Come funziona il Digital Market Act

Il Digital Market Act entra pienamente in vigore oggi. Fino a qualche tempo fa, digitando un indirizzo sulla barra delle ricerche, si apriva automaticamente l’app di Google. Ora non più: bisogna andare su Maps e poi cercare l’indirizzo. Questo perché l’Unione europea non vuole che qualcuno abusi della propria posizione dominante e renda automatico l’utilizzo di un’applicazione invece di un’altra, penalizzando – in questo caso – altri fornitori di servizi di mappe digitali. Per l’Ue si tratta di una sfida colossale che porterà a feroci battaglie simili, ad esempio, a quella che ha generato la multa da 1,8 miliardi di euro ad Apple per abuso di posizione dominante rispetto alle app di streaming musicale. Il Regolamento sui mercati digitali (Dma) stabilisce una serie di obblighi e divieti per arginare gli abusi in modo da avere un mercato più competitivo dove possano prosperare anche i player più piccoli. Sei big della tecnologia – gli americani Alphabet (Google), Amazon, Apple, Meta (Facebook, Instagram) e Microsoft, nonché la cinese ByteDance, proprietaria di TikTok – sono tenuti a conformarsi.

Margrethe Vestager, commissaria europea alla Concorrenza, in un’intervista all’Aft ha detto che “ciò che ci aspettiamo da loro è un cambiamento di comportamento”. Una vera e propria rivoluzione nel diritto della concorrenza, dopo anni di procedure infinite e spesso inutili per cercare di porre fine alle pratiche anticoncorrenziali dei colossi di Internet. I gruppi presi di mira dovranno informare Bruxelles di qualsiasi operazione di acquisizione, indipendentemente dalle sue dimensioni. Dovranno soprattutto garantire l’accesso ai servizi dei concorrenti, invece di imporre le proprie soluzioni per impostazione predefinita: browser Internet, servizio di mappatura e applicazioni. La messaggistica istantanea di WhatsApp e Messenger, ad esempio, deve essere resa interoperabile con i servizi concorrenti che la richiedono. Ma l’applicazione di questo nuovo arsenale legale – che Apple, Meta e TikTok stanno già contestando in tribunale – “costituirà un compito colossale”, dice Bram Vranken, del think tank Corporate Europe Observatory. “Ancora oggi, a quasi otto anni dall’adozione del Gdpr (la massiccia legge sulla protezione dei dati dell’Ue), l’Unione fatica a garantire che Facebook rispetti la privacy di milioni di persone in Europa”, osserva. Tanto che Bruxelles ha multato Meta 1,2 miliardi di euro lo scorso anno per violazioni della protezione dei dati.

Aggiornato il 07 marzo 2024 alle ore 16:17