Grecia: tigre o capra  del Mediterraneo

Per la Grecia, con una popolazione di una grande metropoli mondiale, non sarebbe stato difficile diventare un paese prospero soltanto valorizzando la sua vocazione turistica. Il turismo ha un alto coefficiente moltiplicativo medio pari a 4 (ogni posto di lavoro diretto ne crea 3) ed è la più grande industria del mondo per numero di addetti. Con un’accorta politica di sviluppo e marketing internazionale, «la culla della civiltà» avrebbe potuto essere leader mondiale in questa industria e parallelamente promuovere, grazie alla sua ricca biodiversità, attività integrate e complementari come agricoltura e produzioni agroalimentari di qualità. Un turismo di dodici mesi offerto in tutte le sue declinazioni (culturale, d’affari, balneare, crocieristico, rurale) e per tutte le tasche avrebbe mantenuto l’intera popolazione. Solo mettendo a reddito il proprio capitale territoriale e connotandolo con un brand mondiale, (magari diventando sede privilegiata di una conferenza permanente internazionale del turismo), sarebbe forse diventata l’area più florida del Mediterraneo. Quanta a finanza avrebbe attirato il suo territorio e che valuta sarebbe stata la dracma! Invece il paese depositario dei miti più preziosi dell’umanità si colloca in uno svergognato 32° posto nella classifica del turismo mondiale e nell’agroalimentare si è fatta superare da Bulgaria Albania e Turchia.

E’ un esempio di decrescita infelice ad opera della politica corrotta. Piuttosto che sviluppare le potenzialità della loro terra i greci hanno preferito vivere alle spalle dello stato dimenticandosi, come disse un famoso economista, che pure lo Stato vive alle spalle degli altri. Così la pressione fiscale complessiva del Paese salita oltre il 60 per cento ha ovviamente intensificato la pratica in cui i greci detengono il primato: l’evasione fiscale. Con l’avvento dell’euro, poi aspirando a diventare il Paese dei pasti gratis e portando i salari a livelli tedeschi in un contesto di progressivo calo produttivo, si sono mangiati in pochi un terzo del Pil con un debito 1,8 volte superiore. Finanziati dall’Europa e dai creditori internazionali compreso il Fondo monetario internazionale, sono riusciti a campare anche a spese del contribuente americano. E qui viene il bello. Buona parte dei fondi ricevuti sono stati trasformati dalla politica locale non in attività a reddito ma in immobili a Londra, New York e Berlino o in depositi all’estero. I miliardi dispensati dalla Bce via l’Emergency Liquidity Assistance (Ela) stanno prendendo la stessa destinazione. Sicuramente rimpatriando i capitali risolverebbero il problema del debito. Questa situazione di spudorata corruzione è quella che ha giustificato la linea dura dei signori di Bruxelles e della Germania e la loro opposizione al piano di ristrutturazione del debito.

Ma gli scontri verbali inscenati dai due ministri finanziari Varoufakis e Schäuble oltre che inconcludenti stanno avvelenando il clima delle trattative e non vorremmo che ora, invece, di trovare soluzioni concrete si adottasse per la Grecia una soluzione punitiva sul modello di Cipro con conseguenze incalcolabili. Varoufakis non può pretendere che il suo paese dissipatore detti le condizioni. Ma è ridicolo che Schäuble esiga il pagamento dei debiti da un paese con una contrazione economica da 1930. Come uscire da questa impasse pericolosa? Innanzitutto va preso atto che la Grecia è insolvente, ma spetta al debitore trovare una soluzione creativa e uscire dall’opposizione default-ristrutturazione del debito che significa perdita totale o parziale del capitale in capo ai creditori. Ecco, secondo noi, come Varofakis dovrebbe agire.

