Brexit, i risultati nel Regno Unito e il rapporto con l’Italia

Dopo poco più di un anno dall’inizio della Brexit, gli esperti economici del Regno Unito iniziano a presentare dati su perdite e benefici per l’economia nazionale. L’Ufficio del Bilancio britannico ha riportato che con l’uscita del Regno dall’Unione europea si è generata, nel corso dell’anno, una perdita del Pil del 4 per cento, a cui va aggiunto un’ulteriore perdita dell’1,5 per cento causata dall’emergenza sanitaria. La pubblicazione dei primi dati ufficiali post-Brexit ha attirato l’attenzione di Raffaele Trombetta, l’attuale ambasciatore italiano nel Regno Unito, giunto a Londra nel 2018 insieme alla moglie Victoria. In rapporto alla cooperazione economica e commerciale con Italia, l’ambasciatore ha diffuso dati economici che registrano un calo significativo delle attività con il Regno Unito.

“Il calo che stiamo vivendo non è semplicemente dovuto alla pandemia. Abbiamo vissuto un impatto negativo importante dovuto sia alla Brexit che all’emergenza sanitaria. Nel corso del 2019, l’Italia ha aumentato le esportazioni in tutto il mondo tranne che nel Regno Unito”, ha riportato alla stampa britannica l’Ambasciatore Trombetta. Il Regno Unito è una fetta importante per il mercato italiano che nel 2019 ha totalizzato più di 25 miliardi di euro di export. Il commercio tra i due Paesi è centrato su macchinari agricoli e industriali, automotive, mobili, food e wine e abbigliamento. Con la Brexit, le imprese italiane, caratterizzate da una tipica dimensione piccola e media, hanno dovuto rivedere le proprie pratiche commerciali, ostacolate dalle innumerevoli regole e dalle problematiche burocratiche frutto della nuova era economica post-Brexit.

Le esportazioni verso l’Europa di animali vivi, carni fresche, pesce e piante devono, dal gennaio 2021, essere sottoposte a controlli sanitari e fitosanitari (Sps) per individuare malattie, parassiti e altri contaminanti. I trader di tali merci dovranno pagare per qualsiasi licenza o certificato supplementare, nonché sostenere eventuali costi per le ispezioni fisiche ai posti di controllo frontalieri gestiti dai porti o dal governo. Le imprese che importano tali merci dall’Ue al Regno Unito non sono ancora state soggette a questi requisiti, ma questi saranno introdotti gradualmente nel corso del 2022.

Inoltre, gli scambi commerciali di beni sottoposti a trasformazioni dovranno dimostrare l’origine dei fattori produttivi, al fine di provare che un bene è prodotto localmente e quindi beneficia delle esenzioni tariffarie e contingentali concordate nel Trade and Cooperation Agreement. L’organizzazione Logistics Uk ha confermato che risulta essere più complicato per le aziende ottenere le dichiarazioni dai fornitori per confermare l’origine di materiale o componenti. La richiesta degli operatori commerciali alle istituzioni britanniche è quella di identificare una quantificazione dei costi ed individuare opportunità e soluzioni per alleviare il peso delle procedure amministrative e dei costi stessi per le imprese.

Aggiornato il 23 febbraio 2022 alle ore 11:35