Spending Review: c'è molto da tagliare

Mentre la distratta Italia celebrava sorniona e spensierata la festa dei lavoratori, il governo approfittava del lungo ponte del primo maggio per rispolverare l'ormai "scomparsa" spending review, mettendo a punto una road map che ha come obiettivo quello di ridurre la spesa pubblica e scongiurare così un possibile aumento dell'Iva. 

E come farlo se non attraverso un po' di sana e sempre seducente demagogia? Personale, stipendi, enti locali: sarà lì che il nuovo commissario straordinario Enrico Bondi, la cui nomina non è parsa molto gradita a gran parte del Parlamento, andrà a cercare i quattro miliardi e duecentomila euro che servono al governo Monti per non cadere definitivamente dal cuore degli italiani e tra i banchi delle aule Parlamentari. 

Il primo capitolo all'ordine del giorno sono proprio i ministeri. «Ciascun ministro - si legge nella direttiva sulla revisione di spesa, firmata da Mario Monti e Piero Giarda - con la collaborazione della struttura di supporto istituita con decreto del presidente del consiglio dei ministri in data odierna propone un progetto contenente sia gli interventi di revisione e riduzione della spesa atti a generare i risparmi di spesa previsti, sia misure di razionalizzazione organizzativa e di risparmi per gli esercizi futuri. I progetti devono essere presentati entro il 31 maggio 2012». Un po' pochino se pensiamo che da questi tagli, che saranno «selettivi e non lineari» si è affrettato a puntualizzare Palazzo Chigi, si potranno ricavare sì e no un centinaio di milioni di euro. 

Che di questi tempi non sono da buttare, per carità, ma che rispetto ai 140 miliardi di euro che ogni anno lo stato impiega nel settore degli acquisti di beni e servizi sono davvero una parte insignificante. È qui, infatti, che si annidano i veri costi della politica e i carrozzoni burocratico-economici pagati da mamma stato. Quelli dove la criminalità organizzata si butta a capofitto e dove, al posto delle famigerate valigette piene di contanti, ci sono appalti milionari per la fornitura di materiale ospedaliero.

Nell'ultimo quinquennio, secondo i dati della Consip, in quel settore c'è stato un incremento di spesa di quasi il 50%, distribuito in maniera disomogenea nella varie regione d'Italia. Leggendo questi dati la riflessione più logica che si dovrebbe fare è la seguente: è aumentata la spesa e sono migliorati i servizi. 

Peccato che non sia così, perché se il primo caso rappresenta una verità assoluta, il secondo è un falso mito, una leggenda che non trova riscontri nella italica quotidianità, dove i servizi sono sempre più scadenti e i cittadini sempre meno felici di dover pagare lo spreco altrui. Eppure revisionando la spesa in quel settore si potrebbero risparmiare fino a 40 miliardi di euro ogni anno. 

Soldi che servirebbero a riporre in soffitta l'Imu, a tagliare le tasse, a creare incentivi per lo sviluppo occupazionale. 

C'è molto più da tagliare, dunque, che una decina di dirigenti nei ministeri e un centinaio di giudici di pace. Ci sarebbe più che altro da rivoluzionare una certa mentalità sprecona e una società che si accontenta delle briciole populiste lanciate sulla grande piazza mediatica da qualche tecnico. Monti ne sarà capace? Qualche dubbio c'è. Anzi, forse più di uno.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:00