della Fifa. Si guadagna anche la fama di mediatore umanitario; svolge così un ruolo importante nella liberazione delle infermiere bulgare sequestrate da Gheddafi, nel rilascio delle suore del monastero di Maloola in Siria e dei pellegrini sciiti libanesi rapiti in Iraq. A sessanta anni compiuti, ormai soddisfatto della crescita del Qatar sulla scena internazionale e del grande sviluppo economico ed infrastrutturale interno nei suoi diciotto anni di regno, Hamad, su pressione si dice della sceicca Mousa, abdica nel giugno del 2013. Dei ventiquattro figli avuti dalle tre mogli, sceglie il trentaquattrenne Tamim, secondogenito del suo matrimonio con Mousa.

Il nuovo emiro è più moderato rispetto al padre e si rende conto che la ruota degli eventi internazionali non gira più a favore della vecchia strategia: in Egitto Morsi è arrestato e rischia la condanna a morte e i Fratelli Mussulmani sono messi fuori legge; in Siria Bachar El Assad resiste al potere e i gruppi finanziati dai qatarini si rivelano in realtà come terroristi sanguinari ed estremisti, banditi dal mondo intero; nel Golfo, il Qatar rischia l’isolamento. Tamim corre allora ai ripari: con la mediazione del Kuwait riesce a far rientrare la crisi con Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrein, che avevano ritirato gli ambasciatori da Doha in protesta all'interferenza dell'emirato negli affari interni degli altri tre Paesi e per l'appoggio ai Fratelli musulmani; poi espelle dal Qatar, dove avevano ottenuto asilo, i leader dei Fratelli Musulmani, tra cui il segretario generale del movimento e aderisce con prontezza alla coalizione internazionale contro l’Isis, mettendo a disposizione basi e supporto logistico.

Inviati di Doha sono anche riusciti ad ottenere la liberazione di un ostaggio americano, Pietro Theo Curtis, che era da 22 mesi in mano al Fronte al-Nusra, di alcuni soldati libanesi e dei 45 caschi blu delle Fiji che erano stati catturati dagli islamisti in Siria. L’Emiro Tamim ha in programma per le prossime settimane missioni in alcune capitali europee ed arabe; dovrà convincere quei paesi che il Qatar è cambiato e non finanzia movimenti estremisti e che ha preso le distanze anche dai Fratelli Mussulmani, almeno dalla loro leadership. Al contempo però dovrà tenere in grande considerazione la parte più conservatrice dei suoi sudditi che guarda con sospetto alle aperture troppo filo occidentali del giovane regnante.

In Qatar poi vivono ancora centinaia di membri dei Fratelli Mussulmani, seppur non dirigenti del movimento, che lavorano come insegnanti nelle scuole e nelle università dell’emirato. Non sarà facile per l’Emiro ma le qualità di equilibrista e uomo pragmatico non gli mancano.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:46