Dove va Erdogan? A casa

Come si sente il presidente Recep Tayyip Erdoğan alla vigilia delle prossime elezioni legislative in Turchia, previste per il 14 maggio? Certamente, oggi più di ieri, il Raïs si vede assediato dal fantasma di Mustafa Kemal Atatürk, del quale in vent’anni ha praticamente cancellato la grande rivoluzione laica per la modernizzazione della Turchia. Per inciso, secondo la Costituzione kemalista, a guardia della laicità dello Stato e in qualità di custode della Carta stessa contro i possibili tentativi eversivi dei movimenti islamici venne posto l’Esercito turco, e come tale autorizzato anche a eseguire colpi di Stato per difendere la secolarizzazione. Così, si capisce perché contro il fondamentalista Erdogan sia scattato un riflesso conservativo dell’apparato militare, come quello del fallito colpo di Stato del 2016. Poiché a ogni azione corrisponde una reazione uguale e di segno contrario, salvato il suo potere, Erdogan ha fatto ricorso a un’impressionante ondata di epurazioni per una radicale accelerazione del processo di de-laicizzazione della società turco-musulmana. Ora, a seguito del tremendo terremoto del 6 febbraio, quale sarà il suo destino? Un esempio per tutti darà l’idea dell’attuale temperatura media misurata sull’intero universo degli umori elettorali.

Quando a seguito del doppio sisma (7,9 prima e, poi, 7,5 della scala Richter nello stesso giorno) iniziò a bruciare il porto di Iskenderun nel Sud della Turchia, inutilmente i soccorritori alzavano gli occhi al cielo in attesa dei Canadair, mentre a terra i pochi Vigili del fuoco latitativano, dovendo dividersi tra mille altre chiamate di soccorso. Intanto il mare, per effetto del terremoto, dilagava di 200 metri sull’intera costa, invadendo le strade più vicine, in modo tale da impedire ai terremotati di fuggire in auto. E qui, a Iskenderun come in mille altri posti, nei primi giorni del post-terremoto lo Stato turco si è rivelato assente: in giro dopo le grandi scosse c’era solo un esercito di volontari civili, che portavano ai sopravvissuti generi di conforto e coperte, mentre i minatori, abbandonato il lavoro, avevano messo i ferri del mestiere e l’esperienza a disposizione della loro comunità colpita. Questi terribili ritardi quanti voti perduti varranno a Erdogan? Malgrado l’annuncio trionfante del presidente turco di aver salvato nell’area di Iskenderun 8mila persone, estratte vive dalle macerie, i suoi cittadini continueranno nelle urne a chiedergli conto e ragione del fatto che altre migliaia di vittime avrebbero potuto essere salvate, se si fossero meglio coordinati i soccorsi e se i servizi pubblici fossero stati più efficienti e reattivi.

Proteste e contestazioni del tutto ragionevoli queste ultime: in un Paese ad alto rischio sismico (come da decenni non si stanca di ripetere la Comunità scientifica mondiale) non si riesce a giustificare questa imperdonabile, criminale défaillance dei servizi pubblici statali, soprattutto per quanto riguarda il potenziamento nei mezzi tecnici e negli organici della protezione civile e dei Vigili del fuoco. La verità disarmante è che le pubbliche autorità si sono rivelate letteralmente incapaci di dare attuazione e far rispettare il corposo apparato legislativo antisismico, varato in conseguenza del disastroso terremoto del 1999 che distrusse Izmit, facendo 18mila morti. Il malaffare e la corruzione parlano attraverso le macerie degli edifici, con alcuni palazzi che qui sono crollati sulle loro stesse fondamenta, mentre invece altri adiacenti, ad appena qualche decina di metri di distanza dai primi, restano in piedi, malgrado abbiano subito le stesse scosse e i loro cardini gravino su di un suolo condiviso. La risultante politica di tutto ciò si sintetizza in uno stato di corruzione generalizzata, coniugata all’interessata, concussa latitanza dei controlli che competevano ai pubblici poteri.

