Il Macronismo

Il destino del “servo encomio”? Quando è intempestivo non è gradito al futuro sovrano. Eviterei, quindi, le iperbole. Infatti, se non vi è discussione sulla caratura e sulle doti del nuovo Presidente della Repubblica francese, dal 14 maggio contano solo le scelte politiche e le condizioni al contorno, nazionali e internazionali che le condizioneranno. E qui la corona di spine è ancora tutta da decifrare. Occupiamoci, per ora, della decantata e auspicata nuova “entente” franco-tedesca. Valga per tutte il titolo a pagina intera del quotidiano nazional popolare “Bild” del 9 maggio: “Quanto ci costerà in futuro questa elezione di Emmanuel Macron?”. La cancelliera Angela Merkel è fin troppo avveduta per prendere posizioni rigide e, quindi, lascerà il compito ad altri, senza esporsi eccessivamente. Macron parla tedesco correttamente e la sua comprensione della lingua è pressoché perfetta, anche grazie ai suoi studi filosofici e alla tesi di dottorato su Hengel. Durante il Governo Valls, il presidente ha intrattenuto un rapporto di amicizia personale con il socialdemocratico Sigmar Gabriel, suo pari grado come ministro dell’economia e oggi titolare degli esteri della Repubblica tedesca.

Macron, nella sua campagna elettorale ha sostenuto sia in pubblico che in privato la necessità di ridare nuovo slancio alla partnership franco-tedesca (che è stato il vero motore dell’integrazione europea nei lunghi decenni della Guerra Fredda), come chiave di volta per il rilancio del benessere europeo e per la fidelizzazione delle generazioni a venire. Ma, conoscendo bene la mentalità dei tedeschi, lo stesso Macron non si nasconde che, in questi decenni trascorsi dal secondo dopo guerra a oggi, Francia e Germania sono molto più lontani di ieri in termini di agenda e di difesa degli interessi nazionali. Certamente, i tedeschi hanno tirato un grande sospiro di sollievo a seguito della sua elezione, e Merkel gli ha offerto piena collaborazione chiamandolo per le congratulazioni di rito. Bonomia che, però, è durata solo lo spazio di un mattino. Appena il giorno dopo le elezioni, a conclusione di una riunione di Partito, quando le è stato chiesto se la Germania fosse disponibile a riconoscere maggiore flessibilità sul deficit e sulle riforme dell’eurozona, la Merkel ha ribadito, in buona sostanza, che la Francia deve prima mettere a posto i propri conti pubblici e fare le riforme strutturali al suo interno.

La rivitalizzazione dell’Ue “alla Macron” si basa su di una politica fiscale comune e sul completamento dell’unione bancaria europea, ma deve confrontarsi con la controproposta tedesca per un’Europa a più velocità, caratterizzata da un anello esterno di Paesi dell’eurozona, in cui gli Stati che vi farebbero parte mantengono il massimo del controllo sui propri bilanci pubblici. Macron, invece, pensa a un Ministro unico delle finanze, a un bilancio comunitario per il welfare e a una sorta di reddito di cittadinanza paneuropeo. Tuttavia, questo modello avanzato di integrazione europea è fortemente in contrasto con la visione che hanno dell’Europa i conservatori tedeschi, che si oppongono fermamente, ora e per il prossimo futuro, a qualsiasi trasferimento di sovranità economica a Bruxelles. Per la Germania, il più efficace dei rimedi, al fine di dare nuovo slancio a un’Unione in crisi, è sempre quello: mettere ordine ai bilanci e al debito pubblico nazionali. I socialdemocratici tedeschi dell’Spd condividono, invece, l’idea di Macron per la riforma del bilancio comune e per l’individuazione di meccanismi di supporto, a proposito di investimenti strutturali.

La prima vera spina di Macron sarà la riforma del Codice del Lavoro per garantire agli imprenditori francesi una maggiore flessibilità in termini di impiego. Difficile, se non impossibile, ipotizzarne le probabilità di successo prima delle elezioni legislative di giugno prossimo e dell’eventuale, successivo insediamento di un governo che goda di una solida maggioranza parlamentare favorevole al Presidente. Nondimeno, il successo di “En Marche!” alle prossime legislative francesi dipende anche e soprattutto dai segnali che nel frattempo invierà la Germania stessa al nuovo inquilino dell’Eliseo. Se non ci saranno concrete disponibilità da parte tedesca affinché l’Unione faccia i richiesti passi in avanti, allora la strategia di Macron sarebbe votata all’insuccesso, con il risultato che l’asse franco-tedesco potrebbe mancare una storica opportunità per il rilancio del progetto europeo. E non c’è da aspettarsi nessun cambiamento, da questo punto di vista, fino alle prossime elezioni di settembre, tenuto conto che gli elettori tedeschi non sono affatto favorevoli a sacrificare il loro surplus di bilancio per venire incontro alle esigenze delle economie in crisi dei Paesi del Sud Europa. Quindi, i “macronisti” nostrani sono avvertiti: i “nein” di Frau Merkel valgono anche e soprattutto per loro!

Aggiornato il 17 maggio 2017 alle ore 10:44