I peccati dell’Unrwa: l’Onu che piace ad Hamas

Se la Russia di oggi è “l’economia del Kalašnikov”, che cos’è Hamas se non il soggetto che si dedica alla rapina sistematica degli aiuti internazionali per la “sua” guerra anti-israeliana? Del resto, la contabilità dei tunnel basta e avanza per dimostrarlo. Cosicché, per la follia nichilista di una milizia fondamentalista, un’intera società, quella palestinese, è stata lasciata andare alla sua completa rovina economica, anche e soprattutto grazie ai capi che si è scelta. Non se ne era davvero accorto nessuno che Hamas stava costruendo un’intera economia di guerra volta all’annientamento dello Stato di Israele e, soprattutto, alla cancellazione della presenza ebraica dal Medio Oriente? Che cos’è questo, se non un progetto a lungo termine di genocidio, basato sulla persecuzione politico-religiosa? Ed è un fatto che Hamas, come dichiarato dai suoi stessi capi, abbia potuto sottrarre miliardi di dollari di donazioni al suo popolo perché ne delegava la cura e l’assistenza a organismi internazionali come l’Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East). Cioè, all’Agenzia Onu che, guarda caso, era nata nel 1949 con l’unico obiettivo dell’assistenza ai profughi palestinesi: 700mila in origine (quelli della “Nakba”), divenuti poi ben 6 milioni. Questo perché l’Agenzia, con il sostegno del Palazzo di Vetro, ritenne di estendere il riconoscimento di profugo (letteralmente: “persona che cerca rifugio lontano dai conflitti armati”) a tutti i loro discendenti, fino alla quarta generazione. Una vera e propria follia, come si vede. Per il resto del mondo, in realtà, ai “veri” rifugiati provvede per statuto l’Unhcr.

Infatti, dal punto di vista strettamente giuridico, tale status spetterebbe soltanto a poche decine di migliaia di persone, dato che la maggior parte dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania non sono affatto tali. E non lo sono nemmeno molti di quei 6 milioni che, dopo il 1949, hanno trovato ospitalità in altri Paesi arabi (o occidentali), diventandone in non pochi casi cittadini a pieno titolo, come in Giordania, dove risiedono 2 milioni di palestinesi, anche questi ultimi paradossalmente “assistiti” dall’Unrwa. Resta pur vero che l’Egitto si è sempre rifiutato di riconoscere la cittadinanza ai profughi palestinesi post-1967, così come ha fatto la Siria, facendone dei cittadini di Serie “C”, privi del diritto di voto e di possedere delle terre. E in Libano funziona ancora peggio, con i palestinesi che non solo sono esclusi dai diritti di proprietà, ma non hanno neppure accesso ad alcuni servizi pubblici, né possono assumere impieghi governativi. Bella solidarietà araba! Del resto, l’Unrwa mantiene in vita questi milioni di falsi profughi perché il montante dell’aiuto umanitario di cui ha bisogno si calcola pro-capite (su finti milioni di aventi diritto!), nutrendo così false speranze per il ritorno in Palestina dei discendenti della Nakba! Per statuto, infatti, lo scopo dell’Agenzia è aiutare i rifugiati di Palestina in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza, in attesa di una soluzione equa alla loro condizione.

Tra le competenze dell’Unrwa si citano l’istruzione, l’assistenza sanitaria, servizi di soccorso e sociali, infrastrutture e miglioramento dei campi, microcredito e assistenza durante le emergenze. Il suo mandato triennale è stato più volte rinnovato dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite. E sarebbe bene non rinnovarlo ancora, affidando tale compito ad altre Agenzie internazionali a prova di infiltrazione e di condizionamento da parte dei terroristi di Hamas! L’abolizione dell’Unrwa è dettata da molte ragioni, di cui le principali sono analizzate di seguito. In primo luogo, la collocazione “fisica” dei suoi uffici in Cisgiordania e, soprattutto a Gaza, ha creato in quest’ultimo caso un’indissolubile contiguità con chi, senza soluzione di continuità dal 2007, governa in modo dittatoriale la Striscia, eliminando anche fisicamente qualunque fonte interna di dissenso. E si capisce bene come molti suoi impiegati palestinesi siano filo Hamas, e persino che si lascino coinvolgere direttamente nelle operazioni armate della sua milizia, come ha dimostrato inconfutabilmente il Governo israeliano, fornendo dettagliate indicazioni sulla partecipazione diretta al pogrom del 7 ottobre 2023 di 12 impiegati palestinesi dei 13mila a libro paga dell’Unrwa. Del resto, come operare in un luogo come quello se non addivenendo a compromessi con chi comanda, facendo finta di non vedere tunnel, armi, e rifugi sotterranei che passano sotto ospedali, scuole e uffici sotto il controllo dell’Agenzia?

Come si fa a proteggere una popolazione indifesa, se non venendo a patti con il diavolo islamista, per il semplice fatto che quest’ultimo può fare il bello come il cattivo tempo, rendendoti la vita molto difficile stando sul posto? Non per nulla, chi voleva indagare sulle collusioni Hamas-Unrwa, è stato minacciato di morte e non di certo dagli israeliani! Questo ha fatto sì che nel tempo l’Unrwa sia risultata la principale datrice di lavoro per i palestinesi dell’area, impiegati nell’assistenza umanitaria, sanitaria e scolastica, con programmi per la scuola dell’obbligo intrisi letteralmente di odio anti-israeliano e vidimati da Hamas. Ora, come è possibile che il direttore generale dell’Unrwa, lo svizzero Philippe Lazzarini, dichiari senza remore di sorta che nessuno all’Onu ne sapesse nulla né dei tunnel, né della partecipazione di impiegati palestinesi dell’Unrwa all’eccidio del 7 ottobre? Chiaramente, non è credibile. Infatti, malgrado Lazzarini cadesse dal pero, Paesi di importanza fondamentale per il finanziamento dell’Agenzia, come gli Usa e la Germania, hanno sospeso i loro aiuti. Ragione in più per togliere per sempre di mezzo l’Unrwa e i suoi impiegati palestinesi filo-Hamas, lasciando il compito universale della tutela dei profughi all’Unhcr, com’è giusto che sia.

Aggiornato il 28 febbraio 2024 alle ore 09:37