Hong Kong: ritirata legge sulle estradizioni

Carrie Lam alla fine ha ceduto. Il governo di Hong Kong ha ritirato formalmente l’emendamento sull’estradizione verso la Cina che aveva scatenato le proteste degli ultimi mesi. In seguito, le manifestazioni anti-governative e pro-democrazia per la richiesta di riforme, tra cui il suffragio universale, sono diventate sempre più violente. Anticipato lo scorso mese, il ritiro, a 6 mesi dalla prima lettura da parte del Parlamento e a 8 mesi dall’annuncio del progetto, è avvenuto a pochi giorni dalla ripresa dei lavori dell’assemblea.

Il ritiro della proposta di legge è stato annunciato dal segretario per la Sicurezza John Lee. La misura era stata presentata come una mossa per rimediare a un vuoto legislativo emerso nel caso dell’omicidio avvenuto lo scorso anno a Taiwan di una donna di Hong Kong, Poon Hiu-wing, con il principale sospettato Chan Tong-kai fermato nell’ex colonia, ma che “non poteva essere estradato in alcuna parte della Repubblica popolare cinese”. Il provvedimento (“Fugitive Offenders and Mutual Legal Assistance in Criminal Matters Legislation (Amendment) Bill”) era finito nel mirino sui timori che diventasse un mezzo per estradare in Cina a fini politici, anche intercettando qualsiasi persona in transito a Hong Kong, attraverso un espediente che avrebbe limitato l’autonomia della città a favore di una maggiore intromissione di Pechino.

L’annuncio di Lee è avvenuto poche ore dopo la scarcerazione di Chan, condannato nel frattempo per essersi impossessato di soldi e beni di Poon. Chan, scusatosi appena varcato il portone della prigione, si ritiene debba tornare a Taiwan su base volontaria, nel mezzo del contenzioso tra Taipei e Hong Kong su come sia più appropriato organizzare la sua resa. La Lam è finita nel mirino per aver continuato a sostenere la misura sulle estradizioni in Cina nonostante il maxi corteo da oltre 2 milioni di persone sul totale di 7,4 milioni di abitanti di Hong Kong. La sospensione dell’esame del testo da parte Parlamento è maturata in seguito, il 15 giugno, in scia ai primi violenti scontri tra manifestanti e polizia, mentre la dichiarazione di “morte” dell’iter legislativo maturata successivamente non è servita a calmare le proteste. Anzi, sono aumentate di tono perché divenute iniziative anti-governative e pro-democrazia, con la richiesta di riforme a partire dal suffragio universale. Il 4 settembre, infine, la Lam ha annunciato che la proposta sarebbe stata ritirata formalmente a ottobre, in occasione della ripresa dei lavori della sessione del Parlamento, chiuso per i lavori di ristrutturazione resisi necessari per l’occupazione e le devastazioni di inizio luglio.

Il ministero degli Esteri cinese ha definito “rumor politici con motivi reconditi” l’ipotesi che il Financial Times ha riportato oggi sul piano al quale starebbe lavorando Pechino per sostituire a marzo la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, con una figura ad interim, nel mezzo delle proteste antigovernative partite a giugno. È quanto ha commentato la portavoce Hua Chunying, nel corso di una conferenza stampa.

Aggiornato il 23 ottobre 2019 alle ore 14:22