A seguito delle forti tensioni e delle “false notizie” diffuse nell’area del Sahel, il presidente Emmanuel Macron ha convocato per il sedici dicembre a Pau nel sud della Francia, i presidenti del G5Sahel (Mali, Burkina Faso, Ciad, Niger, Mauritania), per “chiarimenti”. Tale “impulso” si è reso necessario dopo la morte dei tredici soldati francesi, avvenuta meno di due settimane fa, a causa di una collisione tra due elicotteri, ma rivendicata, come un abbattimento, dall’Isgs (Stato islamico del Grande Sahara); tale episodio è stato strumentalizzato dai media degli Stati del Sahel, i quali hanno costruito e fertilizzato, intorno all’”avvenimento”, una “corrente” di critiche antifrancese.

Il “richiamo” di Macron ai presidenti delle nazioni del G5Sahel, è finalizzato a “riqualificare” le condizioni d’intervento delle Forze del Barkhane (operazione anti-insurrezione nel Sahel, iniziata nel 2014, formata da militari francesi, oggi composta da circa 4500 unità, con sede a N’Djamena in Ciad), non tanto sul “piano militare”, quanto sul piano della “percezione” degli eserciti “stranieri” (francesi) sul territorio. Macron ha affermato che: “Non voglio avere soldati francesi nel Sahel che lavorano in un clima di persistente ambiguità manifestata dai movimenti anti-francesi”; aggiungendo: “Dobbiamo a breve termine rivedere, con gli Stati membri del G5 Sahel, il quadro e le condizioni politiche d’intervento”.

Queste dichiarazioni del presidente Emmanuel Macron in merito al ruolo della Francia nel Sahel, sono state pronunciate alla fine del vertice della Nato mercoledì pomeriggio a Londra ed hanno riscosso notevole attenzione data la delicatissima situazione politica dell’Area. Inoltre le dichiarazioni del Presidente francese hanno assunto anche un carattere “perentorio” quando ha ribadito che: “Mi aspetto che chiariscano e formalizzino le loro volontà sia alla Francia che alla comunità internazionale. Desiderano la nostra presenza? Hanno bisogno di noi? Voglio risposte chiare e sicure a queste domande”.

 È evidente che la morte dei tredici soldati francesi in Mali, ha condizionato la fermezza della “presa di posizione” di Macron verso i suoi omologhi saheliani; i chiarimenti chiesti al “vertice” di Londra sono proprio indirizzati verso la necessità che sia fatta, nell’Area, una operazione mediatica filo francese piuttosto che fomentare sentimenti antifrancesi. Ha aggiunto che: “Ci devono la chiarezza”… “Perché la Francia non è lì con scopi neo-coloniali o imperialisti o con fini economici. Siamo li per la sicurezza collettiva della regione e nostra”; concludendo, sollecitato da una domanda di un giornalista sul futuro del Barkhane, con una velato avvertimento: “Non sono al momento delle minacce, ma dico che trarrò le conseguenze se queste condizioni non saranno soddisfatte”.

Il discorso di Macron rimodella il futuro dei rapporti con il G5S soprattutto per Bamako e Ouagadougou e auspica che: “Il lavoro politico è indispensabile e deve essere fatto per garantire che il lavoro militare e di sviluppo possa davvero essere utile e questo lavoro politico, non possiamo farlo noi al posto loro. È loro piena responsabilità, in particolare per quanto riguarda il Mali ed il Burkina Faso”.

Tuttavia la “guerra mediatica” contro la Francia è imponente; in Africa occidentale l’’operazione “Barkhane” è oggetto di molte “notizie false”, che trovano un forte eco sui social network, alimentando commenti ed un forte sentimento anti-francese.

Dopo la collisione dei due elicotteri francesi, molte immagini apparse sulle pagine di Facebook e su Malian, mostrano detriti dei velivoli, ma risultano essere fotografie scattate in Iraq, in Azerbaigian e in Argentina durante le riprese di uno spettacolo; nonostante la falsità hanno avuto migliaia di condivisioni, dalla Costa d’Avorio al Burkina Faso scorrendo anche per il Senegal, ma fonti transalpine assicurano che l’incidente si è verificato di notte in un’area montuosa non accessibile alla stampa.

Ancora, il 23 novembre notizie estremamente virali sono state pubblicate sui social in Costa d’Avorio, Mali e Burkina Faso, le quali sostenevano che l’esercito francese avesse attaccato una base militare a Diffa, nel Niger sud-orientale, accusando la Francia di connivenza con i movimenti jihadisti nel Sahel. È stato necessario un “intervento” diplomatico dell’ambasciata francese in Niger che il giorno successivo ha diffidato il presidente del Consiglio regionale di Diffa ed il Segretario Generale del Governatorato della regione, a smentire la notizia che è stata poi “classificata” come una “menzogna”, tutto ciò via social.

Per tentare di completare le “strategie di attacco mediatico” alla Francia, riporto l’ultimo allarme lanciato sui social dallo “spirito antifrancese” il quale ha allertato la popolazione della rete su un’imminente attacco jihadista in Mali: “L’esercito maliano rischia attacchi terroristici nei prossimi giorni [sic]”. Questo messaggio è corredato da tre fotografie in cui si nota un aereo militare francese che scarica alcune decine di motociclette, aggiungendo che i destinatari sono i gruppi jihadisti dell’Isgs.

Acclarato che in geopolitica “non esistono limiti”, le “moto tattiche”, al momento, sono più uno “strumento” utilizzato dai jihadisti che dagli eserciti regolari, ma sia la Francia che il Mali si sono affrettate a smentire la notizia dichiarando che le sessanta moto sono destinate alla riorganizzazione della Forze del “Barkhane”.

Possiamo affermare che per la diplomazia francese operante nella “striscia sahelo-sahariana”, gli “impegni” sul “Fronte mediatico” e sul “Fronte militare” richiedono parità di “fatiche”.

Aggiornato il 09 dicembre 2019 alle ore 16:19