Roulette Russia: il casinò della guerra

Si dice guerra ma si pronuncia Garbage (spazzatura). Montagne di macerie di città scomparse, sommerse dalle rovine; milioni di profughi fuggiti in ogni direzione, senza acqua, viveri e rifugio sicuro per mesi; infiniti lutti, dolori, ferite inguaribili e decine di migliaia di arti umani volati via per sempre, come in un dipinto surreale di Salvador Dalì; centinaia di miliardi di bilanci pubblici (soldi del contribuente, a Oriente come a Occidente) letteralmente esplosi e inceneriti con i proiettili, le bombe i missili fino a svuotare gli arsenali. E proprio qui sta il punto: una volta dato fondo alle scorte di armi, quanto tempo occorre per ricostituirle? Perché sarà proprio la durata minima di quel tempo a dire se l’aggressore la farà franca sull’aggredito. Sembra un dettaglio tecnico e, invece, è strategico. Lo chiarisce assai bene il The Times londinese in “Equipment losses could stop Moscow fighting more wars”, facendo i conti in tasca al sistema russo degli armamenti.

Si citano, in tal senso, le analisi del Center for Strategic and International Studies di Washington (certo, un osservatorio non del tutto disinteressato, ma in merito non c’è da attendersi maggiori elementi e trasparenza da nessuna delle due parti in conflitto), in base alle quali la produzione annuale stimata della Russia sarebbe di 250 tanks e di 150 aerei da combattimento. Sulla base di stime incrociate, l’Ucraina, grazie alle armi ultramoderne occidentali, avrebbe in questi due mesi distrutto l’equivalente di “due” anni di produzione russa per i tank e di dodici mesi per i caccia. Non sono chiare, né completate le analisi per quanto riguarda le riserve russe di missili, ma si ritiene che Putin abbia “sparato” sulle città e sulla popolazione ucraina parecchi anni di produzione missilistica russa.

Quindi, per nostra fortuna (ma ricordiamoci che non si tratta di un videogioco, in quanto a morire a decine di migliaia, su entrambi i fronti, sono comunque esseri umani come noi!) nel prossimo futuro Vladimir Putin sarà costretto a risparmiare anche sull’impiego dei suoi costosissimi missili ipersonici (gli stock relativi sarebbero stati ridotti del 70 per cento), adatti a centrare con grande precisione i bersagli. E questo anche perché i supermissili sono equipaggiati con sistemi ipersofisticati di navigazione, i cui componenti o sono sotto embargo, o risentono del contraccolpo globale sul regime degli scambi dovuto alla pandemia (vedi i lockdown cinesi anti-Covid imposti a immensi distretti industriali come quello di Shangai) e alla stessa guerra in Ucraina.

I servizi di intelligence di Kiev sostengono addirittura che si sia del tutto interrotta la catena di produzione dei tank ultramoderni russi T-90s e T-14 Armatas, mentre quella meno avanzata dei T-72 avrebbe subito notevoli rallentamenti. Del resto, la cosa non è inverosimile, facendo tesoro di quanto è trapelato da Mosca nel recente passato, in merito alle grandi ruberie sistemiche, da parte di oligarchi e vertici militari russi, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella spesa e nell’aggiudicazione degli appalti delle forniture per la difesa.

Proprio questa Cupola di fedelissimi dell’autocrate russo si è spartita gli enormi capitali (si parla di parecchie centinaia di miliardi di dollari) investiti per ordine diretto di Putin nella modernizzazione degli armamenti, in reazione all’epoca alle pessime prestazioni dell’esercito russo in Georgia nel 2008, oggi doppiate a quanto pare da analoghi risultati negativi sul campo, che hanno dato luogo al drastico ridimensionamento degli obiettivi della così detta Operazione speciale. Da qui l’esigenza, a quanto pare, di recuperare tutto il recuperabile dai vecchi magazzini di armamenti dell’era sovietica il che comporta, ovviamente, anche per gli stessi generali russi, seri problemi di operabilità e di addestramento delle proprie truppe per manovrare mezzi obsoleti di cui i soldati hanno scarsa conoscenza.

L’Ucraina, viceversa, grazie all’aiuto occidentale, non ha il problema di far arrivare i rifornimenti sul campo di battaglia, un po’ grazie alle linee corte di approvvigionamento (in quanto, per così dire, “gioca in casa”), un po’ anche a causa della disorganizzazione dei reparti logistici russi che il nuovo comandante in capo dovrebbe coordinare un po’ meglio, mettendo ordine alla confusione esistente e cercando, per quanto possibile, di motivare le proprie truppe per una migliore efficienza in combattimento. “Vaste programme”, direbbe il compianto generale Charles de Gaulle.

Ma anche per gli ucraini resistere alla spinta massiva dell’Armata Rossa sarà piuttosto complicato, visto che, stando a quanto dichiarato dallo stesso presidente Volodymyr Zelensky, 20 giorni di rifornimenti occidentali bastano appena per una settimana di combattimenti. Il che la dice lunga su quale tempesta di fuoco e di fiamme si stia attualmente abbattendo sul suolo ucraino! Ovviamente, data la fluidità degli avanzamenti e degli arretramenti sia di una parte che dell’altra, si può immaginare come il tracciamento dei tiri incrociati (magari per stabilire, in caso di stragi indiscriminate, la firma della bomba o del missile) tramite rete satellitare sia in tal modo del tutto privo di senso.

Ovviamente, per fermare il flusso di rifornimenti dall’estero all’Ucraina, i russi stanno esaurendo ancora più rapidamente le loro scorte di missili di precisione, tentando di colpire depositi e infrastrutture viarie e ferroviarie per il trasporto dei materiali (parti ricambio e kit smontati da riassemblare). Ma, dal punto di vista della Nato e dell’Occidente, anche rifornire di armi pesanti Kiev (dato per scontato che arrivino a destinazione), senza per questo essere individuati come co-belligeranti (cosa che in realtà siamo già!), non è proprio una passeggiata.

L’unico escamotage, quindi, per evitare il coinvolgimento diretto Nato è quello di svuotare i magazzini di armi e munizioni di epoca sovietica di cui abbondano i Paesi dell’Europa dell’Est (magari sostituendo mezzi blindati e aerei obsoleti con quelli occidentali di ultima generazione!), dato che i modelli di tank e di obici in dotazione all’esercito ucraino per l’uso immediato risalgono proprio a quell’epoca e, pertanto, necessitano di milioni di proiettili per armi leggere e pesanti che l’Occidente non è in grado di fornire, in quanto estranei alla sua produzione industriale militare.

La solita gara cat-and-mouse (identica a molte altre della Seconda guerra mondiale) che nessuno presumibilmente vincerà. L’unica speranza per la pace è che lo stallo arrivi il prima possibile, costringendo i due contendenti esausti a trovare un accordo per mettere fine a questo assurdo, rovinoso conflitto, a danno sia di chi è fuori (e a maggior ragione) di chi è ne è vittima dall’interno!

Aggiornato il 29 aprile 2022 alle ore 11:58