Israele, Netanyahu vuole più insediamenti

Com’era prevedibile Benjamin Netanyahu adotta la linea dura. Dopo gli attentati di Gerusalemme, il governo israeliano ha varato una serie di provvedimenti di “deterrenza” con l’obiettivo di colpire famiglie e fiancheggiatori dei terroristi. Accanto a questo – ha detto lo stesso premier – l’intenzione di intraprendere “passi per rafforzare gli insediamenti” nei Territori che “saranno presentati questa settimana”. Una mossa – sostenuta con forza dalla destra radicale degli alleati di governo del premier, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich – che potrebbe concretizzarsi proprio nell’arco temporale segnato dall’arrivo in Israele e Cisgiordania di Antony Blinken. Seppur fissata da tempo, la visita del segretario di Stato nordamericano ha finito per coincidere con l’attuale situazione di altissima tensione tra israeliani e palestinesi. E anche se il “rafforzamento” degli insediamenti è stato inserito dal governo Netanyahu nelle misure di reazione agli attentati, è tuttavia nota la posizione dell’amministrazione di Joe Biden a questo riguardo con la scelta della Soluzione a due Stati. Varate dal Consiglio di difesa e adottate dal governo, le misure hanno visto come primo atto l’apposizione dei sigilli – senza attendere la ratifica giudiziaria – alle case dei due attentatori palestinesi: quella nel quartiere di Gerusalemme est di A-Tur di Alkam Khairi, autore dell’attacco terroristico nei pressi della sinagoga di Neve Yaacov in cui il 27 gennaio sono stati uccisi 7 israeliani, e l’altra nel quartiere di Silwan del 13enne palestinese che ha ferito due israeliani, padre e figlio, nello stesso rione.

Le altre misure riguardano l’allargamento dei permessi per il porto d’armi, la revoca di residenza e cittadinanza “per le famiglie dei terroristi che sostengono il terrorismo” e il loro trasferimento nel Territorio dell’Autorità palestinese. Così come interventi sui diritti assicurativi e anche “il licenziamento immediato” senza “bisogno di una udienza” dei lavoratori che hanno sostenuto il terrorismo. Un ventaglio di iniziative su cui alcuni giuristi israeliani hanno espresso riserve. Intanto, Papa Francesco ha fatto “appello ai due governi”, israeliano e palestinese, e “alla comunità internazionale” per trovare “subito e senza indugio altre strade” per “il dialogo e la ricerca sincera della pace” contro “la spirale di morte” che aumenta di giorno in giorno. Ma la possibile mediazione di Blinken (cominciata in Egitto) è considerata dagli analisti una missione difficile. Arduo al momento far tornare indietro il presidente Abu Mazen – che Blinken vedrà a Ramallah domani – dalla decisione di fermare l’importantissimo Coordinamento di sicurezza con Israele, annunciato dopo gli scontri armati con l’esercito a Jenin in cui sono stati uccisi 10 palestinesi tra miliziani e civili. Altrettanto arduo, in questo momento, convincere il governo di Netanyahu – che il segretario di stato nordamericano vedrà oggi a Gerusalemme – sugli insediamenti e sulle frange radicali del suo esecutivo riguardo ai diritti civili. Unico punto – che tuttavia sarà il primo nel confronto di oggi a Gerusalemme, insieme all’Ucraina – è l’Iran

Aggiornato il 30 gennaio 2023 alle ore 12:18