Le leggi australiane   sull’immigrazione

L’Australia è una delle destinazioni preferite di migliaia di persone dai Paesi più poveri e depressi dell’Asia e del Pacifico, che migrano alla ricerca di una vita migliore.

Il numero dei migranti che si affannano per sbarcare sulle coste australiane è aumentato drammaticamente di anno in anno e la gestione del fenomeno è diventato argomento di dibattito e di scontro politico nel Parlamento di Canberra e nodo al centro delle campagne politiche dell’ultimo decennio. Le ultime elezioni politiche tenutesi nel 2013 hanno visto la vittoria del fronte conservatore con il Partito Liberale di Tony Abbott che è diventato primo ministro. Il programma dei conservatori aveva tra le priorità l’irrigidimento delle politiche migratorie, considerate fino ad allora, con il Partito Laburista di Kevin Rudd al governo, troppo aperte. Anche Abbott è però poi caduto per le critiche sulle politiche migratorie che gli sono state mosse dalla base, nel settembre 2015, al congresso del Partito Liberale. Gli è subentrato quale leader del partito e nella carica di primo ministro, Malcolm Turnbull, avvocato di fama e già ispiratore del Movimento per la Repubblica al referendum del 1999, che aveva fatto della politica del respingimento dei migranti uno dei suoi cavalli di battaglia.

Il governo a guida Turnbull ha posto regole molto stringenti per l’accoglimento dei profughi, ponendo quote al ribasso, autorizzando la Marina a respingere i battelli carichi di disperati fuori dalle acque territoriali australiane e ha concluso accordi con le isole-stato vicine per l’ingrandimento dei campi di accoglienza e riconoscimento dei migranti, gestiti da operatori australiani e finanziati dall’Australia. I principali centri di raccolta sono situati sull’isola di Nauru e quello di Manus in Papua Nuova Guinea. La Repubblica di Nauru, piccola isola di 21 chilometri quadrati, sta vivendo da diversi anni la più grave crisi economica dalla sua indipendenza dalla corona britannica del 1968, che ha pesanti riflessi sulla stabilità politica. L’Australia si è fatta carico di sostenere e amministrare le dissestate finanze di Nauru. Dal 2001 un’importante fonte di incassi per il governo locale è il campo d’accoglienza che l’Australia ha installato sull’isola per portarvi gli immigrati clandestini che raggiungono il Continente via mare senza permesso. L’operazione si inserisce nell’ambito del programma governativo “Pacific Solution” per bloccare l’immigrazione clandestina e ridurre il numero dei richiedenti asilo che mettono piede nel territorio australiano.

I campi nell’isola di Nauru e in Papua Nuova Guinea sono stati però al centro di feroci polemiche per le pessime condizioni di vita nelle quali vivono i profughi. In diverse occasioni negli ultimi anni i rifugiati hanno attuato clamorose e drammatiche forme di protesta, dallo sciopero della fame a ribellioni armate fino a suicidi con il fuoco o con l’impiccagione. Preoccupazione è stata espressa dal Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e ripetute segnalazioni sono state fatte da Amnesty International per le condizioni di disagio e precarietà all’interno dei centri. Spesso le notizie sui campi sono trapelate da rivelazioni di ex responsabili e operatori australiani, che hanno segnalato abusi e torture tra gli ospiti, violenze auto-inflitte e suicidi.

Per arginare il flusso di informazioni che provengono dai centri di raccolta e finiscono sui media australiani, con grave danno dell’immagine internazionale dell’Australia, il governo di Turnbull ha cosi deciso di approvare nelle settimane scorse un decreto che vieta ad operatori o ex operatori, medici, volontari e personale vario impegnato nei campi, ogni diffusione di notizie circa l’attività nei centri di raccolta e identificazione dei profughi. La mancata consegna del silenzio è punita con la detenzione fino a due anni di carcere. Immediate sono state le proteste delle associazioni di volontari e dell’ordine dei medici australiani che hanno sostenuto che la “legge bavaglio” viola la libertà di espressione, uno dei pilastri del sistema costituzionale australiano, e hanno adito la Corte Suprema contro il governo conservatore.

I medici hanno anche minacciato altre forme di protesta in tutta l’Australia e il blocco di tutte le attività sanitarie nei campi di raccolta profughi, misura che di fatto bloccherebbe le attività dei centri. L’Australia, nel corso della sua storia, si è sviluppata ed è diventata una importante realtà economica mondiale anche grazie al contributo di milioni di profughi provenienti da oltre quaranta Paesi diversi. Spesso quei migranti avevano lasciato i loro Paesi d’origine per situazioni di disagio economico, guerre e disperazione, e il miracolo australiano era stato di combinare razze, culture e religioni diverse in una terra libera e aperta a tutti. Come accade però spesso ai giorni nostri, anche in Australia la memoria dei discendenti di quei migranti si è fatta troppo corta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:00