Lobbying dello Stato islamico dell’Iran

Ogni tanto spunta un esperto di Medio Oriente che invoca il regime teocratico iraniano per la stabilizzazione regionale. Chi a casa sua si proferisce laico che più laico non si può non batte ciglio di fronte allo Stato religioso dei mullà in Iran e lo chiama “democrazia islamica”. Non è chiaro se esprima un suo desiderio o faccia da portavoce alla facoltosa lobby di regime che a capo della politica estera insedia una sua creatura, cioè Mohammad Javad Zarif. Il problema urgente dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis) -che insanguina la regione e terrorizza l’Occidente- spinge questi esperti verso uno stato confusionale tale da sostenere che si possa battere l’Isis con l’aiuto dello Stato islamico al potere in Iran.

Chi sale sul treno della lobbying del potere religioso iraniano, non si esime dal definire moderato e riformista Rouhani, l’uomo dell’apparato di sicurezza ora alla presidenza del regime teocratico. Con queste categorie d’uso occidentali la confusione s’insedia nelle analisi su quanto sta accadendo (Isis) e paralizza le menti fino a definire il regime -che oggi governa l’Iran- del velayat-e faghih (il governo del giurisperito, la fonte del diritto e del potere risiede nella Guida teocratica) uno Stato di “democrazia islamica” per il solo fatto che nella Repubblica islamica ci sono le elezioni.

Nel sistema democratico tutti possono candidarsi, ma non è così nel sistema teocratico iraniano. In un sistema democratico il fatto che un candidato sarà eletto o no è sancito dalle urne. Nella Repubblica islamica, invece, i candidati devono superare il vaglio del Consiglio dei guardiani, un organo non eletto. Il metro di giudizio per la selezione è del tutto discrezionale e la storia del regime dimostra ampiamente che questo è uno strumento per estromettere i candidati non graditi.

Mark Twain diceva che dove non c’è libertà, se le elezioni cambiassero qualcosa, non le permetterebbero. In Iran non c’è libertà. Nella Repubblica islamica dell’Iran il meccanismo delle elezioni non è incompatibile con l’assenza di libertà; il complesso sistema del velayat-e faghih sovrintende tutte le istituzioni che solo in apparenza possono vagamente assomigliare ad organismi democratici. Nella Repubblica islamica la quasi totalità del potere è nelle mani della Guida, verso cui tutti i membri del governo e delle altre istituzioni devono esprimere e mostrare di fatto una assoluta fede e devozione. Le liti e i contrasti tra le varie fazioni del regime, per cui parteggiano le cancellerie occidentali, non sono per la libertà o democrazia, ma per la conquista di fette di potere. Mentre c’è un’altra lotta in atto in Iran, quella tra la popolazione e il regime liberticida del velayat-e faghih. Di fronte a questa lotta i governi occidentali si mostrano sordo-muto-ciechi.

Lo Stato islamico al potere in Iran, sebbene complesso, è tutto ciò che l’Isis pretende di essere in un ipotetico futuro. Dalle torture più atroci istituzionalizzate al trattamento umiliante per le donne che devono coprirsi secondo i dettami di un regime retrogrado e fortemente maschilista. I volti deturpati dall’acido delle donne iraniane di Esfahan di questi giorni e l’impiccagione di Reyhaneh Jabbari hanno riempito le pagine dei giornali e hanno squarciato il silenzio complice sulla violazione dei diritti umani in Iran. Gli uomini del regime iraniano già negli anni 80 e 90 tagliavano la gola dei dissidenti a Teheran, a Parigi e a Berlino e in altre parti del mondo.

Le impiccagioni sommarie e massicce sono già accadute nell’Iran dei mullà, dove le vergini venivano stuprate prima dell’esecuzione e il sangue del condannato a morte tolto prima di salire al patibolo. L’Isis è allievo degli uomini del regime teocratico al potere in Iran. L’Isis prende da modello lo Stato islamico iraniano esistente e si contrappone, in nome dell’Islam, ad ogni sorta di novità e civiltà. L’Isis coverebbe il sogno di ciò che il regime iraniano da decenni attua con le sue leggi in Iran a scapito di una popolazione stremata da atroci vessazioni. Il regime islamico iraniano rimane tuttora il principale sponsor del terrorismo internazionale. L’integralismo islamico e il terrorismo che da esso deriva nascono con la nascita della Repubblica islamica e cesseranno solo con il suo tramonto.

L’integralismo islamico è una ideologia che difficilmente si abbatte con le bombe. Per combattere l’integralismo islamico, che divora anche i figli nati e cresciuti nell’Occidente democratico, ci vuole uno Stato laico e democratico che garantisca il rispetto per tutte le religioni e per i diritti umani. Queste caratteristiche sono del tutto estranee al regime teocratico al potere in Iran, che ha infestato tutto il Medio Oriente dove oggi serpeggia l’Isis. Certo l’Occidente, gli USA, con la loro politica e con le loro guerre hanno fatto tutti gli errori possibili fino ad arrivare al vicolo cieco d’oggi. Insistere e ripetere che la guerra in Medio Oriente è una guerra di religione è superficiale e alquanto deviante. Genti appartenenti a varie etnie e religioni hanno vissuto per secoli insieme, ma oggi sono nella trappola di una politica miope dell’Occidente e di un pugno d’aguzzini senza pietà. La medicina per il Medio Oriente è la democrazia e lo Stato di diritto, ciò che non c’è nelle corde del regime dei mullà. Chiedetelo alla schiera dei prigionieri politici nelle carceri in Iran!

È profondamente sbagliato continuare a chiamare riformista un uomo di un regime del tutto irriformabile. Quando Khatami era alla presidenza della Repubblica islamica, l’Occidente ha steso tappeti rossi per accoglierlo, mentre in Iran si massacravano gli studenti con la partecipazione attiva di Rouhani. Era il luglio 1999 e le cancellerie occidentali lo osannavano e per premiarlo inserivano il movimento d’opposizione al regime, i Mojahedin del popolo, nella lista dei gruppi terroristici. Si racconta che quando Bill Clinton, allora Presidente degli USA, probabilmente cosciente del carattere pavido di Khatami, aveva deciso di incontralo “casualmente” nei corridoi del Palazzo di vetro a New York, Khatami si era chiuso nella toilette e lì era rimasto così a lungo che lo “storico” incontro non era poi avvenuto. Lo stesso Obama ha parlato telefonicamente con Rouhani solo quando questi saliva sull’aereo pronto per partire verso casa.

È evidente che l’Iran è determinante per la stabilizzazione della regione. Ma quale Iran? Quello dello Stato islamico che opprime il suo popolo e esporta il terrorismo in tutta la regione e che vuole fornirsi della bomba atomica? Oppure un Iran libero e democratico per il quale, il suo popolo si batte da più di un secolo? Chi, al di là degli interessi commerciali di corto respiro, conosce l’Iran sa che lo Stato islamico in Iran non ha futuro, perché detestato dagli iraniani. È grave negare che i progetti nucleari del regime servono a produrre armi di distruzione di massa; altrimenti perché un paese che giace su un mare di gas e di petrolio ricorre al nucleare, per anni perseguito in assoluta clandestinità? Gli “esperti” che parteggiano e tifano per il sanguinario regime islamico iraniano, ignorando del tutto il popolo e la sua cultura millenaria, certo rendono più difficile la lotta per la democrazia degli iraniani, ma non potranno mai ostacolarla.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47