Cristiani, persecuzione   in Medio Oriente

Shehzad e Shama erano marito e moglie e abitavano nel villaggio di Kot Radhakistan in Punjab, 55 chilometri a sud di Lahore; non erano neanche trentenni ma agli occhi di una folla di barbari inferociti erano blasfemi perché professavano la religione cristiana. Sono stati picchiati a morte e i loro corpi sono stati bruciati. La polizia pakistana è intervenuta solo ore più tardi, quando tutto si era completato. E come i poveri Shehzad e Shama tanti altri cristiani sono stati uccisi in quelle aree solo perché di una fede diversa dalla maggioranza sunnita del Paese.

Dal 1990, quasi 150 uomini e donne sono stati assassinati perché cristiani e tantissimi rinviati a giudizio per blasfemia, che in Pakistan è un reato punito con la condanna a morte. Addirittura gli avvocati, anche quelli musulmani, che osano difendere i cristiani nei processi di blasfemia rischiano la vita, come è successo a Salmaan Taseem, che è stato anche Governatore del Punjab, o Shahzad Bhatti, ex ministro per le minoranze, assassinati solo perché avevano difeso Aasia Bibi, una donna cristiana madre di cinque figli che nel remoto villaggio di Ittan Walli aveva osato contendere una sorgente d’acqua ad una famiglia musulmana per dissetare i propri bambini; in tribunale contro Aasia hanno avuto facile gioco accusandola di aver insultato il Profeta. La donna è stata condannata a morte ed è in attesa dell’esecuzione, anche se tanti movimenti per la tutela dei diritti umani e personalità pakistane si sono mobilitati per la sua salvezza.

Nella Repubblica islamica del Pakistan i Cristiani rappresentano solo il tre per cento dei 180 milioni di abitanti e sono costantemente sotto minaccia, specie nelle regioni più remote e meno evolute. Ma se guardiamo verso altre direzioni, i Cristiani, che nel mondo contano oltre 2,3 miliardi di credenti, sono la minoranza religiosa più perseguitata nel globo terrestre. Le stime sul numero di cristiani uccisi ogni anno parlano di decine di migliaia. Secondo un rapporto pubblicato nei giorni scorsi dall’organizzazione umanitaria internazionale “Associazione aiuto alla Chiesa che soffre (Acs)”, a circa duecento milioni di Cristiani viene impedito di esercitare liberamente la propria professione di fede. In almeno 81 paesi dei 196 presi in esame dallo studio, nel biennio giugno 2012-giugno 2014, la libertà di professare la propria fede viene ostacolata. E il confronto con il passato mostra un netto peggioramento; solo in pochi casi si sono rilevati invece miglioramenti come a Cuba, negli Emirati Arabi Uniti e Qatar, Paesi peraltro classificati con un tasso medio di persecuzione per motivi religiosi.

Nei Paesi dove è alta l’intolleranza confessionale ne figurano 14 in situazioni di persecuzione religiosa legati all'estremismo islamico, quali Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.

In altri sei Paesi, quali Birmania, Cina, Eritrea, Corea del Nord, Azerbaigian e Uzbekistan, le persecuzioni sono il risultato di regimi autoritari. In contemporanea al rapporto dell’Acs è uscito il “Libro nero della condizione dei Cristiani nel mondo”, opera a tre mani dello storico Andrea Riccardi, del giornalista del quotidiano "La Croix" Samuele Lieven e di padre Timothy Radcliffe, già maestro generale dell'Ordine Domenicano dal 1992 al 2001 e membro della comunità di Oxford. I Cristiani sono entrati, dal Medio Oriente all'Africa subsahariana fino in Asia, nel mirino di organizzazioni terroristiche e estremiste. In alcuni Paesi sono divenuti bersaglio anche di misure repressive da parte degli apparati statali, dove vengono rigidamente controllati, subiscono intimidazioni e omicidi, oltre a interventi massicci di epurazione religiosa, come in Iraq e in Siria, nel territorio controllato dallo Stato islamico. Proprio nel vicino oriente, a due passi da casa nostra, la situazione dei Cristiani è preoccupante.

In Iraq, i Cristiani prima della guerra del Golfo erano oltre un milione e mezzo, dei quali più di 600mila vivevano a Baghdad e 60mila a Mosul, ma importanti comunità erano presenti anche nelle città petrolifere di Kirkuk al nord e di Bassora al sud. Oggi non sarebbero più di 400mila quelli ancora residenti in Iraq; a Mosul, dopo la conquista dei jihadisti dell’Isis non ne rimarrebbero più. In Siria i Cristiani erano circa due milioni, il 9 per cento della popolazione. Dallo scoppio della guerra civile, tre anni fa, oltre 450mila sono già fuggiti e altre migliaia stanno scappando. Figure di primissimo piano della comunità cristiana, amatissimi dal popolo, sono state uccise, come il gesuita olandese Frans van der Lugt, da decenni in Siria accanto ai più bisognosi, assassinato a Homs da islamisti e il sacerdote Paolo Dall'Oglio, rapito da oltre un anno e mezzo e forse nelle mani degli jihadisti dell’Isis. Comunità di monaci e suore sono state razziate come nella città siriana di Maaloula, antichi monasteri distrutti e vandalizzati.

A Gaza la comunità cristiana che conta 1500 anime è stata oggetto di diversi attacchi di estremisti islamici, condannati duramente dalla dirigenza di Hamas. Cinquantamila cristiani vivono ancora in Cisgiordania e a Gerusalemme, eredi dei primi cristiani, e sono concentrati principalmente a Betlemme e a Ramallah.

In Israele risiedono 160mila cristiani dei quali quasi l'80 per cento appartenenti alla minoranza araba rimasti dopo l'indipendenza di Israele nel 1948 e il resto lavoratori migranti provenienti da Asia (Filippine, Sri Lanka, India) e dall’Africa (soprattutto da Eritrea). In Egitto i cristiani copti, la più grande minoranza cristiana in Medio Oriente, rappresentano circa il 10 per cento degli 86 milioni di abitanti del paese arabo più popoloso. I copti hanno subito discriminazioni e attacchi, anche contro le chiese, da parte degli islamisti vicini alla Fratellanza Musulmana. Vivono in condizioni meno difficili i circa 200mila cristiani della Giordania e il milione e mezzo di cristiani libanesi. Preoccupato per la drammatica situazione in Medio Oriente, Papa Francesco ha convocato nei giorni scorsi in Vaticano un concistoro al quale hanno partecipato 79 Cardinali e sette patriarchi venuti da quei Paesi.

Il Pontefice ha rivolto un appello alla Comunità Internazionale affinchè intervenga in protezione dei cristiani medio-orientali perseguitati e a rischio di estinzione. Il mondo, ha sostenuto Papa Francesco, non può rassegnarsi a pensare a un Medio Oriente senza cristiani, dopo duemila anni di storia. La sopravvivenza dei cristiani d’oriente non è unicamente una questione di libertà religiosa: è messa a rischio l'esistenza stessa di una civiltà e dei suoi valori. Per questo la sorte dei cristiani non può riguardare soltanto quei credenti, ma tutti siamo chiamati in causa, anche i non credenti e non possiamo chiudere gli occhi o girare la testa dall’altra parte e non vedere quello che succede a poca distanza da noi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:43