Il boia risiede in Arabia Saudita

È il primo Paese-boia al mondo: primato di esecuzioni per abitante”. Così intitolava, qualche giorno fa, un approfondimento del quotidiano “Avvenire” nel denunciare il raddoppio delle esecuzioni in Arabia Saudita. A porre l’attenzione sulla gravissima violazione dei diritti umani nel Paese saudita e la crescente applicazione della pena capitale è la Ong “Nessuno tocchi Caino”, che in un recente comunicato ha riportato: “Con almeno 158 esecuzioni nel 2015, l’Arabia Saudita è il primo Paese- boia del mondo, se si considera il numero degli abitanti, un fatto senza precedenti nella storia del Regno Saudita di per sé già mortifera e connotata dalla sistematica violazione delle norme di diritto internazionale, a partire dai processi gravemente iniqui, nel corso dei quali agli imputati spesso non è concesso di avere un avvocato e condanne a morte sono comminate a seguito di confessioni ottenute sotto tortura. È facile prevedere che la ‘guerra al terrorismo’ darà un contributo consistente all’escalation della pratica della pena di morte anche nel 2016, soprattutto dopo che l’Arabia Saudita si è posta alla testa della Grande Coalizione anti-Sato islamico, in nome della quale si sentirà legittimata nel continuare a violare i diritti umani al proprio interno e perseguire e decapitare persone in realtà coinvolte solo nella opposizione pacifica o in attività sgradite al regime. Nessuno nell’Occidente cosiddetto libero e democratico sembra preoccuparsi del fatto che, nel nome della guerra al terrorismo, si sta affidando il governo dell’emergenza a chi ha provocato l’emergenza stessa, si stanno accreditando come ‘stabilizzatori’ dell’area più infuocata del mondo, il Medio Oriente, regimi come Iran e Arabia Saudita che al proprio interno conducono una guerra di lunga durata e di terrore nei confronti dei propri popoli”.

Nel solo 2014, sotto i colpi della morte saudita sono cadute 88 persone. La maggioranza dei giustiziati era stata condannata per omicidio, seguito da reati legati alla droga, rapimento, stupro e stregoneria. Nel 2013, l’Arabia Saudita aveva giustiziato almeno 78 condannati. Le persone giustiziate nel 2015 (dal rapporto di “Nessuno tocchi Caino”) sono state almeno 102, fino a giugno 2015. Anche gli ultimi giorni dell’anno 2015 sono stati caratterizzati dalla pena di morte nel Paese saudita. Il 29 dicembre 2015, l’Arabia Saudita ha decapitato un cittadino filippino che era stato condannato a morte per omicidio. Si tratta di Joselito Lidasan Zapanta, che avrebbe ucciso il sudanese Saleh Imam Ibrahim con un martello, a seguito di una lite, ha reso noto il ministero degli Interni iraniano. Mentre, il 23 dicembre 2015, la vita di una cameriera dello Sri Lanka che doveva essere lapidata in Arabia Saudita per adulterio è stata risparmiata grazie all’appello dello Sri Lanka. La donna era stata condannata alla lapidazione nel mese di agosto, insieme a un uomo celibe dello Sri Lanka che è stato condannato a 100 frustate. Il 2016 si apre, per il Paese saudita, con la condanna di 47 persone accusate di aver partecipato ad attacchi terroristici organizzati da al- Qaida e annuncia, tra le proteste delle organizzazioni umanitarie di tutto il mondo, di aver giustiziato tutti gli accusati. Secondo il ministero la maggior parte delle persone messe a morte erano coinvolte in attacchi attribuiti ad al- Qaida ed avvenuti tra il 2003 e il 2006 e provenivano da 12 regioni del Paese.

La situazione di violazione umanitaria nel Medioriente e l’indifferenza dell’Occidente rende centrale la battaglia di transizione dalla ragion di stato allo stato di diritto che con forza Marco Pannella, Matteo Angioli, l’ex ministro Giulio Terzi, “Nessuno tocchi Caino” e “Non c’è Pace senza Giustizia” cercano di porre all’attenzione delle “massime magistrature” italiane e alle istituzioni europee e Onu per fermare la deriva securitaria, militarista e emergenziale che in tutto il mondo sbriciola i fondamenti dello stato di diritto e delle convenzioni internazionali di diritto umanitario.

(*) Componente del Consiglio direttivo di “Nessuno tocchi Caino”, membro della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu Onlus) e del Comitato Italiano Helsinki per i diritti umani

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:07