Dalla “marcia” alla “farsa” su Mosca: Prigožin come Coriolano?

Un giorno all’inizio della strana estate 2023, un personaggio calvo, dall’aspetto goffo e dal fare truce, di professione magnate della ristorazione e capo di una milizia paramilitare, Evgenij Prigožin, decide con il suo piccolo esercito personale circa 25mila uomini a fronte di quello russo di quasi 2 milioni di effettivi, di marciare verso Mosca per risolvere una volta e per tutte le questioni politiche e militari che affliggono la federazione e fors’anche per deporre l’attuale presidente Vladimir Putin, anche se poi ha smentito che questo fosse il suo obiettivo finale. Lo spettacolo è servito! si vedono in televisione carri armati entrare pacificamente a Rostov, milizie che occupano come dei “sessantottini” in grigioverde le sedi dell’amministrazione pubblica, soldati regolari ed esponenti di questa formazione mercenaria (la Wagner) passeggiare insieme, netturbini che continuano il loro lavoro come se nulla fosse accanto alle autoblindo, cittadini che applaudono al loro passaggio e donne che portano dolcetti ai carristi. Quello che però non si vede è l’esercito regolare intervenire, né le forze di polizia, né i servizi segreti e nemmeno le unità speciali. Solo qualche accenno di reazione, più verbale che altro, dal Ramzán Kadýrov, forse per dire ci sono anche io.

Sembrava un destino segnato: la “marcia su Mosca” riuscita, Putin a breve deposto e l’Occidente liberato dal suo nemico numero uno. E tutto per merito dei più feroci combattimenti nazionalisti russi. Abbiamo ascoltato da tutti i tipi di commentatori, ex militari oramai in pantofole, ambasciatori, esperti di geopolitica, politici e giornalisti di ogni latitudine affermare che la destabilizzazione della Federazione Russa era in corso e che a breve ci sarebbe stato un bagno di sangue alle porte di Mosca. A osservatori attenti però non sfuggiva che l’unica notizia che si sentiva era quella che non si avevano notizie del presunto tentativo di golpe. A un certo punto arriva il colpo di scena “contrordine compagni il golpe non è un golpe e la rivolta non è una rivolta”. Ma allora, avrebbe detto il comico siciliano Franco Franchi, “chi schifiu è”, visto che Putin resta al Cremlino e la Russia continua la guerra di invasione dell’Ucraina?”. È solo una marcia per la giustizia, si affretta a dire Prigožin.

Intanto, abbiamo visto in diretta social il remake del film Coriolanus (2011) diretto ed interpretato da Ralph Fiennes e ispirato ad una tragedia di William Shakespeare, in cui il generale Caio Marzio detto Coriolano, passato da eroe a traditore per le trame complottiste dei tribuni della plebe, giura vendetta e marcia su Roma per raderla al suolo. Alla fine, verrà fermato a pochi chilometri dalla città dall’intervento della madre e del suo mentore Menenio. La particolarità del film sta nell’ambientazione moderna, con tanto di armi da fuoco automatiche, carri armati e telegiornali. Magari uscirà la notizia tra qualche giorno che pure la mamma del pelato pietroburghese, la signora Violetta Prigožina, a cui sono state ritirate le sanzioni dall’Unione europea, ha chiamato il figlio guerriero dopo Aljaksandr Lukašėnka per farlo rinsavire. In fin dei conti anche per un miliziano la mamma è sempre la mamma.

La realtà supererà la finzione e Mosca tornerà ad essere la Terza Roma? Mah, vedremo. Solo una cosa pare certa, per due giorni il mondo è rimasto a guardare quello che succedeva sull’autostrada Rostov-Mosca, cioè nulla, distogliendo l’attenzione dai movimenti di truppe a nord di Kiev e dal dislocamento di armi nucleari tattiche sul territorio della Bielorussia, il cui presidente Aljaksandr Lukašėnka è stato il protagonista del dietrofront dei wagneriani, secondo quanto dice la Tass, l’agenzia di informazione governativa russa. Cosa sia realmente stata questa sfilata del gruppo paramilitare Wagner lo capiremo solo tra qualche settimana. Se è stata tutta una messinscena orchestrata da Putin e dal suo fidato amico Prigozhin o una vera e propria rivolta anti-establishment. Molto significativo però l’assordante silenzio cinese sulla questione e la “commovente” lettera sui Panda del presidente Xi Jinping. Per adesso possiamo dire che, come afferma Tony Capuozzo, l’autocrate Putin si è solo rafforzato.

All’interno perché ha dimostrato che grazie a questi mercenari, tenuti al guinzaglio da Lukašėnka, può colpire gli altri centri di potere della federazione, come i ministeri, lo stato maggiore e gli oligarchi, in un giorno o più, senza trovare resistenza né nei civili né nei militari. Tesi peraltro sostenuta anche dall’ex deputato oppositore il miliardario russo Il’ja Ponomarëv in esilio in Ucraina dal 2016 capo della Legione per la libertà della Russia. Al contempo lo “Zar” potrà, con la scusa del tentato golpe, emanare ulteriori provvedimenti restrittivi e liberticidi nei confronti dei suoi detrattori sia dentro che fuori la Duma, mettendo a sedere chi pensava di prenderne il posto in un modo o in un altro. All’esterno perché ha dislocato le armi nucleari tattiche dove ha voluto mentre l’opinione pubblica mondiale era intenta a tifare per la riuscita del “quasi” colpo di stato. Inoltre, ha mandato un chiaro messaggio ai suoi competitor internazionali “se cado io quello che arriva dopo è solo peggio di me ed è con lui che dovrete fare i conti”. Forse avranno detto in tanti nelle cancellerie occidentali, meglio il “cattivo” che conosciamo che il “buono” di cui sappiamo ancora molto poco.

Un altro aspetto non secondario è il fatto che al passaggio del gruppo Wagner la popolazione civile esultava e cantava, non come si vuole far credere perché li vedeva come dei liberatori dalla dittatura putiniana, ma perché li percepisce come degli eroi che avevano combattuto una II guerra patriottica, quella contro la povera Ucraina, per la salvezza della grande madre Russia, testimoniando che il sostegno morale al conflitto di aggressione è ancora alto nell’opinione pubblica della federazione, e di questo sarebbe bene che l’Occidente né prendesse atto una volta e per tutte. La Russia non è, e forse non lo sarà mai, una liberaldemocrazia ma il suo opposto: una società chiusa, magico tribale, dove prevale l’idea della difesa della propria identità (culturale, religiosa e politica) e territorialità a tutti i costi, anche a fronte di terribili distruzioni e stragi dentro i propri confini. Quella che è apparsa come una “marcia” è diventa una “farsa” su Mosca, stiamo attenti però a che non diventi una tragedia.

Aggiornato il 28 giugno 2023 alle ore 14:12