Ma cosa cambia con i Formattatori?

Se il Pd ha i suoi "rottamatori", convocati alla "Leopolda" dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, da qualche tempo anche il Pdl ha qualcosa di simile. In questo caso preferiscono chiamarsi "formattatori". Si tratta di un gruppo di giovani amministratori, dirigenti e militanti del Pdl che si riconoscono nella richiesta di un profondo rinnovamento del loro partito, a partire naturalmente dai vertici, e che si sono ritrovati sui social network, su Twitter, intorno all'hashtag #formattiamoilPdl. Nel week end si è svolto a Pavia il loro primo incontro nazionale. 

Da cui, però, sembra essere uscito meglio Alfano che i "formattatori" stessi. 

Proprio l'arrivo a Pavia, a sorpresa, del segretario nazionale ha messo a nudo una certa ipocrisia della platea. In sua assenza le parole di chi, durante il dibattito, aveva invocato le «dimissioni dell'intera classe dirigente, Alfano compreso», erano state accolte con un boato di liberazione. 

Poi però è bastata la presenza fisica del segretario a mutare il clima in sala. Il suo arrivo è stato accolto con un'autentica ovazione e chi ha osato ribadire, anche in sua presenza, la richiesta di dimissioni, ha raccolto solo freddezza e qualche fischio. Per disinnescare la contestazione più dura e rubare la scena ai formattatori, ad Alfano è bastato accettare sportivamente il confronto, e promettere da giugno «un giro in tutte le regioni per andare a scoprire i giovani talenti» da chiamare a far parte di una «nuova squadra». Al di là di un giudizio un po' troppo cangiante sul segretario, e di poche idee per lo più confuse, i formattatori avanzano istanze non solo legittime, ma la cui soddisfazione appare ormai ineluttabile e urgente: democrazia interna, primarie, ricambio generazionale. Tutto giustissimo. Tuttavia, il rischio di queste iniziative, pur animate dalle migliori intenzioni, è di scadere nel giovanilismo e nell'autoreferenzialità. 

È difficile mantenere il focus delle rivendicazioni sulla necessità di nuove regole ed evitare attacchi alle singole personalità del partito, dai La Russa ai Cicchitto, fino ad Alfano e Berlusconi. La richiesta ai "vecchi" di lasciare spazio ai "giovani" rischia così di apparire generica, come se il dato anagrafico, non le idee e i consensi, sia di per sé un fattore di merito. E in che senso, in concreto, la politica dei vecchi sarebbe "vecchia" e quella dei "giovani" nuova e al passo con i tempi? Anche su questo ci sembra che i formattatori rimangano piuttosto sul vago. 

Il dibattito sul modello di partito - strutturato o leggero - appare ancora a livello piuttosto embrionale. Superare la logica delle tessere, d'accordo, ma verso quali criteri associativi? E quali forme di finanziamento? Non abbiamo sentito, per esempio, prese di posizione sul modello americano, che sembra poter coniugare esigenze di apertura, democraticità, mobilitazione e autofinanziamento. Anche su come introdurre il merito nella scelta delle candidature del partito alle cariche istituzionali, non sembra ancora esserci una posizione univoca: c'è chi chiede il ritorno alle preferenze, il che sottintende un sistema elettorale proporzionale, e chi le primarie, che invece hanno senso in un sistema maggioritario.

Il dibattito e le proposte dei formattatori riguardano quasi esclusivamente la democrazia interna e l'assetto organizzativo del partito. Troppo scarsa, invece, l'enfasi sui contenuti politici veri e propri, limitati per ora a qualche riflesso incondizionato anti-tasse. Insomma, si parla di "posti", cariche di partito, di come renderli contendibili, di "codici etici", di "partito degli onesti", quindi delle regole attraverso cui selezionare una nuova classe dirigente, possibilmente onesta e competente. Tutti obiettivi senz'altro nobili e importanti, ma quanto può interessare agli elettori, in particolare ai delusi del Pdl, come vengono scelti i coordinatori provinciali del partito o chi abita il V piano di Via dell'Umiltà? Ai cittadini interessano più le proposte concrete, il profilo di un partito, o le sue vicende interne? È evidente che il Pdl ha anche un problema di volti vecchi, ma soprattutto di offerta politica. Per questo chiunque si candidi a sostituire la leadership del Pdl, come di qualsiasi altro partito, non può prescindere dai contenuti. Saper indicare le cause politiche di una sconfitta elettorale, è importante quanto individuare i vecchi leader a cui addossarne la responsabilità. 

Non servono epigoni anagraficamente più giovani, magari qualcuno ex portaborse, che sostanzialmente portano avanti la stessa linea politica dei loro predecessori, solo con un volto nuovo. Il Pdl paga soprattutto il proprio fallimento al governo. 

I suoi elettori gli hanno messo in conto non solo l'ultima esperienza di governo, bensì tutti i 17 anni dell'era berlusconiana, durante i quali è stata a più riprese tradita la promessa di cambiamento sul piano economico e istituzionale: la cosiddetta "rivoluzione liberale", su cui tutte le coalizioni berlusconiane avevano raccolto i loro consensi, è stata invece rimpiazzata da una politica economica statalista, conservativa, immobilista. 

L'opposto dello spirito del 1994. I giovani che si candidano come nuova classe dirigente del partito, dovrebbero innanzitutto preoccuparsi di dimostrare di aver compreso questa fondamentale lezione. Servono quindi volti nuovi, ma che sappiano rinnegare in toto la politica economica cripto-socialista che i governi di centrodestra hanno sempre perseguito. Tanto più che di recente la segreteria Alfano ha mosso alcuni passi verso il recupero di credibilità sui temi concreti, incalzando il governo Monti su tasse e lavoro e riproponendo la riforma presidenzialista. I giovani formattatori dovrebbero cominciare a dire cosa farebbero loro. 

Su quali riforme dovrebbe fondarsi la Terza repubblica? Solo sull'uscita di scena di Berlusconi? Quali idee hanno di politica economica? Qual è la loro lettura della crisi? Quale la loro visione di Europa e di politica estera? Cosa propongono per la giustizia? Da questo punto di vista, diciamo programmatico, sembrano più avanti coloro che propongono di "ripartire da zero".

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:20