Iran, rilasciate due reporter dopo 17 mesi

Niloufar Hamedi ed Elaheh Mohammadi sono i loro nomi. Entrambe sono due reporter rimaste dietro le sbarre per 17 mesi. Il motivo? Hanno denunciato la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda che, nel settembre del 2022, è deceduta dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale: la sua colpa è non aver indossato il velo in modo corretto. Da quel momento, nel Paese, è divampata la protesta.

Secondo quanto appreso, le reporter sono uscite dal carcere di Evin. In base alle informazioni che hanno cominciato a circolare sui media locali, la Corte d’appello ha dato l’ok al rilascio con una cauzione di 100 miliardi di rials per ognuna, poco più di 2mila euro. Hamedi à una fotoreporter del quotidiano riformista Shargh, Mohammadi del quotidiano riformista Ham-Mihan. Su di loro pende la condanna, decretata a ottobre, rispettivamente a 13 e 12 anni di carcere per “collegamento con uno Stato ostile (gli Usa)”. Gli altri capi di accusa sono “raccolta e collusione contro la sicurezza nazionale” e “propaganda contro il sistema”. Le croniste resteranno fuori dal carcere fino quando la Corte d’appello non prenderà una decisione. Al momento, per tutte e due sono vietati i viaggi all’estero. Per Hamedi e Mohammadi, però, sembra non esserci pace. Infatti, la magistratura iraniana avrebbe aperto un nuovo fascicolo che riguarda entrambe, in quanto sono apparse senza hijab dopo il rilascio temporaneo.

La situazione, comunque, continua a restare delicata per chi si oppone al regime. Una settimana fa, ad esempio, il cantante pop iraniano, Mehdi Yarrahi, è stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione e a 74 frustrate da un tribunale rivoluzionario per aver pubblicato una “canzone illegale” che, in pratica, contestava l’obbligo per le donne di portare il velo in pubblico. Questo è quanto rivelato, su X, dal suo avvocato. L’artista, 42 anni, era stato arrestato alla fine del mese di agosto, dopo l’uscita della canzone Roosarito (Togliti il velo), a poche settimane dall’anniversario della morte di Mahsa Amini. Yarrahi, che a ottobre era stato rilasciato su cauzione, aveva sostenuto le dimostrazioni antigovernative scoppiate dopo la morte della 22enne curda. Inoltre, aveva anche pubblicato un altro brano a supporto delle proteste, dal titolo L’inno delle donne.

Aggiornato il 15 gennaio 2024 alle ore 16:56