Nessuna pace è possibile se l’Ucraina non sarà al sicuro da future aggressioni russe

Una serie di notizie nelle ultime settimane hanno riacceso il dibattito latente su un possibile accordo di pace per porre fine all’invasione russa dell’Ucraina. Sebbene nessuna delle ipotesi formulate abbia fornito una tabella di marcia plausibile verso una soluzione sostenibile, hanno comunque contribuito a evidenziare alcuni dei principali ostacoli che impediscono il ritorno al tavolo dei negoziati. Il primo sviluppo significativo è stata la pubblicazione, il 1° marzo, da parte del Wall Street Journal del progetto di accordo di pace redatto durante le fasi iniziali dell’invasione prima di essere abbandonato a causa di una interruzione dei colloqui. Il presidente russo Vladimir Putin ha più volte fatto riferimento a questo documento come presunta prova della sua disponibilità a porre fine alla guerra, ma – a suo dire – sarebbe stato respinto dall’Ucraina in seguito all’intervento dei partner occidentali di Kyiv. Ad un esame più attento, tuttavia, è chiaro che i termini proposti da Mosca nell’aprile 2022 avrebbero lasciato l’Ucraina gravemente indebolita e praticamente indifesa contro ulteriori ondate di aggressione russa. L’accordo avrebbe significato cedere terre alla Russia, condannare milioni di ucraini all’occupazione russa permanente, ridurre drasticamente la forza e le dimensioni dell’esercito ucraino e impedire al Paese di avviare qualsiasi cooperazione militare con l’Occidente.

Se questi termini fossero stati accettati nella primavera del 2022, sarebbe stata sicuramente solo una questione di tempo prima che un’Ucraina, disarmata e isolata, si trovasse ad affrontare una nuova invasione russa con poche speranze di difendersi. In altre parole, la proposta di pace ampiamente pubblicizzata da Putin, era in realtà un tentativo di garantire la resa dello Stato ucraino. La pubblicazione della versione gradita a Putin del “piano di pace” non ha impedito a Papa Francesco di entrare nel dibattito all’inizio di marzo con il suo controverso appello all’Ucraina affinché “abbia il coraggio di alzare bandiera bianca” e negoziare con la Russia. I commenti del Papa hanno suscitato indignazione in Ucraina e in tutta Europa. In tanti hanno espresso il proprio disappunto per tali parole. Giorni dopo, il Vaticano è stato costretto a fare marcia indietro, con il cardinale Pietro Parolin che ha chiarito che l’onere di qualsiasi futuro processo di pace dovrebbe ricadere sulla Russia come Paese “aggressore”. Tuttavia, il contributo recente più inquietante al dibattito sui possibili futuri negoziati è arrivato dal primo ministro ungherese Viktor Orbán. Dopo l’incontro con l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump in Florida, Orbán ha annunciato che, se rieletto a novembre, Trump intende tagliare tutto il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina. “Se gli americani non danno soldi, gli europei da soli non sono in grado di finanziare questa guerra. E allora la guerra finirà”, ha commentato il leader ungherese. Queste rivelazioni non erano del tutto inaspettate. In effetti, l’attuale situazione di stallo al Congresso sugli aiuti militari statunitensi all’Ucraina è ampiamente vista come un riflesso della posizione personale di Donald Trump. Tuttavia, gli ucraini sono rimasti costernati dalle affermazioni di Orbán secondo cui la visione di pace di Trump equivale ad abbandonare l’Ucraina e lasciare vincere la Russia. Lungi dal porre fine alla guerra, questo approccio significherebbe la fine dell’Ucraina.

Lo stesso Putin ha implicitamente confermato gli evidenti limiti della strategia di Trump quando il 13 marzo, nel corso di un’intervista alla tivù di Stato, ha respinto l’idea di colloqui di pace in un momento in cui il suo esercito ha ripreso l’iniziativa sul campo di battaglia grazie in gran parte alla crescente carenza di armi dell’Ucraina. “Sarebbe ridicolo per noi iniziare i negoziati con l’Ucraina solo perché sta finendo le munizioni”, ha dichiarato Putin. Nelle circostanze attuali, il modo migliore per garantire una pace duratura è dimostrare al Cremlino che le speranze della Russia di estinguere lo Stato ucraino sono vane. Putin capisce solo il linguaggio della forza. Con questo in mente, i partner internazionali dell’Ucraina devono inviare un messaggio inequivocabile a Mosca abbandonando il loro mantra “tutto il tempo necessario” e dispiegando tutto il peso della loro schiacciante superiorità economica e tecnologica. Ciò sarebbe più che sufficiente per dare all’Ucraina un vantaggio decisivo sul campo di battaglia e preparare il terreno per la vittoria sulla Russia. Nessuno vuole la pace più degli stessi ucraini, ma riconoscono anche che una pace prematura con Putin porterebbe solo a ulteriori guerre. I sostenitori di una soluzione negoziata farebbero bene ad ascoltare queste preoccupazioni ucraine prima di chiedere a Kyiv di scendere a compromessi con il Cremlino. Come osservò Winston Churchill: “Non si può ragionare con una tigre quando la tua testa è nella sua bocca!”. In questo caso particolare, dovrebbe essere evidente a tutti che non potrà esserci pace duratura in Europa finché l’Ucraina non sarà al sicuro dall’aggressione russa.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza

Aggiornato il 15 marzo 2024 alle ore 15:59