Fratelli Musulmani: dal Medio Oriente alla conquista dell’Occidente

Chi sono davvero coloro che puntano alla conquista dell’Occidente? Quella dei Fratelli musulmani è la principale organizzazione transnazionale islamista, nella quale affondano le proprie radici ideologiche Al Qaeda, Isis e l’intera galassia dell’estremismo e del terrorismo contemporaneo di matrice jihadista. Fondata negli anni Venti del secolo scorso in Egitto da Hassan al-Banna, sin dalle origini il suo principale campo d’azione è stato il Medio Oriente, ma oggi la sua vasta rete avvolge sempre più strettamente anche Europa e Nord America. Seguendo i dettami di al-Banna e, successivamente, di Sayyid Qutb, anch’egli egiziano, la Fratellanza ha messo in atto una paziente e lunga opera di penetrazione nel tessuto religioso, sociale, culturale, politico ed economico dei Paesi del mondo arabo. Maghreb, Mashrek, Golfo: i Fratelli musulmani hanno acquisito gradualmente in tutta la regione una forza tale da riuscire a sostenere la loro aspirazione di prendere il potere, con l’obiettivo di stabilire dittature fondamentaliste da utilizzare come piattaforma per un’espansione a livello globale e verso l’Occidente in particolare.

Le rivolte scoppiate nel 2011 e passate inopinatamente alla storia come “Primavere arabe” sono state il frutto di un piano disegnato appositamente per portare la Fratellanza al governo di Egitto, Tunisia, Libia e Siria, innescando un effetto domino che avrebbe dovuto travolgere l’intero Medio Oriente. Nel tentativo di realizzare le proprie ambizioni di conquista, la Fratellanza non ha agito in solitudine. La non-santa alleanza con Qatar e Turchia ha fornito la spinta finanziaria, la legittimazione politica e la copertura mediatica − basti pensare al ruolo svolto da Al Jazeera − indispensabili a far sì che dei rovesciamenti di regime venissero interpretati, soprattutto in Occidente, come rivoluzioni democratiche. In sostanza, il Qatar dominato dalla famiglia al-Thani e la Turchia di Recep Tayyip Erdogan hanno cercato di mettere le mani sul Medio Oriente, utilizzando i Fratelli musulmani come grimaldello. Questo è il succo della “Primavera araba”.

La linea rossa del jihad connette i vari quadranti regionali in cui Doha e Istanbul, vera capitale della Turchia neo-ottomana di Erdogan, hanno operato a partire dal 2011, supportando organizzazioni terroristiche come Isis e Al Qaeda, milizie e gruppi armati di ogni sorta, nonché partiti e movimenti politici espressione dei Fratelli musulmani. Tutte pedine del grande gioco per la conquista del trono di nuovo Sultano del mondo arabo-musulmano: un trono condiviso tra gli Al Thani ed Erdogan, con la Fratellanza ad amministrare il nuovo Califfato. Il piano è fallito, ma le ambizioni dei Fratelli musulmani e degli Stati “canaglia” che li sponsorizzano, Qatar e Turchia, sono ancora vive, tanto in Medio Oriente quanto in Occidente. Quest’ultimo si rifiuta di riconoscere la vera natura della Fratellanza − tutt’altro che moderata, come sostengono i fiancheggiatori dell’organizzazione in Europa e negli Stati Uniti − e continua a legittimarne gli esponenti persino in ambito istituzionale. Tutto come previsto nel cosiddetto “Progetto”, un documento programmatico di 14 pagine che risale al 1982 ed è la prova di come i Fratelli musulmani avessero un piano anche per l’Occidente e non solo per il mondo arabo. Il “Progetto” è stato rinvenuto a breve distanza dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, durante una perquisizione nella dimora svizzera di un banchiere egiziano, Youssef Nada, considerato un esponente di spicco dei Fratelli musulmani in Europa e sotto inchiesta con l’accusa di essere tra i finanziatori di Al Qaeda. Dopo la sua scoperta non è mai stato reso pubblico, ma a illustrarne i contenuti è stato il giornalista franco-svizzero Sylvain Besson nel libro “La conquista dell’Occidente: il progetto segreto dei Fratelli musulmani”, frutto del suo lavoro d’inchiesta e pubblicato nel 2005. Tali contenuti, a quasi quindici anni di distanza, sono ancor più inquietanti perché corrispondono a quel che sta accadendo oggi in Europa senza che i Fratelli musulmani incontrino ostacolo alcuno.

