Caos sulla “spending review”

Non devono ingannare le recenti dichiarazioni sui tagli alla spesa pubblica. Non c'è chiarezza sulla natura della spending review, né sui target di risparmio, né sull'utilizzo delle somme risparmiate. «Lo spazio per ridurre costi inutili c'è», assicura il ministro Passera, aggiungendo però che la revisione critica delle spese «vuol dire ridurle, ma anche aumentarle in certi campi» come «futuro e innovazione, ricerca, sostegno alle aziende e alle esportazioni». Insomma, ridurre alcune voci, aumentarne altre: ma il saldo finale?

Dai dati contenuti nel Def appena varato la spesa corrente dei ministeri dovrebbe diminuire di 13 miliardi di euro tra il 2012 e il 2013 (nemmeno l'1% del Pil), passando da 352 a 339 miliardi. Il dubbio resta: è ciò che ci si aspetta dalle misure già prese, o è l'obiettivo che ci si pone con la spending review? Per il ministro Giarda negli ultimi anni la spesa pubblica al netto degli interessi è rimasta costante a 727 miliardi di euro, un livello «senza precedenti nella storia della repubblica», e anche il suo peso sul Pil non è aumentato. Ora si tratta di farla scendere «in senso assoluto».

Ma «quando si tratterà di passare dai progetti ai fatti - avverte - occorrerà una vera e propria task force». Parole che fanno pensare all'ulteriore rinvio, all'ennesima commissione. E solo alla vigilia della presentazione del suo rapporto Giarda trova la forza per lamentare che sta lavorando «pressoché da solo e quasi a titolo personale». Come dire: non aspettatevi grandi cose. La spending review, dunque, avrà il suo «cuore» nella «razionalizzazione» della spesa, come sottolineato ieri dal ministro Patroni Griffi, o si prefiggerà l'obiettivo di incidere più in profondità? Queste le due linee che si starebbero dando battaglia all'interno del governo. Monti stesso vorrebbe porsi obiettivi molto più ambiziosi di quelli indicati da Giarda: 20-25 miliardi di risparmi strutturali, non solo 13. Ma ci sarebbero forti e prevedibili resistenze da parte di alcuni ministeri, meno propensi a rivedere il costo dei propri apparati. Tra i ministri finiti sotto accusa (esteri, difesa e giustizia), quello degli interni, Anna Maria Cancellieri, ha negato, dicendosi disponibile a ridurre del 10% i dipendenti civili («grazie a uno scivolo, senza traumi»), e pronta a parlarne con i sindacati.

Intanto, ascoltati dalle commissioni di Bilancio sul Def, il presidente della Corte dei Conti Giampaolino suggerisce di «aggredire» la spesa, «non solo nei suoi aspetti patologici quali sprechi e sperperi», anche perché la pressione fiscale è ad un «livello massimo»; ma il viceministro dell'economia Grilli avverte che per decidere importanti tagli alla spesa occorre «condivisione politica con il Parlamento», e auspica che siano comunque accompagnati nel medio periodo da un «ribilanciamento». Peccato che nella delega fiscale sembri accantonata l'idea di ridurre le tasse. Non c'è alcuna indicazione di un obiettivo, né un'intenzione. Nulla. Insomma, non è chiaro chi sia a remare a favore e chi contro i tagli, assistiamo ad un gioco di specchi e ad una serie di prese di posizione contraddittorie che sanno di bluff.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:12