Guerre di religione?

Ci voleva un Donald Trump per non negare l’evidenza: “Questa non è una lotta tra le diverse fedi, sette o civiltà. Questa è una lotta tra criminali barbarici che cercano di annullare la vita umana e le persone di tutte le religioni che cercano di proteggerla. Questa è una lotta tra il bene e il male”. È una semplice realtà, al di là della bocca che la pronuncia. Così ha parlato, il 21 maggio 2017, il presidente americano Donald Trump davanti ai leader del mondo arabo-mussulmano a Riad.

L’odiato, dalla stampa occidentale, presidente statunitense ha anche detto: “dobbiamo restare uniti contro l’uccisione di musulmani innocenti, l’oppressione delle donne, la persecuzione degli ebrei e il massacro dei cristiani”.

Mentre un Obama batte sui luoghi comuni, che però, pagano: “Sono qui per cercare un nuovo inizio fra gli Stati Uniti ed i musulmani nel mondo, basato sul mutuo interesse e sul mutuo rispetto”. Non dubito, con il senno del poi, che quando Barack Hossein Obama proferiva queste parole, il 4 giugno 2009 all’Università del Cairo, guardasse negli occhi di Ali Khamenei il detentore del potere nella teocrazia sanguinaria al potere in Iran, a cui in seguito ha scritto una decina, si dice 14, lettere di compiacimento.

In quel discorso Barack Obama disse anche: “America e Islam non devono essere in competizione. Invece, si sovrappongono e condividono principi comuni, di giustizia e progresso, di tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani”. Guardando all’Iran - come immagino abbia fatto Obama - governato da 38 anni dall’”Islam” di Khamenei, dov’è giustizia e progresso, tolleranza e dignità, seppur in parvenza? In seguito al suo discorso Obama sposò il governo integralista di Mohammad Morsi in Egitto, si eclissò in Iraq lasciando il paese in mano ad Nouri al-Maliki, uomo del regime iraniano, che massacrò i sunniti. In Siria, il confuso presidente americano, ha assecondato la volontà del regime iraniano causando decine di migliaia di vittime innocenti. Ecco cosa intendeva il presidente Obama quando parlava dei mussulmani: governanti oppressori dei popoli ammantati della veste dell’Islam. Risultato della sua politica confusa? Spuntare l’arroganza dei vari Vladimir Putin, Recep Erdoğan e soprattutto facilitare la nascita dell’ISIS.

Il sangue di centinaia di migliaia di esseri umani mussulmani, e non solo, grida vendetta; lasciamo stare l’Islam, come le altre religioni, al suo rango. Pensiamo all’Uomo e ai suoi Diritti sanciti dalla Dichiarazione universale del 48, che nei nostri tempi sono schiacciati da una assurda cecità che si ammanta di Islam e di voglia sfrenata di chi bada ai propri interessi chiudendo tutte e due gli occhi di fronte ai continui soprusi nei paesi con cui si fanno gli affari. Il premiato Nobel passerà alla storia come il presidente americano che ha venduto più armi nel mondo e soprattutto ai paesi cosiddetti in via di sviluppo; niente male per terzomondisti liberal e pacifisti e per il loro mito! Solo nel biennio 2011-2012, anno di nascita dell’Isis, Obama ha autorizzata la vendita di armi in Medio Oriente per un valore di 76 miliardi di dollari. L’America di Obama nel 2015, ha chiuso accordi di vendita di armi per 40 miliardi di dollari, pari al 50,2 per cento dell’intero mercato mondiale.

In ogni caso la recente storia dell’Iran narra che ogni intervento esterno, quello statunitense partì con il golpe del 57 contro il governo popolare di Mossadeg, non porta nulla di buono. Non solo, gli iraniani sono capaci e disposti a pagare il prezzo della loro liberazione dalla barbarie di un regime teocratico salito al potere nel 79 con evidenti complicità dell’Occidente. In quell’occasione Khomeini marchiò come islamica quella magnifica rivoluzione per la democrazia e da lì è nato l’integralismo islamico al potere. Nell’Era moderna nessun altro regime ha massacrato il suo popolo come quello iraniano. Il più importate giornale economico italiano il 17 maggio, in occasione della farsa elettorale, si faceva portavoce del mondo e titolava: “Il mondo guarda a Rohani, Macron mediorientale”.

Per non parlare dell’esercito dei giornalisti Rai che nell’ultima tornata elettorale di regime a Teheran ha dato il meglio di sé battendo sui luoghi comuni del moderatismo miracoloso in Iran. Sono il più lontano possibile da Donald Trump, ma ancor più lontano da chi non può esprimersi che con pregiudizi interessati. Con l’economia che per oltre l’80 per cento è nelle mani corrotte dei pasdaran e dei loro affiliati, la disoccupazione al 40 per cento e tutte le spese che il regime deve affrontare per la sua espansione, c’è poca speranza per la stragrande maggioranza della popolazione sotto la soglia della povertà. Altroché una guerra di religione; in Iran è in atto una guerra, da 38 anni, tra il popolo e il regime. Certo il regime teocratico al potere in Iran ha perso un formidabile sostenitore, Barack Hossein Obama, ma non avrà scampo dalla rabbia del un popolo messo sul lastrico. Nossignori, non c’è nessuna guerra di religiosa in atto; c’è una guerra per il diritto alla vita e per la democrazia!

Aggiornato il 24 maggio 2017 alle ore 21:31