E poiché tutto ricade nel Regno dell’Usura, di creazione e copyright esclusivamente umano (rappresentato dal Mito del Denaro fine a se stesso di chi lo crea a tasso zero e lo rivende a tasso dieci o cento), anche nel caso della lotteria degli edifici che stanno in piedi e di quelli che crollano su di sé, il primo parametro da ricercare è il ferro sottodimensionato nel cemento armato, per guadagnare sugli appalti e sulle costruzioni. La prova? I sottili tondini d’acciaio, che emergono dalle colline di macerie come orridi legni contorti e oscuri, sono buoni per tenere in piedi una villetta ma non un edificio di venti piani. Ed Erdogan è il primo colpevole, il vero mallevadore di questo stato illecito di cose, avendo lanciato nel 2018, per mere ragioni elettorali, una vera e propria ondata di “amnistie immobiliari”, che ha consentito, previo il pagamento di una lieve ammenda, la regolarizzazione di ben 6 milioni di immobili, costruiti o ingranditi senza la necessaria autorizzazione! E siccome la Turchia è un regime autocratico e poiché la protesta si sta allargando a macchia d’olio nel Paese, il potere ha già lanciato il suo avvertimento mafioso e intimidatorio, per cui già dal secondo giorno dopo la catastrofe il presidente ha tenuto a mettere in guardia i “mentitori senza onore”, nel senso che saranno severamente puniti coloro che oseranno soltanto nell’avventurarsi a criticare l’intervento dello Stato nelle circostanze del terremoto.

E siccome, a quanto pare, i “mentitori” si annoverano per decine di milioni e le prigioni non bastano per tutti, il giorno stesso dell’avviso minaccioso di Erdogan al suo popolo è stato oscurato Twitter, il social più diffuso in Turchia! La ragione? Secondo le autorità locali, la misura si è resa necessaria per contrastare la “disinformazione” (Vladimir Putin docet), mentre è vero tutto il contrario, dato che attraverso Twitter si è reso possibile coordinare un minimo di interventi delle équipe di soccorso. E siccome la lotta politica oggi si fa con i colpi bassi, sia il Partito presidenziale dell’Akp, sia quello alleato di estrema destra dell’Mhp si sono precipitati ad attaccare politicamente gli attori dell’aiuto umanitario, che hanno portato sostegno a 1,5 milioni di sinistrati nel dopo-terremoto. Accanendosi, in particolare, contro l’Ong Ahbap, fondata dal cantante folk di sinistra, Haluk Levent, che ha raccolto donazioni per decine di milioni di euro. Idem, per un carico di aiuti umanitari inviato a Izmir dal partito turco di opposizione Hdp, i cui operatori sono stati manganellati dalla polizia turca, non essendosi dotati delle necessarie autorizzazioni rilasciate dalla locale prefettura.

A questo punto, è chiaro fin d’ora che se il regime non riuscirà a rinviare con la scusa del terremoto le imminenti elezioni del 14 maggio (in cui, come al solito, l’opposizione non è pervenuta all’individuazione di un candidato unico da contrapporre a Erdogan!), allora sarà bene che la Comunità internazionale si dia dei mezzi adeguati per controllare la regolarità del voto e denunciare gli abusi. Difficile però che lo slittamento passi, dato che la Costituzione vigente fa obbligo di celebrarle entro il 18 giugno, salvo un voto contrario del Parlamento, motivato dallo “stato di guerra”. Improbabile, quindi, se non impossibile che l’opposizione possa votare in tal senso. Pare inoltre scontato, conoscendo il personaggio, che Erdogan calerà la Spada di Brenno in merito alla richiesta di aiuti internazionali (centinaia di miliardi di dollari in donazioni che, altrimenti, costerebbero molto più cari a una lira turca che svaluta a doppia cifra ogni anno!), in cambio del semaforo verde all’entrata della Svezia nella Nato e, soprattutto, per tenersi o fermare alla propria frontiera quei profughi siriani che tenteranno l’impossibile (ammassandosi nei barconi della speranza!) per fuggire in Occidente, avendo perduto tutto nella loro Patria.

Ma l’autocrate turco farà bene a tenere conto della Storia: lui stesso, infatti, arrivò al potere a seguito del terremoto del 1999 grazie in parte all’indignazione popolare suscitata dal fallimento dei soccorsi da parte dello Stato. E lui sa bene di dover tenere in considerazione nella sua campagna elettorale che proprio un fatto simile, ben più grave, è “già” accaduto e sta ancora accadendo, a seguito del terremoto del 6 febbraio. E potrebbe costargli il potere!

Aggiornato il 08 marzo 2023 alle ore 10:52