Che fine farà il Terzo Polo?

Un nuovo soggetto politico che nasce con l'intenzione di mettere insieme due delle etichette politiche più abusate, vuote e ormai insignificanti della nostra politica - moderati e riformisti - non parte col piede giusto. Ma andiamo con ordine.

All'annuncio hanno fatto seguire i fatti. Ieri mattina il segretario dell'Udc Cesa ha proceduto all'azzeramento dei vertici del partito. La road map è delineata: dopo le elezioni amministrative, probabilmente l'8 o il 9 maggio, l'Udc convocherà una direzione nazionale per sciogliersi e formare un nuovo soggetto politico, che verrebbe lanciato dopo l'estate, a settembre. Insieme all'Udc, come soci promotori, il Fli di Fini e l'Api di Rutelli, ma l'obiettivo dichiarato è quello di dar vita ad «un grande partito di centro», aperto a cattolici e laici, moderati e riformisti. Ovviamente il nuovo progetto spera di attrarre adesioni dal Pdl, «lì i moderati sono molti», ma anche dall'area cattolica e riformista del Pd, scontenta della linea camussiana. Due sere fa Casini a Ottoemezzo ha dato per certa la presenza anche di qualche ministro tecnico - «in questo momento però facciamogli governare il Paese», ha elegantemente frenato Cesa - e Montezemolo sarebbe il benvenuto.

Niente di nuovo, la nascita del Terzo polo come soggetto unitario era annunciata. E' probabile però, anche a giudicare dalle reazioni dei vari condomini, che Casini abbia voluto imprimere un'accelerazione. L'avvio era previsto per dopo le amministrative ma deve aver pensato che fosse necessario un primo atto. Innanzitutto, per intestarsi la titolarità e la guida dell'operazione. Pur avendo aspramente criticato il predellino berlusconiano del 2007, è su un predellino che Casini è salito oggi. Non l'hanno presa benissimo Fini e Rutelli, presi in contropiede anche se ormai convinti (o rassegnati) ad esserci fin dalla primissima ora. Rutelli ha sollevato obiezioni sull'ipotetico nome ("Partito della Nazione"), così come Bocchino, che preferirebbe qualcosa come «Lista degli Italiani» e che precisa che per ora si tratta di «un passaggio tutto interno all'Udc». «Non saliremo su nuovi predellini», avverte il battagliero Granata, mentre si mostra entusiasta l'ex radicale e liberista Della Vedova, «molto soddisfatto» del «rassemblement riformatore».

Ma il perché di questa accelerazione va rintracciato anche nel particolare momento politico. Si tratta infatti di cominciare a dare le ultime spallate al vecchio centrodestra prima che il quadro cambi: con la Lega alle corde, Formigoni piuttosto inguaiato, bisogna disgregare il Pdl prima che recuperi smalto e iniziativa politica. La mossa infatti ha subito provocato uno smottamento, per la verità atteso da tempo e ovviamente concordato con i vertici Udc: Pisanu e Dini, con 27 senatori (non tutti però disposti ad archiviare il Pdl), firmano un documento in cui si chiede di andare «oltre il Pdl», per partecipare ad «un nuovo movimento liberaldemocratico, laico e cattolico».

Il Pdl, seppure non si possa ancora dire che sia in ripresa, alcuni segnali di vita li sta dando: parla di lavoro, tasse, debito, crescita, insomma è tornato ad occuparsi di cose concrete, dell'"arrosto". E persino con qualche successo: modifiche alla riforma del lavoro in asse con le imprese; rateizzazione dell'Imu e odg per renderla "una tantum". Ed è proprio questo ritrovato protagonismo del Pdl, di Alfano in particolare, che deve aver convinto Casini per l'accelerazione. Quello delle proposte, degli emendamenti ai testi del governo, dell'incalzare il premier Monti, è un campo di gioco in cui il Terzo polo al momento, per il suo incondizionato appoggio all'esecutivo, non può toccar palla. Ecco quindi che i tre "amigos", con la sponda di Pisanu, hanno tirato il fumogeno nel campo avversario, spostando l'attenzione dai contenuti, con i quali il Pdl si stava rilanciando, ai contenitori.

