Migranti, Italia-Libia: serve un interlocutore diverso da al-Sarraj

Italia-Libia: memorandum sì, memorandum no. Continua a tenere banco la questione del rinnovo dell’intesa riguardante la gestione dei migranti che giungono in territorio libico con la speranza d’imbarcarsi verso quello italiano. Il Governo Conte-bis ha infine optato per richiedere ufficialmente alla controparte di Tripoli, ossia il Governo di Accordo Nazionale (Gna) guidato da Fayez al-Sarraj, una revisione del testo, evitandone così il rinnovo automatico triennale che sarebbe scattato il 2 febbraio 2020 se la richiesta non fosse arrivata entro il 2 novembre.

La decisione è stata contestata dall’ala immigrazionista “di lotta” del Partito Democratico, capitanata da Matteo Orfini, favorevole allo stralcio del Memorandum a causa delle condizioni inumane a cui i migranti vengono costretti nei Centri di “accoglienza” lungo la costa e nel sud del Paese, come documentato dalle agenzie Onu e dalle Organizzazioni non governative.

“È una pessima giornata e di questa barbarie il mio partito è corresponsabile”, ha commentato Orfini, che nel 2017 aveva però appoggiato il Governo Gentiloni sia all’atto della firma del Memorandum, che nella successiva stipula ad opera dell’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, di accordi correlati riservati con le milizie libiche che sostengono al-Sarraj. Tali accordi avrebbero di fatto costituito una sorta di protocollo attuativo del Memorandum. Più che il rafforzamento delle capacità della Guardia costiera libica, stabilito nel documento, sarebbero stati infatti i pagamenti effettuati a beneficio delle milizie ad assicurare una drastica riduzione delle partenze dalla Libia, e quindi degli arrivi in Italia, dei migranti su imbarcazioni messe a disposizione dai trafficanti. Questi ultimi sono legati alle stesse milizie e di conseguenza al Gna, il governo riconosciuto dalla comunità internazionale, e sembrano essere stati cooptati persino nei ranghi della Guardia costiera, partecipando a incontri ufficiali tra autorità italiane e libiche, come risulta da un’inchiesta pubblicata sul quotidiano Avvenire.

Il “metodo Minniti” è stato poi ricevuto in eredità da Matteo Salvini, il quale, da ministro dell’Interno del precedente Esecutivo gialloverde, ha mantenuto intatta la “cooperazione” italo-libica, rafforzandola ulteriormente attraverso i suoi rapporti privilegiati con i vertici del Gna e in particolare con il vicepresidente, Ahmed Maitig, espressione delle potenti milizie della città di Misurata.

Con l’avvento del Governo giallorosso, il testimone è passato nelle mani del nuovo ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Insieme al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, l’ex prefetto dovrebbe ora rappresentare l’Italia nella commissione incaricata di modificare il Memorandum, migliorandolo “sul fronte dei diritti umani”.

Il Viminale ha già ricevuto la disponibilità del Gna a rivedere l’intesa, ma nulla trapela sulle modifiche che l’Italia ha intenzione di proporre e che dovrà, soprattutto, riuscire a far accettare ad al-Sarraj, il quale ha finora negato le atrocità commesse nei centri di detenzione sotto la sua giurisdizione (traffico di esseri umani, torture, stupri e abusi di ogni genere).

L’onorevole Lia Quartapelle, esponente di punta dell’ala immigrazionista “di governo” del Pd (quella favorevole al rinnovo di un Memorandum emendato), ha prefigurato un “piano di evacuazione straordinaria” e di “chiudere i campi”. Obiettivi ambiziosi, sebbene dai contorni poco definiti. In ogni caso, al-Sarraj, “l’uomo debole” del Gna, acconsentirà?

Da Tripoli hanno intanto messo in chiaro che le modifiche dovranno rispettare gli “interessi libici”. Tradotto, nei centri di detenzione non sarà concesso nessun rafforzamento delle prerogative delle agenzie dell’Onu e delle Ong, che intacchino la sovranità nazionale. Il rispetto dei diritti umani dei migranti, in sostanza, verrà sempre lasciato al buon cuore delle milizie che dettano la linea al Gna e allo stesso al-Sarraj. Il problema di fondo, pertanto, resta di natura politica e riguarda la credibilità dell’interlocutore ufficiale libico prescelto dalla comunità internazionale. L’intestardirsi su al-Sarraj ha determinato il conferimento del potere reale alle suddette milizie, le quali lo esercitano in maniera ricattatoria, in primo luogo nei confronti degli italiani. La “cooperazione” anti-trafficanti ha infatti come base transazioni economiche dall’entità sconosciuta equivalenti a una sorta di “pizzo”, unite alla minaccia di ritorsioni in caso di mancato supporto politico-diplomatico al Gna. Lo scorso aprile, ad esempio, al- Sarraj e Maitig si sono precipitati a Roma e Milano per incontrare rispettivamente Giuseppe Conte e Matteo Salvini, paventandogli l’arrivo in Italia di centinaia di migliaia di migranti e di terroristi dell’Isis se avessero osato ricalibrare la posizione dell’esecutivo in senso favorevole all’Esercito Nazionale Libico del vituperato generale Khalīfa Belqāsim Ḥaftar, che aveva lanciato la sua offensiva su Tripoli per “liberarla” dalle milizie.

L’aver sollevato la questione dei diritti umani dei migranti come dirimente per il rinnovo del Memorandum va senza dubbio nella giusta direzione, ponendo al-Sarraj di fronte alle sue responsabilità. Indurre le milizie del Gna (per lo più appartenenti - va sottolineato - ai Fratelli Musulmani e armate dalla Turchia di Recep Tayyip Erdoğan e dal Qatar) a cambiare condotta, non solo sulla carta, è impresa che si prospetta assai ardua. Per l’Italia sarebbe più agevole ed efficace, nel gestire la crisi migratoria nel suo complesso, cambiare direttamente interlocutore rispetto ad al-Sarraj.

Aggiornato il 05 novembre 2019 alle ore 13:14