La caduta di Raqqa e il mistero dei “foreign fighers” dell’Isis

Una città quasi interamente distrutta e svuotata della sua popolazione, dove ancora resiste disperatamente un pugno di jihadisti, molti dei quali ‘foreign fighters’, con al seguito i loro familiari. Questa è oggi Raqqa, l’ex capitale dello Stato islamico in Siria, a cui le forze a maggioranza curda alleate degli Usa stanno dando l’assalto finale. Non è chiaro quanti siano i miliziani ancora trincerati in un’area pari al 10 per cento della città. Potrebbero essere 250-300, secondo Talal Sello, portavoce delle cosiddette Forze democratiche siriane (Sdf), che cercano di aprirsi la strada tra le macerie del centro. O forse anche poche decine, secondo alcuni di quelli che nelle ultime ore hanno lasciato la città. Ormai scontata l’imminente caduta del bastione del Califfato, la priorità ora, specie per i governi europei, è capire chi vi sia tra i 275 jihadisti che la scorsa notte hanno potuto lasciare la città, accompagnati da circa 3.000 civili, in base ad un accordo tra le Sdf e l’Isis mediato dai capi dei clan tribali locali. Un’intesa velatamente criticata dalla Coalizione internazionale a guida americana, che però non vi si è opposta, consapevole che era il modo più efficace per ridurre al minimo possibile le vittime tra la popolazione civile, già decimata nei mesi scorsi dai combattimenti e i bombardamenti massicci della stessa Coalizione.

Le Sdf assicurano che i combattenti evacuati sono solo siriani, e quindi tra loro non vi sarebbero “foreign fighters”, compresi quelli provenienti dall’Occidente, che in gran numero erano confluiti a Raqqa negli anni passati. Di altro avviso è Omar Allush, un membro del Consiglio civile di Raqqa, secondo il quale “una parte degli stranieri sono partiti”. Non è chiaro, tuttavia, se si tratti di miliziani provenienti da altri Paesi arabi o di europei che hanno aderito al Califfato e che se riuscissero a fuggire potrebbero tornare a minacciare i Paesi d’origine. “L’ultima cosa che vogliamo è che ci siano ‘foreign fighters’ liberi di andarsene, e che un giorno potrebbero tornare nei loro Paesi e provocare ancora terrore e distruzione”, ha detto il portavoce della Coalizione internazionale, Ryan Dillon. “Per loro la scelta è tra la resa o combattere fino alla morte”. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), ad opporsi con particolare fermezza ad un accordo che garantisse un lasciapassare anche ai foreign fighters sono stati i servizi segreti francesi, convinti che tra i jihadisti che rimangono a Raqqa ci sia uno degli organizzatori degli attentati di Parigi. Si tratterebbe di un cittadino francese o belga di origini nordafricane. Coloro che sono stati lasciati uscire, hanno assicurato le Sdf, vengono sottoposti ad un controllo rigoroso, prima di venire diretti con i loro congiunti verso l’est della provincia di Dayr az Zor, in parte ancora controllata dall’Isis.

Aggiornato il 16 ottobre 2017 alle ore 12:38