Guerra del grano: boomerang dell’Occidente

L’incontro a Sochi tra il presidente Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdoğan per cercare di trovare un accordo per l’esportazione di grano prodotto in Ucraina è stato universalmente considerato dai media un fallimento, adducendo come motivazione il “ricatto” di Putin. Nessuno, però, si è preoccupato di analizzare oggettivamente le motivazioni che hanno reso vano il tentativo diplomatico del presidente turco.  Le ragioni del mancato accordo sembrerebbero legate al divieto, imposto dall’Occidente, di esportazione dei prodotti agricoli e dei concimi confezionati in Russia. La richiesta ad Erdoğan, da parte del presidente russo per sottoscrivere l’accordo è stata la rimozione dell’embargo occidentale contro l’export di grano e di fertilizzanti realizzati nella Federazione Russa e il conseguente ripristino dei pagamenti Swift alla Banca agricola russa oltre alla richiesta di sblocco dei beni congelati in Europa alle aziende russe che producono gli stessi fertilizzanti.  La guerra all’autarca russo, può giustificare l’embargo all’export di grano e di fertilizzanti nei confronti della Federazione Russa?

È dirimente il divieto di vendita di cereali russi sulle sorti della guerra in Ucraina? Per paradosso la disponibilità da parte di Vladimir Putin di riaprire all’accordo per la vendita del grano prodotto in Ucraina, se l’Occidente rimuove l’embargo alle esportazioni dei cereali e dei fertilizzanti russi, è un punto a vantaggio dell’autarca russo e della sua propaganda antioccidentale. A rafforzare le sue ragioni, Putin ha annunciato che nelle prossime settimane invierà a sei Paesi africani poveri (Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Repubblica Centrafricana ed Eritrea) forniture gratuite di grano e derrate alimentari. Il presidente russo potrà così veicolare ai Paesi non allineati alla Nato, che non è la Russia che affama i Paesi poveri e che gli alti prezzi delle derrate agricole sono anche dovuti all’embargo delle esportazioni dei prodotti agricoli russi.

La maggiore offerta di cereali sul mercato determinerebbe naturalmente una riduzione dei prezzi dei beni alimentari primari. La recente riunione dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che ha deciso, in contrapposizione agli Stati Uniti e al dominio del dollaro negli scambi internazionali, l’ampliamento dell’alleanza  ad altri sei Paesi (Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) farà ulteriormente crescere l’influenza dei “Paesi non allineati” e della stessa Federazione Russa in aree del mondo che “da tempo non guardano con simpatia” agli Stati Uniti e all’Alleanza Atlantica. Non sarà facile contrastare mediaticamente l’assist che l’Occidente ha fornito alla propaganda di Vladimir Putin. Ci possiamo giurare: utilizzerà, sia in patria che nel resto del mondo, l’argomento forte secondo cui, per combattere la Russia, gli Usa e la Nato sono pronti alla guerra del grano. Limitazione all’esportazione che danneggerà soprattutto i Paesi più deboli che hanno vitale bisogno della materia prima per sfamare la loro popolazione. Come si potrà giustificare il fatto che esiste un grano buono – quello coltivato in Ucraina – e un grano cattivo quello prodotto in Russia? Effetto boomerang!

Aggiornato il 06 settembre 2023 alle ore 13:25