Svizzera: tutti devono rispettare le regole

Therwil è una tranquilla cittadina svizzera del Cantone di lingua tedesca di Basilea- Campagna, dove vivono meno di 10mila persone, delle quali oltre il 15 per cento stranieri di recente emigrazione. Gli svizzeri si dividono a metà tra cattolici e protestanti e la vita a Therwil è sempre stata ordinata e quasi monotona, in puro stile elvetico.

Nel liceo della cittadina, l’unica scuola superiore del circondario se non si vuole arrivare fino a Basilea che dista circa 8 chilometri, gli studenti svizzeri hanno sempre convissuto in buona armonia con quelli stranieri. La scuola è severa, come tutte le scuole del Paese, e all’inizio e alla fine di ogni lezione tutti gli studenti devono salutare, con una stretta di mano e un piccolo inchino il professore o la professoressa di turno; così sono le regole e così è sempre stato, di generazione in generazione.

Ma anche il rigido ordine svizzero del piccolo liceo di Therwil ha dovuto fare i conti con la globalizzazione: due studenti siriani, fratello e sorella di 14 e 15 anni, si sono rifiutati di stringere la mano, rispettivamente alle professoresse e ai professori, per ragioni religiose. I due ragazzi sono infatti musulmani, molto ortodossi, figli di un Imam, capo di una moschea di Basilea giudicata controversa dalle autorità locali per alcuni eccessi radicali. L’Imam è arrivato dalla Siria in Svizzera nel 2001 come richiedente asilo. Poco dopo lo hanno raggiunto moglie e figli; le figlie maggiori sono tornate però in Siria a finire il ciclo scolastico in un “ambiente più protetto dalla contaminazione occidentale”, come ha dichiarato il padre ai giornali locali.

Su richiesta del genitore-Imam, il preside del liceo di Therwil aveva concesso all’inizio dell’anno scolastico una deroga all’obbligo della stretta di mano per i due siriani; la decisione del dirigente scolastico, persona molto mite e gentile secondo gli abitanti di Therwil, non è però piaciuta ad una giovane insegnante che si è sentita offesa e ha informato la stampa locale. Apriti cielo! Sono scoppiate polemiche a non finire, dibattiti pubblici e così il preside è stato costretto ad adire il Dipartimento per l’Educazione del Cantone di Basilea-Campagna.

Nessuna deroga è stata ammessa dal governo cantonale che ha invece ribadito che l’insegnante può sempre esigere con il saluto, se ritiene, la stretta di mano; e in più se gli studenti dovessero continuare a rifiutare la stretta di mano, verrebbero immediatamente convocati i loro genitori che rischierebbero addirittura una multa fino a 5mila franchi svizzeri (circa 4.500 euro). Il liceo di Therwil ha espresso sollievo per la decisione del Dipartimento che ha tolto le castagne dal fuoco e ha annunciato la rimozione immediata dell’esenzione alla stretta di mano.

Nella motivazione del provvedimento, il Dipartimento cantonale ha evidenziato che l’interesse pubblico in materia di parità tra donne e uomini, nonché l’integrazione delle persone straniere, devono essere sovraordinati rispetto alla libertà di culto e all’espressione religiosa degli studenti. La concessione dell’esonero ai due studenti siriani, secondo gli esperti di Basilea, aveva creato inoltre grande imbarazzo ai docenti e gli altri studenti, che si erano trovati implicati in una pratica religiosa che non era loro. In altre parole le regole devono essere rispettate da tutti. Ovviamente la decisione del Dipartimento Cantonale ha suscitato varie reazioni: la principale organizzazione islamica svizzera, la Federazione dei Musulmani, di tendenze moderate, ha approvato nel merito la dichiarazione cantonale, criticandone però la forma e l’eccessiva pubblicità data dai media al caso. Più dure sono state invece le dichiarazioni del Consiglio centrale islamico svizzero, un’associazione che conta 3.500 membri, circa l’uno per cento dei musulmani residenti in Svizzera e che spesso figura in prima pagina per posizioni piuttosto radicali; il presidente del Consiglio centrale ha definito la decisione di Basilea “puro totalitarismo xenofobo “.

In Svizzera vivono 350mila musulmani su una popolazione di circa 8 milioni, di cui 2 milioni di stranieri. Prima del caso di Therwil, già nei mesi scorsi erano sorti problemi con genitori musulmani molto radicali che rifiutavano che le figlie frequentassero le lezioni di nuoto, obbligatorie nella scuola primaria elvetica. Con tutta la buona volontà dei miti cittadini svizzeri, la strada per l’integrazione sembra ancora molto lontana.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:00