La geopolitica dei semiconduttori e il Chips Act italiano

I semiconduttori sono risorse strategiche per le principali catene del valore industriale. Con la trasformazione digitale stanno emergendo nuovi mercati per l’industria dei semiconduttori, come le automobili altamente automatizzate, il cloud, l’Internet delle cose, la connettività, lo spazio, la difesa e i supercomputer. La recente carenza di semiconduttori a livello mondiale ha portato alla chiusura di stabilimenti in una serie di settori, dall’automotive ai dispositivi sanitari. Ciò ha reso più evidente l’estrema dipendenza globale della catena del valore dei semiconduttori da un numero molto limitato di attori in un contesto geopolitico complesso. I Paesi europei vogliono affrontare la problematica rafforzando la leadership tecnologica dell’Europa e mobilitando oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati, stabilendo misure per preparare, anticipare e rispondere rapidamente ad eventuali future interruzioni della catena di approvvigionamento, insieme agli Stati membri e ai partner internazionali.

Inseguendo le dinamiche europee, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha recentemente annunciato la creazione di un Piano nazionale per la microelettronica, la cui ambizione è quella di diventare il Chips Act italiano. Verrà creato un fondo sovrano per la promozione del Made in Italy: non soltanto agroalimentare, moda e artigianato, ma anche tecnologia, rafforzando la catena di approvvigionamento delle materie prime. In tal senso, giocherà un ruolo fondamentale il Critical Raw Materials Act, il programma avviato dall’Unione europea per ridurre la dipendenza dall’estero. Diviene importante anche il ruolo delle università, visto che secondo lo stesso ministro Urso “in Italia mancano un milione di competenze”. La produzione dei chip prevede competenze specifiche e cospicui investimenti, sia nella fase iniziale, per la costruzione degli impianti e l’acquisto di attrezzature e materie prime, sia in seguito su ricerca e sviluppo, finalizzati a realizzare chip sempre più piccoli, sempre più potenti ma sempre meno energivori. Qui entra in gioco il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che con circa 292 milioni di euro contribuisce al finanziamento per la costruzione, da parte di STMicroeletronics, di uno stabilimento che si inserirà nella filiera dei semiconduttori già esistente in Sicilia, nella piana di Catania.

Un progetto che dovrebbe essere ultimato nel 2026 e che porterà alla realizzazione della prima linea di produzione integrata di wafer epitassiali di carburo di silicio su scala industriale nel continente europeo. Attualmente, se design e ricerca si concentrano negli Stati Uniti, la produzione è in mano all’Asia: a Taiwan viene fabbricato il 60 per cento dei chip di tutto il mondo, che viene assemblato, collaudato e imballato perlopiù nel mondo asiatico. La filiera produttiva dei semiconduttori è diventata uno degli esempi principali dell’interdipendenza tra Stati nella globalizzazione: nessuno Stato ha il controllo completo della filiera, che quindi risente delle relazioni geopolitiche tra Stati diversi. La European Semiconductors Industry Association stima che la quota europea di produzione dei chip nel mercato globale sia passata dal 40 per cento degli anni Novanta, al 13 per cento nel 2010, al 10 per cento nel 2020. Numeri che sottolineano un crescente disimpegno europeo nel settore, inversamente proporzionale all’importanza che questo mercato ha assunto negli ultimi decenni

Aggiornato il 29 maggio 2023 alle ore 10:07