Quale è oggi l’Era del Gallio? Di certo, quella del nuovo dominio sul mondo di chi ha il (quasi) monopolio delle terre rare, come la Cina del neo imperatore rosso-celeste Xi Jinping, la sfinge di Pechino che non alza il tono della voce e non manifesta mai il suo grande potere, mentre al contrario qualche suo omologo antagonista lo grida ai quattro venti, in modo abbastanza sconnesso e disarticolato. Domanda: esiste un’equazione geopolitica formale che fa capire come stanno oggi le cose, nell’era in cui si ritorna alla casella di partenza del multipolarismo? Sì, in base agli attuali trend storici la si può scrivere volendo nel modo seguente: “Usa = Due Americhe (Nord + Sud); Russia = Europa slava + Stan States (Asia ex sovietica); Cina = Cina + Taiwan”, che rappresenta un’adeguata sintesi delle coordinate geopolitiche imperiali del XXI secolo. Da cui si ricava immediatamente una prima considerazione: la Cina ha bisogno solo di se stessa, in base al latente ma solidissimo razzismo suprematista dell’etnia dominante Han, nei confronti del resto del mondo. E l’Europa in frammenti, dove si colloca in questo scenario? Tra i passivi e gli ignavi, che Dante punisce all’inferno condannandoli a una rincorsa senza fine dietro un’unica insegna (il Dirittismo, nel nostro caso), tormentati da ogni genere di insetti che li fanno sanguinare. Api e mosconi sono i nostri sensi di colpa come ex colonialisti, mentre quel nostro girare a vuoto ci ricorda che fummo i soli responsabili di aver iniziato due terribili guerre mondiali sul Vecchio Continente, come se fosse un regolamento di conti tra di noi, una guerra civile all’ennesima potenza, fra imperi al tramonto, nel caso della prima, e tra ideologie totalitarie a confronto, per la seconda. Invece, la Terza guerra mondiale silente dichiarata dalla Cina al resto del mondo ha ben altri contenuti e obiettivi, rispetto alla conquista in armi di genti e territori.
Semmai, questa visione barbarica del potere appartiene all’amico “senza limiti” russo (oggi e domani nel ruolo di vassallo di Pechino), e in parte al nemico americano che, per il Sud del mondo (che odia l’Occidente al pari di russi e cinesi) è colpevole di guardare all’America Latina come al suo cortile di casa. Mentre di converso la guerra in Ucraina rappresenta agli occhi del Global South soltanto un ennesimo regolamento di conti tra europei, benestanti e viziati. A trarre vantaggio da tutto ciò è la leadership comunista cinese che, come un Dragone silenzioso e incendiario, muove da tre decenni la sua guerra planetaria verso le democrazie mature, in cui si lotta per la supremazia mondiale nei commerci e nelle tecnologie avanzate, e solo in subordine per quella militare. Entrato come un virus nelle difese indebolite del sistema planetario degli scambi (il Wto, World Trade Organization), il sistema produttivo-industriale cinese ha giocato una partita del tutto scorretta per la supremazia del commercio mondiale, sussidiando pesantemente, da un lato, le produzioni cinesi orientate all’esportazione, e disarticolando con ogni sorta di dumping, dall’altro, la concorrenza estera sulle stesse filiere-prodotto che tengono oggi in scacco le catene mondiali di valore. La forza della Cina è stata di aver postulato con estrema chiarezza, fin dagli anni 90, come sarebbe andato il destino tecnologico e produttivo del pianeta, a partire da quando Deng Xiaoping dichiarò che “se il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare”. Ovviamente, come in ogni grande conflitto che si rispetti, a perdere è stato quello dei due contendenti che ha commesso un errore fatale alla sua stessa sopravvivenza, cosa che Usa ed Europa hanno fatto (con un “aiutino” o una manina mandarino dall’esterno?) quando hanno dichiarato estinta la Terza industrializzazione altamente inquinante, per passare in una manciata di anni all’energia pulita, o green.
