Nuova tecnologia per le protesi valvolari polmonari

Una bioprotesi di valvola polmonare autoespandibile che è capace in di adattarsi in maniera più efficace all’anatomia di bambini e ragazzi con cardiopatie congenite. Ecco il sistema innovativo offerto dalla tecnologia nel settore delle procedure trans-catetere, ovvero quelle che permettono di evitare un intervento chirurgico a cuore aperto. La nuova protesi, che ha ottenuto l’autorizzazione Ce a maggio, è già realtà nell’Unità di Cardiologia interventistica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, diretta dal dottor Gianfranco Butera, il quale l’ha utilizzata con successo per due ragazzi di 15 e 19 anni.

“È possibile prevedere che in Italia almeno un centinaio di pazienti all’anno potranno beneficiare di questa tecnologia – ha detto Butera – con notevole riduzione dell’impatto anche sul Servizio sanitario nazionale ma, soprattutto, con una notevole riduzione del dolore fisico e psicologico e dei rischi per i nostri ragazzi e grande soddisfazione per le famiglie”.

“La valvola polmonare – come evidenziato in una nota del Bambino Gesù – è una delle quattro valvole cardiache: posta tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare, ha il compito di assicurare che il sangue proceda in modo regolare, senza reflussi, nel suo percorso verso i polmoni per ricaricarsi d’ossigeno. Alcune patologie ne compromettono il funzionamento. È il caso della tetralogia di Fallot che rappresenta una delle cardiopatie congenite gravi più frequenti. Il ventricolo destro, a causa del malfunzionamento, è sottoposto a un lavoro eccessivo e può scompensarsi con gravissime conseguenze. È quindi spesso necessario impiantare una protesi valvolare polmonare per sostituire la valvola danneggiata. La procedura avviene nella sala di emodinamica in modo mininvasivo, senza la necessità di un intervento a cuore aperto, mediante l’inserimento di una cannula in un’arteria, all’interno della quale viene fatto scorrere un catetere (tubicino flessibile) di dimensioni minime che viene posizionato dove c’è il problema da risolvere”.

Per la cronaca, “le protesi di valvole polmonari trans-catetere sono entrate nella pratica clinica dal 2007 – è stato sottolineato – sono costituite di materiale biologico (ricavate da analoga valvola suina o bovina, trattata e fissata su un anello metallico coperto di fibra sintetica) e si basano tutte su di una tecnologia “balloon expandable”. La valvola è cucita all’interno di un supporto metallico (stent) che viene impiantato mediante un pallone introdotto attraverso il catetere. Il pallone viene gonfiato ed allarga lo stent sistemando la protesi nella posizione voluta. Le dimensioni del pallone – da circa 16 a 29 millimetri – costituiscono però un limite all’utilizzo del sistema. Nella maggior parte dei pazienti, infatti, lo spazio in cui inserire la protesi valvolare è più ampio, come conseguenza della malattia, degli interventi già subiti o per altri eventi della storia clinica. È questo il motivo per il quale con la tecnologia “balloon expandable” è possibile trattare solo circa il 20 per cento dei pazienti che hanno necessità di sostituire una valvola polmonare”.

Ancora il Bambino Gesù: “La nuova tecnologia si basa sul sistema “self-expandable valve”. Lo stent è autoespandibile ed è in grado di raggiungere diametri maggiori – fino a circa 36 millimetri – aumentando di molto il numero dei pazienti candidabili al trattamento. Ogni anno al Bambino Gesù si interviene su circa 30 bambini e ragazzi: un numero che potrà essere più che raddoppiato con la nuova tecnica evitando un intervento cardiochirurgico a cuore aperto. Molti dei pazienti sono stati sottoposti in precedenza ad atti chirurgici, per cui la possibilità di accedere a un intervento mini-invasivo è un innegabile vantaggio. Il sistema di cui è capofila l’Ospedale della Santa Sede è stato sviluppato da un’azienda cinese e ha ricevuto il marchio Ce a maggio 2022 (Venus Valve). Al momento attuale non esistono altri sistemi simili utilizzabili nella pratica clinica”.

Il Bambino Gesù, pertanto, è il primo ospedale europeo a utilizzare questa tecnologia dopo l’approvazione clinica. In più, è stato individuato come punto di riferimento per l’Italia e per l’Europa e “avrà il compito di promuoverne l’uso negli altri centri, curando anche la formazione degli operatori”.

In una prospettiva a lungo raggio, ha terminato il dottor Butera, l’intenzione è quella di “ampliare notevolmente il numero dei pazienti che può beneficiare di un approccio mini-invasivo. Inoltre, l’applicazione delle tecniche di imaging, visualizzazione 3d, simulazione computazionale permetteranno di comprendere ancora meglio i margini di applicazione e di ampliare le situazioni in cui poter procedere”.

Aggiornato il 23 agosto 2022 alle ore 15:24