Maduro tiene duro

Ma quanto è bravo Nicolás Maduro! Pochi sarebbero riusciti a ridurre in miseria in così breve tempo un Paese ricchissimo come il Venezuela. Da quando è al potere, il Pil del suo Paese è crollato del 60 per cento e l’inflazione interna è al record mondiale: 1,7 milioni per cento. Per intenderci: chi aveva un anno fa 1,7 milioni di bolivar di risparmi depositati in banca, oggi non ha più nulla!  Esplicitando meglio il tutto (così la tragedia del cambio è molto più chiara): chi un anno fa aveva risparmi in banca per acquistare un controvalore di 30mila dollari, ora riesce a malapena con quella stessa cifra a scambiarli con mezzo dollaro! Poiché dove s’installano dittature becere e folli i cittadini, finché possibile, votano con i piedi chiedendo rifugio all’estero, su 32 milioni di venezuelani ne sono espatriati ben tre milioni nel corso di questi ultimi anni, finiti a bussare alle porte degli Stati confinanti, del Messico e degli Usa. Si capisce, quindi, come almeno l’80 per cento dei suoi compatrioti intenda sbarazzarsi al più presto del “Querido” Presidente. Se il Che fosse ancora tra di noi lo avrebbe sicuramente preso a calci nel fondoschiena. Per dire: Europa e America sono inondati da fiumi di droga instradati dai narcotrafficanti che operano a partire dal Venezuela.

Malgrado le notevoli riserve naturali venezuelane di gas e petrolio, la compagnia petrolifera di stato Pdvsa (alla cui gestione si sono alternati vari generali tra i 2.000 nominati da Maduro) è sull’orlo del fallimento: alla fine degli anni Novanta il Paese produceva 3,5 milioni di barili di petrolio al giorno mentre oggi riesce a metterne a fatica 1,1ml sul mercato. Pertanto, al prezzo corrente del greggio le entrate valutarie venezuelane non dovrebbero superare i 20 miliardi di dollari nell’anno corrente, di cui almeno il 45 per cento sarà assorbito dal ripianamento dei debiti contratti da Caracas con Russia e Cina, mentre tutto il resto sarà devoluto all’import di beni di prima necessità. Alle varie clientele andranno appena 250 milioni di dollari che potrebbero non essere sufficienti a puntellare il consenso al regime. L’America ha congelato 7 miliardi di dollari al Pdvsa, proprietario negli Usa di tre raffinerie, circostanza quest’ultima che ridurrà di almeno 11 miliardi di dollari le esportazioni di Caracas assottigliando così notevolmente le riserve di valuta del regime di Maduro. Pdvsa potrebbe tentare di collocare sui mercati asiatici la sua produzione ma, in questo caso, dovrebbe sobbarcarsi gli ultracosti del trasporto. Altrettanto problematico sarà per l’ente petrolifero aggirare l’embargo americano nei suoi confronti della vendita dei diluenti, senza i quali il suo petrolio troppo denso non può defluire attraverso le condutture delle pipeline.

Per di più il debito pubblico venezuelano è in stato di virtuale default. La popolazione è malnutrita e scarseggiano farmaci salvavita come gli antibiotici, mentre gli ospedali sono divenuti ad alto rischio per i ricoverati a causa delle frequenti interruzioni di energia elettrica e della carenza di attrezzature. Maduro, invece di accettare l’offerta internazionale di aiuti umanitari l’ha bollata come una cospirazione internazionale per l’embargo alle importazioni cui è stato (giustamente, dico io!) sottoposto. Tipo: non sono io responsabile delle cose che non funzionano, bensì gli altri che mi impediscono di farlo. Con i nuovi poteri che si è auto-attribuito,  Maduro è riuscito a neutralizzare le decisioni del Parlamento a lui sfavorevoli dando l’opportunità al giovane presidente dell’Assemblea, Guaidò, di “chiamare banco” appellandosi a quell’articolo della Costituzione che ne prevede il subentro a interim in caso di impedimento del Presidente della Repubblica. E a un Maduro che ha truccato le carte per la sua rielezione è oggettivamente impedito di governare per mancata legittimazione popolare!

Ma se Guaidò avesse successo farebbe bene a tenere conto della lezione impartita all’Occidente dalle primavere arabe: quando un leader a furor di popolo costringe alla fuga o alla resa un dittatore deve poi essere in grado di implementare in tempi rapidi il cambiamento per non perdere il consenso. Quindi, nel Venezuela post-Maduro bisogna provvedere con immediatezza a soddisfare i bisogni di base della popolazione, facendo arrivare a sufficienza viveri nei supermercati e assicurando a tutti la copertura sanitaria. Economicamente, la cosa più importante è mettere fine all’attuale iperinflazione favorendo l’afflusso dei capitali esteri ed ottenendo prestiti adeguati dal Fondo Monetario Internazionale. Occorre recedere dalle politiche dei prezzi calmierati che producono solo mercato nero e favoriscono il contrabbando, mettendo a punto le giuste politiche di welfare per i più bisognosi. “Uomo avvisato...”.

Aggiornato il 15 febbraio 2019 alle ore 11:57