Ora, le nostre leadership così facendo non potevano non sapere che non avendo noi occidentali la maîtrise delle terre rare, né delle tecnologie relative ai semiconduttori avanzati, per la costruzione di batterie solari e motori elettrici, saremmo stati tutti schiavi dalla Cina, come sta avvenendo da tempo. Né ci siamo resi conto, cullandoci nella nostra onnipotenza regolamentare, che bisognava iniziare di corsa, almeno venti anni fa, a dotarci di una Internet e di una Silicon Valley europee, per non farci dominare da Cina e Usa sull’Ai e sui cloud dei Big Data, che oggi ci rendono insicuri e dipendenti dai padroni dell’high-tech che abitano la coste del Pacifico e dell’Atlantico. E tutto ciò accade perché non abbiamo capito per tempo come la forza che oggi muove il mondo sia quella della “Creazione”! Come recita un motto cardinale della Silicon Valley “passare da Zero a Uno è la vera Creazione!”, dato che poi da lì aumentare ancora di una unità alla volta è molto più facile. Ed è così che oggi si muovono i monopolisti dell’Ai generativa e, nel prossimo futuro, dell’Ai quantistica, mettendo a serio rischio qualche centinaio di milioni di posti di lavoro nel mondo. Per chiarire con un esempio pratico quanto sta accadendo, seguiamo per un attimo la bella inchiesta del settimanale americano Newsweek, a proposito della rivoluzione nel settore dell’Ev (Electric Vehicles), le cui applicazioni strategiche vanno molto oltre l’automotive, estendendosi alla nuova era militar-industriale a venire.
E qui, di nuovo, la Cina è l’avversario (imbattibile) da battere, per aver già costruito un impero dell’Ev verticalmente integrato, che domina produzione, catene di rifornimento e le sottostanti tecnologie high-tech che condizioneranno tutto questo secolo. Si pensi soltanto alle batterie elettriche che fanno funzionare ogni genere di dispositivi, dagli smartphone, ai droni, alle armi guidate dall’Intelligenza artificiale. Per avere un quadro metafisico del tutto, è come se qualcuno avesse in mano fin da oggi le filiere della ricerca e sviluppo e sia in grado di reindirizzarle verso le tecnologie militari avanzate. E questo significa dominare la navigazione celeste e spaziale guidata dall’Ai, la robotica e le smart city. Ovvero, avere il controllo dell’infrastruttura del futuro e poter determinare chi vincerà la prossime guerre iper-tecnologiche, di cui il conflitto russo-ucraino è solo un esempio prodromico. Oggi, i veicoli Ev cinesi sono come computer sulle ruote, pronti all’uso in questa era digitale, dotati come sono di sistemi di infotainment (informazione e trattenimento), touchscreen e altre caratteristiche avanzate dell’high-tech, che vanno dalla rotazione dei sedili passeggeri, e altre diavolerie del genere che fanno danzare o muovere a suon di musica gli abitacoli. Alcuni modelli addirittura, montano dei piccoli droni sul tettino che i guidatori possono lanciare al di fuori dell’abitacolo per filmare video o controllare i dintorni in remoto. Nota causticamente Newsweek: “La competizione sull’Ev non è una questione di mera mobilità, bensì di sovranità!”. Infatti, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia la Cina detiene il 70 per cento della produzione globale di Ev.
Dei 20 milioni di veicoli elettrici che saranno venduti nel mondo nel corso del 2025, la Cina ne avrà fabbricati 14, pari all’incirca a due terzi delle vendite globali. Un’altra sfida vitale già vinta dai cinesi è quella delle colonnine supertecnologiche per la ricarica degli Ev, che in Cina erano già 10 milioni a maggio 2025, cui solo a Pechino se ne aggiungeranno più di un migliaio per la ricarica ultraveloce in cinque minuti, e altre 4mila dello stesso tipo saranno installate a Chongqing. Vale la pena ricordare come nella WW2 (Seconda guerra mondiale) fu proprio la riconversione delle industrie automobilistiche in fabbriche di armi a dare all’America la vittoria: cosa che accadrà puntualmente in un domani prossimo a vantaggio di Pechino, quando si riprodurrà ancora una volta lo scenario della Trappola di Tucidide, che mise l’una contro l’altra Sparta (Cina) e Atene (Usa). Intanto, dormi pure, Cara Europa. Ma la tua futura culla non sarà come ora un cesto di carte, ma uno scomodo sedile di filo spinato.
Aggiornato il 04 novembre 2025 alle ore 09:35