1) Per prima cosa dovrebbe richiedere di convertire il debito in rendita finanziaria perpetua per i creditori trasformandolo in obbligazioni senza scadenza con pagamento di cedole fisse. In tal modo i titoli non subirebbero haircut, tornerebbero a essere bancabili, i creditori percepirebbero un flusso continuo di interessi e l’attivo dei bilanci delle banche non subirebbe danni. Il consolidamento eviterebbe la necessità di ulteriore liquidità che aggraverebbe l’insolvenza. Può essere prevista l’opzione del rimborso del capitale dopo qualche decennio in funzione della crescita del Prodotto interno lordo. Questa, tuttavia, richiede combustibile e ovviamente Varoufakis dovrebbe presentare un piano di rigenerazione economica credibile poiché i mercati finanziari si conquistano creando aspettative affidabili e non con le chiacchiere fatte fino ad ora.

2) Pertanto il suo business plan dovrebbe accantonare i piani assistenzialistici di Syriza che condannano il Paese al pauperismo permanente e prevedere un abbattimento delle tasse e della spesa pubblica senza il quale lo sviluppo economico è impossibile. Propedeutico al finanziamento di tali abbattimenti è proprio il punto 1) che libererebbe risorse di capitale per rilanciare la progettualità del paese.

3) Il rilancio può avvenire attraverso investimenti chiave per riposizionare l’intero sistema industriale e necessita di partnership strategiche. A puro titolo di esempio, la Grecia dovrebbe ampliare gli ottimi rapporti bilaterali con la Cina per potenziare le infrastrutture del Pireo per farne non solo il porto più efficiente del mediterraneo ma il gateway tra i Balcani e l’Europa del sud (la Cina ha un know-how di prim'ordine nella realizzazione di reti infrastrutturali). Su tale fulcro di importanza geostrategica si innesterebbero iniziative per riqualificare tutto il sistema turistico e agroalimentare. Tali iniziative condotte con la metodologia del project financing attirerebbero partner privati e istituzionali internazionali, merchant banks ecc. e fondi dalla stessa Europa da erogare a stati di avanzamento per ogni specifico progetto, evitando sciamature di capitali (quello che avrebbero dovuto fare i creditori e la Bce tempo addietro).

3) Se il punto 1 fosse respinto, la Grecia dovrebbe rimonetizzare la dracma ma senza abbandonare l’euro. Potrebbe operare come Danimarca e Principato di Monaco che usano la moneta comune o come il Liechtenstein che usa il franco svizzero. Guai a far fluttuare la dracma senza un piano strategico, diventerebbe valuta spazzatura. La Grecia può ricuperare credito internazionale solo producendo. E’ la produzione che accredita la valuta, non il contrario.

4) Se Bruxelles e la Bce lanciassero anatemi, cosa impedirebbe alla Grecia di agganciare la dracma allo yuan seguendo la politica monetaria della People Bank of Cina invece di quella della Bce e mandare al diavolo tutti? Questa sarebbe la soluzione migliore. La Cina è ormai il maggior produttore mondiale, la sua valuta è garantita dall’oro e per conseguenza anche la dracma lo sarebbe. Tutti sarebbero felici di accettarla in pagamento. Solo la partnership con la Cina può tirare la Grecia fuori dai guai. Entrando nel circuito euroasiatico diventerebbe il nuovo punto d'incontro tra oriente e occidente, crocevia di culture e di merci, forte per affrontare le dure sfide del ventunesimo secolo.

Utopico? No è un’ipotesi per un paese che ambisce ad essere "sovrano". E, sicuramente, meno utopico di pensare di prosperare nell’eurozona da schiavo.

Caro Schäuble, dovrebbe dire Varoufakis, abbandona il tuo rigorismo ottuso. Se la Grecia rimane nell’euro alle tue condizioni ritornerà all’economia domestica e al pascolo di capre con cui non si pagano i debiti. Varoufakis fai meno interviste e show, sii più operativo dando punti di riferimento credibili per recuperare la dignità del tuo paese. E dì a Tsipras di riservare il suo marxismo levantino per i fatui salotti e, invece di impensierire l’Europa civettando con Putin, di fare magari un giro nella Portorico odierna per imparare come mercato libero, imprenditorialità e tasse minime operino il miracolo dello sviluppo assorbendo precariato e ammortizzatori sociali (ogni riferimento all’Italia non è casuale). Fare, come a loro tempo hanno fatto, Taiwan, Corea del Sud, Singapore e Hong Kong. La Grecia può diventare la tigre o la capra del mediterraneo. Scelga.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:00