Nucleare iraniano:   accordo “antistorico”

Più che uno ‘storico’ accordo, come molti media di tutto il mondo hanno scritto, quello sottoscritto a Vienna fra Regno Unito, Francia, Germania (“con l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la Politica Estera e la Sicurezza”, come recita il testo), Stati Uniti, Federazione Russa e Cina da un lato e Repubblica Islamica dell’Iran dall’altro potrebbe essere definito un accordo ‘antistorico’. Sembra, infatti, che la storia sia stata del tutto trascurata almeno dai negoziatori occidentali, che non hanno tenuto conto del fatto che mai l’accondiscendenza con regimi sanguinari e inattendibili ha prodotto alcunché di positivo al di là del breve o brevissimo periodo. Per non citare che il più celebre e catastrofico degli accordi che hanno costituito un segnale di via libera per una guerra, basti ricordare che dall’accordo di Monaco del 30 settembre 1938 passarono solamente undici mesi perché il regime di Hitler invadesse la Polonia – anche grazie al patto Molotov-Ribbentrop – e desse inizio alla seconda guerra mondiale, mostrando tutta l’inconsistenza delle illusioni del Chamberlain e del Daladier di allora, come dei micro-Chamberlain e dei micro-Daladier di oggi.

Il regime degli ayatollah è certamente meno organizzato di quello nazista, ma non è meno fanatico; inter alia, oltre a proclamare di continuo l’impegno a distruggere Israele (che spesso chiama ufficialmente “piccolo Satana”, a differenza del “grande Satana” che sarebbero gli Stati Uniti), nega che la shoah sia avvenuta. Hitler, però, non fece in tempo a disporre dell’arma atomica; Khamenei o il suo futuro successore nella carica di “Supremo Giureconsulto”, cui spetta ogni decisione, potrebbero riuscirci entro pochi anni. A valutare negativamente l’accordo – il cui nome è, in realtà, “Joint Comprehensive Plan of Action” (Piano d’Azione Comune Complessivo”) – potrebbe essere sufficiente la constatazione di cosa sia il regime iraniano, di cosa abbia commesso in 36 anni di potere assoluto all’interno e di azioni terroristiche all’esterno, e di come nulla autorizzi razionalmente a sostenere che le sue linee politiche siano destinate a cambiare. Ciononostante, ho letto anche le oltre cento pagine del testo, il che mi consente di evidenziarne alcuni punti specifici.

Il 14 luglio, data dell’accordo, non è il momento dal quale iniziano a dispiegarsene gli effetti – se non quelli propagandistici dell’annuncio. Tale giorno è definito “della finalizzazione”, non “dell’adozione”: questa scatterà solo 90 giorni dopo l’approvazione (che si dà per scontata) da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU; quindi, per arrivare al “giorno dell’attuazione” occorrerà che sia stato presentato e accolto un rapporto dell’AIEA – l’agenzia dell’ONU per il controllo dell’energia nucleare. Dopo otto anni è previsto un “giorno di transizione”, dal quale dovrebbero essere accantonate alcune delle restrizioni per l’Iran; dopo altri due anni è fissato un “giorno del termine” di gran parte delle limitazioni stesse, mentre le ultime sarebbero superate al compimento del quindicesimo anno dal “giorno dell’attuazione”.

Ad esempio, l’Iran (che, come forse alcuni negoziatori hanno dimenticato, è un grande esportatore di petrolio e non si direbbe avere una vitale necessità di energia nucleare per riscaldamento o per usi industriali) è autorizzato a mantenere in esercizio “non più di 5.060 centrifughe IR-1 per 10 anni” e ad arricchire l’uranio “a non più del 3,67 per cento per 15 anni”. Alle rispettive scadenze, tali limiti potranno quindi essere superati. Resterebbero poi in vigore per ancora 10 anni alcuni controlli minori da parte dell’AIEA.

Si intende che l’intero Piano d’Azione si regge sulla giustificazione di fondo, scritta fin dall’inizio e reiterata qua e là, che la Repubblica Islamica userebbe gli impianti nucleari “per scopi pacifici”, impegnandosi a non perseguire la produzione e il possesso di armi atomiche; ma le ispezioni dell’AIEA cesseranno quasi del tutto dopo 15 anni e, cosa ancora più grave, l’Iran anche nel primo periodo consentirà tali ispezioni esclusivamente in alcuni siti: per altri, è scritto che l’AIEA potrà “chiedere” delle visite, ma dovrà spiegare in base a quali elementi di sospetto presenti tali richieste (a volte, in pratica, denunciando le proprie fonti) e il governo iraniano potrà in ogni caso rifiutare, dopo un meccanismo piuttosto articolato di commissioni esaminatrici e arbitrali senza poteri effettivi. Il fatto che negli ultimi anni la Repubblica Islamica dell’Iran abbia continuato ricerche ed esperimenti nel settore dei missili balistici, abbia sviluppato impianti nucleari segreti e abbia intrapreso accordi di cooperazione tecnologica nel settore anche con la Corea del Nord non agevola propensioni all’ottimismo; così come avrebbe dovuto costituire un insormontabile ostacolo all’accordo il sostegno finanziario e militare diretto del regime iraniano a quello di Assad in Siria, a Hezbollah, a Hamas, nonché ai ribelli dello Yemen, del Bahrain o dell’Arabia Saudita. Consentire il programma nucleare iraniano e contestualmente procedere con l’annullamento delle sanzioni significa nell’immediato rafforzare ed espandere l’egemonia del regime iraniano nella regione, incluso un forte aumento del suo sostegno di ogni tipo a movimenti terroristici internazionali, e spingere alcuni degli Stati arabi del Golfo ad avviare propri programmi nucleari.

Quanto alla questione dell’ISIS, non si deve dimenticare che è stato il soffocamento della popolazione sunnita dell’Iraq centrale da parte del governo iracheno di al-Maliki, manovrato da Teheran, a causare la sua espansione nell’ultimo anno. Che gli Stati Uniti e l’Unione Europea deleghino in misura rilevante al regime iraniano il contrasto all’ISIS è un paradosso e, nello stesso tempo, un’ammissione di impotenza.

Obama ha provato con dichiarazioni entusiaste a convincere della pretesa bontà dell’accordo molti membri del Congresso, che sono stati finora scettici e credo abbiano tutte le ragioni per non modificare le proprie valutazioni. Intanto, in assenza di comprensione e di considerazione da parte delle potenze occidentali, rimane la possibilità che il popolo iraniano nel suo insieme continui coraggiosamente a contrastare il regime fino al suo crollo; il quale solo potrà restituirci la speranza concreta di non dovere assistere a una guerra con armi nucleari in Medio Oriente.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:58