Isole Salomone: scontro geopolitico tra Occidente e Cina

Scontri e assalti contro negozi e altre proprietà di cittadini cinesi nelle Isole Salomone. Questo arcipelago ex protettorato britannico, indipendente dal 1978, si adagia su circa mille isole e ha un sistema parlamentare pieno di autocrazia. Quasi tutti i premier si sono legati mani e piedi a Pechino, abbandonando di recente il riconoscimento di Taiwan come unico Stato cinese, in favore della dittatura del Pcc (Partito comunista cinese), Partito unico della Cina continentale.

Le Isole Salomone, di fronte all’estensione degli scontri (nella capitale Honiara è andata distrutta tutta l’area della locale Chinatown), hanno richiesto l’aiuto delle forze di polizia australiane. Da qui deriva una situazione schizofrenica, perché l’Australia fa parte di Aukus, il nuovo blocco anticinese del Pacifico, che vede in prima fila proprio l’Australia con Usa e Regno Unito. In questo quadro potremmo essere di fronte a un passaggio geopolitico delle Isole Salomone dalla parte cinese a quella occidentale. Anche le Isole Fiji hanno inviato 50 soldati in aiuto della forza internazionale di interposizione che, oltre all’Australia, vede anche la partecipazione di 34 uomini della Papua Nuova Guinea.

Le Isole Salomone in tre giorni di scontri hanno messo a nudo i problemi di una popolazione di 800.000 abitanti che è tra le più povere del mondo e che nel 1997 arrivò a scontri tribali sedati solo dall’arrivo di truppe internazionali. Nel 2006 si è evidenziata la faglia tra governi filocinesi e una popolazione che in quell’anno diede il via al primo pogrom contro i commercianti emigrati (o inviati) da Pechino, che inoltre contesta al Governo una corruzione crescente e pessime politiche economiche. Nei disordini sono morte tre persone, che potevano essere molte di più, visto che i rivoltosi hanno (invano) tentato di dare fuoco alla residenza del primo ministro e alla sede del Parlamento. Solo un largo uso di lacrimogeni e di spari (indirizzati verso l’alto, per avvertimento, si dice) ha bloccato l’assalto. Chinatown è praticamente rasa al suolo.

Sul tappeto restano problemi geopolitici che indubbiamente riguardano i rapporti tra il fronte occidentale e quello legato alla Cina, come la Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, che comprende anche la Russia, che comunque diffida sempre di Pechino, per esempio perché rifiuta di vendere alle forze armate cinesi i suoi sottomarini, di livello quasi simile a quelli americani, mentre quelli cinesi hanno una tecnologia largamente superata. Della Organizzazione di Shanghai fanno parte anche alcune Repubbliche dell’ex Sovietistan nell’Asia centrale, come Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Tra i Paesi osservatori vi sono India, Pakistan, Afghanistan, Bielorussia, Iran. Molte nazioni, come si vede, inclusi Stati che non sono esempi di democrazia e libertà, ma con una coesione politica finora molto insufficiente.

Gli scontri nelle Isole Salomone evidenziano che il confitto geopolitico si svolge anche lungo gli arcipelaghi del Pacifico, essenziali, come si vide nel corso della Seconda guerra mondiale per il controllo militare dello scacchiere asiatico. Ad esempio, la battaglia di Guadalcanal – l’isola su cui oggi sorge la capitale Honiara – segnò l’inizio della sconfitta dei giapponesi contro le forze navali di Usa, Australia e Regno Unito. Il Pacifico, però, oggi è decisivo anche al di fuori dei conflitti, per il controllo delle rotte commerciali tra Asia meridionale e resto del mondo.

Aggiornato il 29 novembre 2021 alle ore 16:57