Le reazioni al conflitto   del Nagorno-Karabakh

La regione del Nagorno-Karabakh dell’Azerbaigian è di nuovo in guerra. Un conflitto che per molto tempo è stato “congelato” ma che negli ultimi tempi è tornato a mietere vittime. La comunità internazionale più volte ha espresso la sua, lanciando la proposta di risoluzione a questo scontro che ha le radici nel secolo scorso. Per risolvere il conflitto è necessario eliminare il motivo principale dello scontro che consiste nell’occupazione da parte dell’Armenia del territorio azerbaigiano, un fatto riconosciuto a livello internazionale. Ci sono quattro risoluzioni del Consiglio delle Nazioni Unite, vi è la decisione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, documenti del Consiglio d’Europa e del Parlamento europeo che chiedono chiaramente all’Armenia di ritirare le forze di occupazione. È difficile eliminare tutte le conseguenze e le problematiche del conflitto nello stesso piano d’azione. L’attuale oggetto dei negoziati non riguarda la regione del Nagorno, ma i cinque, su sette, distretti circostanti la regione del Nagorno occupati dall’Armenia.

L’Azerbaigian ha da tempo offerto all’Armenia di lasciare pacificamente tali distretti, per potere avviare di conseguenza i negoziati di pace sul futuro della regione del Nagorno-Karabakh. Un’analisi della documentazione sulle relazioni diplomatiche nella regione del Caucaso, evidenzia l’impegno dell’Azerbaigian che ha più volte portato all’attenzione internazionale il motivo principale della tensione nella regione: la presenza irregolare delle forze armate armene nei territori riconosciuti come azeri. La Repubblica dell’Azerbaigian ha recentemente invitato la comunità internazionale a condannare l’Armenia per la sua violazione del diritto internazionale umanitario. L’Armenia ha risposto accusando l’Azerbaigian di ospitare membri dell’Isis tra le fila del proprio esercito, ma l’Azerbaigian respinge le accuse dichiarandone la falsità e attribuendole alla disinformazione e alla volontà di screditare l’Azerbaigian, oltre che ad oggi non ci sono prove di ciò. L’Azerbaigian possiede infatti un esercito regolare, che agisce nel rispetto della normativa internazionale. L’Azerbaigian ribadisce invece che ci sono prove della presenza di membri di Asala - organismo terroristico armeno - nell’esercito dell’Armenia. Bisognerebbe inoltre riflettere sul fatto che l’Azerbaigian è un Paese laico, esempio di multiculturalismo e di pacifica convivenza tra credi differenti, inclusi cristiani ed ebrei. L’Azerbaigian ha infatti ottimi rapporti con il mondo cristiano; evidenza di ciò è la confermata visita di Papa Francesco in Azerbaigian prevista per ottobre 2016. Numerosa è anche la comunità ebraica residente in Azerbaigian, e con Israele Baku ha rapporti privilegiati.

Una reazione è arrivata anche da parte di numerose personalità delle istituzioni parlamentari italiane. Recentemente l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi ha evidenziato di come “il diritto alla conoscenza”, ricordando la battaglia del Partito Radicale, possa essere utile per comprendere le responsabilità e le problematiche legate a tale conflitto. Il senatore Nicola Latorre, presidente della Commissione difesa del Senato della Repubblica ha dichiarato: “La guerra del Nagorno-Karabakh, tra Armenia e Azerbaigian è conflitto che continua da quasi un quarto di secolo con conseguenze drammatiche. È troppo debole l’attenzione della Comunità internazionale verso una situazione che può degenerare”. Ha poi sottolineato “l’importanza del rispetto delle risoluzioni dell’Onu quale passaggio fondamentale per realizzare una definitiva soluzione pacifica “.

Il senatore Sergio Divina, inoltre, ha dichiarato: “Noi vorremmo che il Parlamento ed anche il governo italiano si esprimessero nel denunciare questa situazione e si attivassero almeno per far applicare le molteplici risoluzioni, al fine di trovare una soluzione pacifica, nonché, per obbligare le forze militari dell’Armenia a seguire le decisioni internazionali”.

La deputata Cristina Bargero ha chiesto al governo italiano l’applicazione della normativa internazionale esistente, tra cui le quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che prevedevano il ritiro delle forze armate dell’Armenia dal territorio dell’Azerbaigian.

La senatrice Maria Rizzotti ha chiaramente denunciato la situazione attuale: “Da oltre vent’anni, con l’occupazione militare da parte dell’Armenia del Nagorno-Karabakh, regione dell’Azerbaigian, e delle sette regioni azerbaigiane circostanti, l’Armenia ha invaso, in cifre, il 20 per cento del territorio dell’Azerbaigian causando pulizia etnica degli azeri, distruzioni e rovina del patrimonio storico dell’Azerbaigian, in questi territori”.

Chiaro è anche l’appello del senatore Cinque Stelle Gianluca Castaldi: “Scontri sulla linea di contatto tra le forze armene ed azere sono conseguenza dell’occupazione perdurante del territorio dell’Azerbaigian. Sono molto contento che le parti abbiano accordato il cessate il fuoco, però per una duratura pace nella regione è importante il ritiro dell’esercito armeno dai territori occupati dell’Azerbaigian”.

Il Governo italiano dovrebbe, in virtù del ruolo strategico che ha nella regione, dare un contributo fattivo alla soluzione del conflitto richiamando le istituzioni internazionali al rispetto delle risoluzioni Onu e alle pace. Inoltre, non va dimenticato che essendo i territori azeri, sotto occupazione armena, fuori dal monitoraggio internazionale spesso in tali territori sono state riscontrate coltivazioni illegali di stupefacenti finalizzate al finanziamento di gruppi terroristici armeni e conseguente diffusione di altre uccisioni e rappresaglie.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:10