Il teorema che piace alla stampa

«Devo dire che ci ho pensato subito», afferma intervistato da In mezz'ora il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che ha collegato l'attentato di Brindisi alle stragi del '92-'93. «Allora le bombe volevano seminare il terrore nel paese e creare presupposti per poter dettare nuove condizioni di sopravvivenza. Il potere mafioso voleva fare la voce grossa in un braccio di ferro con lo stato.

Oggi le mafie sono ancora il potere criminale militarmente più forte sul territorio nazionale, e siccome siamo in una fase politico-istituzionale molto delicata, con formazione di nuove maggioranze e coalizioni, siccome la mafia non riesce a fare a meno di rapporti con politica, si mette sul mercato e potrebbe voler dimostrare di essere ancora forte - chiosa Ingroia - far sentire la propria voce battendo sul tavolo come è abituata a fare, cioè con le bombe». "Grande stampa" e tivù generalista non aspettavano altro: "L'ha detto Ingroia, quindi è certamente mafia", e giù filippiche sulle solite stragi.

Tutto infarcito di retorica sulla patria, sul senso del dovere, dello stato, della legalità. E se questa valanga preconcetta non venisse fermata si correrebbe il rischio di trovarsi (sempre sui soliti giornali) il pentito di turno che tira in ballo le solite persone, tutto senza uno straccio di prova, e per affermare con certezza "si dice che sia venuto da certi ambienti d'ordine di dare un segnale". Finalmente da sinistra, dal Pd, Vannino Chiti (vice presidente del Senato) ha invitato magistrati e stampa ad un po' di serietà, di contegno. «Vi è una tendenza a mio giudizio negativa, che non viene meno neanche di fronte a vicende gravi come quella dell'attentato di Brindisi: l'abitudine ad accompagnare indagini anche delicate con continue dichiarazioni, interviste su giornali e televisioni - afferma Chiti -.

Posso sbagliare ma resta un criterio da tenere fermo quello che ministri competenti e magistrati parlino principalmente a cose fatte, a risultati acquisiti e colpevoli assicurati alla giustizia. Non so quanto questi metodi giovino alla attività investigativa dei magistrati e al lavoro delle forze dell'ordine: la mia impressione - aggiunge il vice presidente del Senato - è che piuttosto complichino e siano d'ostacolo». Parole chiare e forti quelle di Chiti. Perché dopo le tante ipotesi televisive su mafia e terrorismo, va detto che nessun nome è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Brindisi per l'attentato alla scuola Morvillo-Falcone: a dircelo è la stessa Procura.

Certo i giornali devono vendere, fare notizia, quindi ci dicono che "l'attenzione degli inquirenti è su due soggetti, sui quali si sono concentrati i sospetti di chi indaga". Ma di chi parlate, chi è questa gente? «Io non ho certezze, per ora nessuna certezza, quindi mi sembra meglio lavorare tutti insieme - sostiene il guardasigilli Paola Severino -. È stato smentito ufficialmente che ci sia un indagato». E le ipotesi terroristiche che per tutta la giornata di domenica campeggiavano in tivù? «L'attentato di Brindisi e quello all'Ad dell'Ansaldo Nucleare a Genova sono due fatti distinti: non c'è nessun legame - ha detto il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri - ribadisco l'invito alla stampa a non fare allarmismo: non c'è un allarme nel paese».

Intanto nella serata di lunedì cambia il reato ipotizzato per l'attentato di Brindisi: da strage si indaga ora per strage aggravata dalla finalità di terrorismo: lo afferma procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso, che ha parlato di «finalità evidenti». Per ora l'unica evidenza è la tragedia, ma delle finalità non se ne ravvisa nemmeno l'ombra. Va detto che è stato rilasciato, e dopo un lungo interrogatorio, anche il mostro giornalistico, l'uomo fotografato mentre giocava con il telefonino: si chiama Raffaele Niccoli, ex militare dell'Aeronautica, era stato portato in questura ed ascoltato per molte ore. Niccoli era stato interrogato perché ritenuto «somigliante con l'autore dell'attentato alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi» ripreso nel video della telecamera di sorveglianza: a carico dell'uomo, che è stato ascoltato come persona informata dei fatti, non è stata avanzata alcuna ipotesi di reato.

«Tolta l'ipotesi del fine personale nei confronti delle vittime - ha spiegato Grasso - non c'è dubbio che qualsiasi altra ipotesi ha un effetto di terrorismo sia che venga fatto da un singolo isolato, sia da un pazzo, sia da un'organizzazione eversiva, dalla mafia o dalla Sacra corona unita». Grasso brancola nel buio e, arrampicandosi sugli specchi, osa parlare di «condotte per... intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese». A fermare il profluvio d'ipotesi di Grasso e giornalisti provvede il procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta.

«Voi giornalisti enfatizzate la diversità di vedute che può esserci stata in un momento iniziale delle indagini - afferma Motta -. La finalità e le motivazioni dell'attentato sono aspetti che esulano dall'attività di indagine che parte dagli elementi di cui disponiamo. Le valutazioni arrivano in un momento successivo».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:06