L’impianto russo di armi nucleari vende isotopi alla Svezia

Attraverso società legate al Gru

Da quando la Russia ha iniziato la guerra di aggressione su larga scala contro l’Ucraina, Mosca continua a paventare la minaccia di un’apocalisse nucleare come possibile ritorsione per il supporto occidentale all’Ucraina. Nel frattempo, la Russia è riuscita a infrangere due trattati internazionali sulla regolamentazione delle armi nucleari, testare il missile a propulsione nucleare Burevestnik, schierare armi nucleari tattiche in Bielorussia e più di una volta mettere a rischio l’integrità del reattore della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Allo stesso tempo, l’industria nucleare è una delle poche in cui l’Unione europea non è riuscita a imporre sanzioni al Cremlino. La Russia occupa ormai quasi la metà del mercato mondiale per la fornitura di uranio arricchito. Dopo il 2011, i Paesi occidentali iniziarono ad abbandonare la produzione di combustibile radioattivo a causa del disastro della centrale nucleare di Fukushima. La Russia, al contrario, ha deciso di occupare quel mercato. Inoltre, il monopolista di Stato Rosatom riunisce sotto la sua ala protettrice tutte le imprese russe che lavorano con l’energia nucleare.

La sua struttura comprende aziende per l’estrazione, la lavorazione e l’arricchimento dell’uranio, formando un ciclo produttivo completo, di cui non dispongono i Paesi occidentali. Nel 2022, nonostante la guerra, le esportazioni di Rosatom sono aumentate del 15-20 per cento. Sebbene il commercio di elementi nucleari della Russia verso l’Ue non sia soggetto a sanzioni, i giornalisti di Expressen hanno scoperto un canale anomalo per la fornitura di isotopi russi alla Svezia. Da nove anni, gli isotopi vengono consegnati da aziende associate al Gru, il Servizio di intelligence militare russo. Già un anno fa un’inchiesta aveva smascherato Sergei Skvortsov ed Elena Kulkova, una coppia russa – proveniente dalla Svezia – formata da due agenti del Gru.

Sono stati accusati di spionaggio e di fornitura di attrezzature all’industria militare russa attraverso una rete di società europee. I russi vennero arrestati dalle forze di sicurezza svedesi. La rete di società affiliate a Skvortsov comprendeva le società di spedizioni svedesi Vealog Ab e Bdp-International Ab. Con il loro aiuto, Skvortsov ha inviato in Russia attrezzature sanzionate. Inoltre, negli ultimi nove anni, le aziende hanno importato in Svezia isotopi russi, come risulta dal database doganale russo. Entrambe le società sono state fondate da Vyacheslav Kaizin, elemento con doppia cittadinanza moldava e svedese, dapprima sospettato di spionaggio insieme a Skvortsov, e poi divenuto testimone chiave dell’indagine. Gli isotopi pacifici arrivati in Svezia sono stati prodotti dalla tutt’altro che pacifica Fsue Elektrokhimpribor Combine, che fa parte del sistema imprenditoriale Rosatom. Questa azienda produce testate nucleari.

La costruzione dell’impianto iniziò nel 1947, e con esso un insediamento segreto con nome in codice Sverdlovsk-45. La città è stata costruita dai prigionieri del Gulag. Inizialmente, l’impianto era impegnato nella separazione degli isotopi, ma nel 1951 il suo obiettivo principale sarebbe stato la creazione di armi nucleari: 60 testate all’anno. Due anni dopo, Elektrokhimpribor avrebbe prodotto un componente per la prima bomba all’idrogeno sovietica. Dopo il crollo dell’Urss, Sverdlovsk-45 fu declassificata e ribattezzata la città di Lesnoy. Ma rimane ancora uno dei luoghi più chiusi della Russia, perché la produzione di armi nucleari è chiaramente un segreto di Stato. Uno straniero può entrare in città solo con un permesso speciale: se una persona può entrare o meno lo decide l’Fsb e il servizio di sicurezza dell’impianto. Così, nel profondo degli Urali, dietro la cortina di filo spinato, le recinzioni e i posti di blocco, vivono ancora oggi 48mila persone.

La produzione di bombe atomiche è sempre stata l’attività principale dello stabilimento. Già negli anni Ottanta gli isotopi venivano esportati all’estero, il che rendeva possibile guadagnare valuta estera. A giudicare dal database doganale della Federazione Russa, Vealog Ab ordina gli isotopi a Elektrokhimpribor. Un’altra società svedese che ha ordinato isotopi russi è la Neonest Ab. Appartiene a un russo con cittadinanza svedese, Pyotr Vasiliev. L’azienda di Vasilyev vende apertamente isotopi su Internet all’indirizzo buyisotopes.com. Vasiliev ha confermato che collabora con Vealog Ab e Bdp-International Ab e che lo stanno aiutando a organizzare la consegna degli isotopi in Svezia. Expressen è riuscita a identificare due clienti di Neonest Ab. Si tratta del Laboratorio Angström e del Karolinska Medical Institute, che hanno ordinato un lotto di isotopi nel 2018.

Neonest Ab fornisce prodotti Elektrokhimpribor all’Occidente dal 2012: durante questo periodo ha effettuato più di 50 spedizioni. Dopo aver ridotto la dipendenza dalle risorse naturali russe, l’energia nucleare potrebbe diventare una nuova leva di pressione sull’Unione europea. Il Cremlino aggancia l’Europa al suo combustibile nucleare da molto tempo. Le centrali nucleari in Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria e Slovacchia utilizzano reattori nucleari di fabbricazione russa che funzionano solo con uranio russo. Il rifiuto di fornirlo potrebbe tagliare l’elettricità a diversi Paesi: Ungheria e Slovacchia ricevono circa la metà di tutta l’elettricità dalle centrali nucleari, e Bulgaria, Repubblica Ceca e Finlandia circa un terzo. Pertanto, abbandonare l’energia nucleare russa sarà più difficile che abbandonare petrolio e gas. In questo momento Rosatom sta costruendo 22 centrali elettriche in 7 Paesi diversi, e queste strutture avranno bisogno di carburante, manutenzione e consulenza da parte del monopolista per molto tempo. Nel 2022, il portafoglio di ordini esteri della società statale ammontava a 200 miliardi di dollari. Questa statistica suscita preoccupazione tra gli esperti occidentali, perché il Cremlino ha fatto più volte ricorso al ricatto del gas e del nucleare. L’atomo pacifico potrebbe rivelarsi un’altra arma nella guerra geopolitica di Vladimir Putin.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza

Aggiornato il 06 marzo 2024 alle ore 11:27