Casini pensa ovviamente ad un contenitore a vocazione "grancoalizionista", promotore o interprete della Grande Coalizione, fiero erede dell'esperienza montiana. Ripete che «Monti non è una parentesi», che «politici e tecnici sono nella stessa barca e devono remare insieme». Per Pd e Pdl «profondo rispetto», per il «senso di responsabilità» dimostrato, ma ora è «auspicabile continuare insieme un percorso di ricostruzione italiana», anche dopo il 2013, perché riformare l'Italia «in profondità» richiederà anni ed è «illusorio pensare che si riapra la fase degli uomini della Provvidenza». «L'operazione-salvataggio» di Monti, ammonisce il leader Udc, «è ancora in corso e nessuno può permettersi di sabotarla». Ci tiene quindi a sottolineare che «la nostra iniziativa e la sua riuscita si misura sulla capacità di rafforzare questo tentativo senza esitazioni». Peccato però che facendo apparire il governo Monti funzionale al suo disegno politico, e i suoi ministri tecnici leader "in sonno" del nuovo partito, rischia di scatenare pericolose tensioni nella maggioranza, di compromettere l'esperienza che si propone di rafforzare e persino di indurre il precipitare verso elezioni a ottobre. Tant'è che il Quirinale non ha mancato di far trapelare la sua irritazione.

Casini è ossessionato dai contenitori piuttosto che dai contenuti, è il leader del compromesso "a prescindere". La riforma del lavoro esce fuori timida, persino dannosa? Fa niente, l'importante è lo «sforzo collettivo» in sé, la Grande Coalizione, ed esserne il celebrato architetto. Ha intuito le insidie del tecno-centrismo, che qualche ministro tecnico può pensare di giocare una sua partita personale, che nuove offerte politiche (tra cui quella di Montezemolo) possono trovare ampi spazi nel campo dei moderati dopo il passo indietro di Berlusconi. Quindi ha deciso di giocare d'anticipo, di allestire un nuovo carro nel quale è pronto ad accogliere tutti, anche a farsi scudiero. Non ambisce alla premiership (troppo lavoro), ma alle poltrone istituzionali (il Quirinale è il sogno di tutti i democristiani). L'importante è che sia lui al centro di ogni equilibrio e di ogni compromesso. Ma siamo sicuri che Passera o Montezemolo, o chiunque altro, se e quando scenderanno in campo, vorranno farsi accompagnare da Casini, Fini e Rutelli? A giudicare da un paio di tweet ironici del direttore di "Italia Futura", Andrea Romano, almeno il secondo non ci pensa proprio. Il presidente della Ferrari è sfuggente rispetto ai rumors degli ultimi giorni. A chi gli chiede del suo ingresso in politica risponde «non mi parlate di politica, è come se mi parlate della luna, e oggi la luna non c'è». Paradossalmente Casini può sperare che ministri tecnici, o lo stesso Montezemolo, si convincano a farsi "cooptare" se resta in vigore la legge elettorale che il leader centrista tanto avversa. La riforma di cui si discute, invece, aprirebbe il campo a nuovi giocatori in proprio. Non ci sarebbe da stupirsi se il più appiattito sostenitore di Monti in realtà stesse accarezzando l'idea di votare a ottobre con questa legge.

Anche il Pdl di Alfano punta a riunire i moderati. Si tratta quindi di decidere chi si intesta la guida dell'operazione, chi ingloba chi. E' su questo che c'è la ressa. Nessuno sembra ancora aver capito che i cosiddetti "moderati", o meglio il centrodestra non si unisce con operazioni tra apparati, ma nelle urne, convincendo gli elettori. Lo stesso termine "moderati" andrebbe bandito. Non si capisce bene cosa significhi: moderati nei toni, quindi sinonimo di pacati? Allora lo spettro sarebbe fin troppo ampio. Oppure moderati nelle proposte? Quali proposte? Finora ABC sono stati gli estremisti della spesa pubblica. E il nostro Paese si può permettere riforme solo "moderate"? O non c'è piuttosto bisogno di una poco moderata roncola per tagliare spesa e tasse?

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:14