Il “Progetto” è composto da 25 punti che presentano le linee guida e le regole di condotta per le organizzazioni e i militanti affiliati alla Fratellanza e basati in Paesi occidentali, chiamati a creare reti di Fratelli Musulmani, mantenere un’apparenza di moderazione, infiltrare le altre organizzazioni islamiche per allinearle agli scopi del “Progetto”, evitare conflitti aperti con le autorità dei Paesi occidentali, utilizzare all’occorrenza la taqiyya, ovvero la dissimulazione, che rende lecito mentire e comportarsi in maniera occidentale fino quasi a infrangere i dettami religiosi per il superiore scopo d’ingannare l’infedele. Inoltre, il “Progetto” parla della necessità di raccogliere informazioni e costruire database, influenzare i media, creare think tank e gruppi di pressione, pubblicare studi universitari che promuovano le posizioni della Fratellanza. E ancora, dar vita a iniziative di sostegno sociale (scuole, ospedali, organizzazioni filantropiche), infiltrare affiliati all’interno delle istituzioni democratiche, nei partiti, nelle organizzazioni non governative e nei sindacati per porli al servizio della causa islamista. Il “Progetto” ha una visione di lungo periodo, in modo che venga portato avanti per più generazioni, e punta a far sì che i musulmani che vivono in Occidente abbiano una costante forma mentis jihadista.

Strumentale al conseguimento degli obiettivi del progetto è la formazione di alleanze con forze politiche occidentali progressiste, grazie alle quali giungere all’approvazione di leggi e all’implementazione di provvedimenti favorevoli. Il pensiero mainstream e politically correct delle cosiddette élites occidentali è, quindi, d’implicito supporto ai piani di conquista dei Fratelli musulmani. È stato grazie al sostegno e alla legittimazione di certi partiti politici e ambienti culturali che i Fratelli musulmani hanno potuto stabilire la propria egemonia ideologica sulle comunità islamiche in Occidente, rendendo possibile persino l’ingresso di esponenti dell’organizzazione nelle istituzioni a livello sia nazionale che locale. In particolare, il settore giovanile è un bacino da cui le forze progressiste europee e nord-americane continuano a reclutare ambigui personaggi da lanciare come leader politici, malgrado la loro malcelata affinità con l’estremismo. Internet custodisce infatti un’abbondanza di materiale compromettente che dimostra la loro “simpatia” per l’ex presidente egiziano Mohamed Morsi, Erdogan e i principali ideologi viventi dei Fratelli musulmani: lo Sheikh Yusuf al-Qaradawi – volto di punta di Al Jazeera legato a doppio filo a Qatar e Turchia, fautore della Primavera araba e riconosciuto leader spirituale dei Fratelli Musulmani di tutto il mondo – e Tariq Ramadan, nipote − guarda caso − di al-Banna e attualmente sotto processo in Francia per violenza sessuale.

L’avanzata dell’agenda islamista attraverso la permeazione di settori chiave delle società occidentali sta avvenendo malgrado le associazioni e i militanti dei Fratelli musulmani si rifiutino di aderire esplicitamente ai princìpi di libertà, tolleranza e uguaglianza uomo-donna sanciti dalle costituzioni dei Paesi di Europa e Nord America. Le più recenti aperture nei confronti dello Stato laico sono solo apparenti. Non si tratta di un’adesione sincera: l’obiettivo della Fratellanza è quello di sfruttare dall’interno gli ampi spazi di manovra offerti dalla democrazia e dal pluralismo, per proseguire nell’opera di condizionamento delle varie “casematte” del potere, secondo le linee guida del “Progetto”. In realtà, dietro il velo della taqiyya, i Fratelli musulmani mantengono ben salde le loro tipiche posizioni radicali e fortemente identitarie, che si contrappongono a un’autentica integrazione e continuano a essere veicolate da sedicenti imam in una vasta rete di moschee, luoghi di preghiera e associazioni culturali che fanno capo all’organizzazione in tutto l’Occidente, Italia compresa. Questi non sono riconosciuti ufficialmente dallo Stato e al loro interno vengono svolte attività di proselitismo, che hanno nel Qatar il loro principale finanziatore.

Aggiornato il 12 febbraio 2021 alle ore 09:47