Il guerriero intelligente: l’esempio israeliano

Sorpresa! Il contributo più innovativo alla guerra convenzionale moderna viene oggi da Israele, che insegna come vincere in futuro un conflitto supertecnologico. Prima di lei è venuta l’Ucraina, con i suoi droni fatti in casa o acquistati su Amazon e poi modificati, che ha dato lezioni all’Occidente sull’utilizzo strategico della materia grigia nei campi di battaglia. Un passo avanti è stato fatto dopo il 7 ottobre da Israele, mandando al fronte contro Hamas 360mila riservisti, richiamati alle armi per la guerra, al cui interno esisteva una forte componente di formidabili giovani tecnici, ingegneri e specialisti informatici. Una volta indossata la divisa, quei soldatiintelligenti” si sono rapidamente integrati con la parte operativa dei militari di carriera, soldati e ufficiali senior, che avevano già in precedenza avuto esperienze sul campo. Così, ingegneri esperti di software, data analyst e data scientist, con esperienza decennale nei settori più avanzati e innovativi delle aziende commerciali del digitale, hanno trasferito la loro grande preparazione scientifica e tecnica all’interno dei reparti operativi. Durante le fasi critiche delle attività militari israeliane all’interno della Striscia di Gaza, la sola presenza degli esperti in divisa, accanto ai responsabili diretti delle operazioni militari sul terreno, ha dato un notevole contributo al rapido accrescimento delle capacità di combattimento e all’individuazione mirata degli obiettivi da colpire. Questo perché la loro collaborazione diretta con gli ufficiali responsabili dei reparti di combattimento è stata del tipo “peer-to-peer”, per cui i riservisti hanno trasferito direttamente ai loro superiori le conoscenze acquisite all’esterno.

Fino ad allora, il trasferimento di know-how dalle aziende, produttrici del software e dei dispositivi a uso militare, passava attraverso un faticoso scambio bilaterale a distanza tra gli “utenti”, ovvero i comandi operativi dell’esercito israeliano, e gli esperti sviluppatori civili impiegati dalle stesse società private. Questa catena, spesso laboriosa e lenta, si è venuta drasticamente ad accorciare una volta che creatori di software e utilizzatori si sono venuti a trovare a stretto contatto operativo, per l’impiego immediato sul campo dei loro applicativi informatici. A partire dall’esempio israeliano, gli Stati Uniti stanno attentamente studiando i grandi vantaggi che questa inedita circostanza ha comportato per l’estrema efficienza dei reparti impegnati in azioni di combattimento. Così, il Pentagono ha preso atto di quanto sia importante l’interfacciamento diretto tra i propri militari e gli specialisti informatici iper-qualificati, che operano nelle aziende digitali avanzate, beneficiarie di contratti di servizi e di fornitura con la difesa Usa. L’Amministrazione militare americana, pertanto, sta valutando la possibilità di creare percorsi privilegiati di reclutamento, anche pro tempore, ai fini dell’inserimento nelle carriere militari di specialisti civili, attualmente impiegati in settori commerciali dell’informatica avanzata. Questi ultimi, infatti, sono di vitale importanza per l’utilizzo in battaglia dei dispositivi computerizzati, idonei all’individuazione dei bersagli e delle minacce incombenti.

Del resto, con la guerra in Ucraina è apparso ormai del tutto chiaro come il panorama dei metodi di combattimento sia del tutto cambiato, dato che come si è visto i responsabili operativi dei contingenti impiegati sul terreno lavorano su schermi in remoto. Come accade, ad esempio, all’interno dei posti di combattimento fortificati, in cui l’arma più letale è costituita dalla superiorità dei software utilizzati, rispetto a quelli a disposizione del nemico. La riserva di posti qualificati e ben remunerati, all’interno dei ruoli militari del Pentagono, per specialisti provenienti dai settori commerciali delle tecnologie e degli applicativi digitali, presenterebbe tre grandi vantaggi per l’esercito degli Stati Uniti, ma anche per i Paesi della Nato. Da un lato, si infoltirebbero i ranghi con il top degli ingegneri programmatori, mentre per altri versi si consentirebbe agli ufficiali più elevati in grado di avere accanto e di poter fare direttamente affidamento sulle conoscenze delle migliori menti scientifiche della Nazione, dato che in questo caso non si tratterebbe più di consulenti esterni ma di partner militari a pieno titolo. In terzo luogo, cosa davvero non secondaria, si garantirebbe un’ottimale approssimazione e osmosi bidirezionale tra le richieste alle imprese specializzate da parte degli uffici del Pentagono, e gli esiti dell’applicazione dei software relativi sul campo.

Processo quest’ultimo che, nel modello a distanza, impone come si è detto una lunga serie di adattamenti (time consuming o “perditempo”), prima di rivelarsi pienamente efficiente. L’impatto dell’esperienza israeliana va ben oltre il semplice software ingegneristico. Qualche esempio aiuterà a capire meglio che cosa è successo dopo il 7 ottobre con l’invasione di Gaza. Grazie ai riservisti specialisti in data analysis, si sono setacciate in tempo reale tutte le transazioni commerciali di Hamas “unendo i puntini”, come si dice in gergo, per smantellare le loro fonti di finanziamento. In altri casi, grazie agli esperti in pubblicità digitale, ci si è potuti addentrare in un’enorme mole di dati provenienti dai media e dai canali telematici dedicati. In tal modo, bravi ricercatori universitari temporaneamente sotto le armi, avvalendosi di algoritmi avanzati della Ai, hanno investigato enormi quantitativi di informazioni provenienti dai dispositivi (tablet, pc e cellulari) dei terroristi, permettendo così a Israele di seguire le loro tracce e quelle degli ostaggi. Per dirla in un motto: Non oro, ma materia grigia alla patria!

Aggiornato il 20 marzo 2024 alle ore 17:31