Come è stata uccisa la conciliazione

La mediazione civile e commerciale (nata con la direttiva europea 2008-52-ce del 21-5-2005) è figlia di quelle direttive che, nell'Italia degli ultimi anni, hanno introdotto gravi disfunzioni nel già precario sistema processuale civilistico. La mediazione ha inferto un ulteriore colpo alla già traballante giustizia civile.

Dopo l'attuazione dell'art. 60 (legge 18.6.2009 n.69), che rappresenta la svolta italiana circa l'istituto giuridico della mediazione, si è legiferato in modo farraginoso, impreciso. Unico scopo del legislatore è stato uniformarsi in maniera acritica alle imposizioni europee. Nessuno s'è soffermato a considerare che la realtà italiana poco si confà al percorso della mediazione. Così il legislatore ha sfornato l'ennesima legge in nome dell'Europa, come ormai quasi tutte.

Fino ad allora il concetto di mediazione era sconosciuto al nostro ordinamento giuridico. La conciliazione già esisteva nel processo civile: come funzione delegata al giudice, a cui le parti si rivolgevano nel corso della causa. Una funzione garantita e facoltativa, lasciata alla valutazione dei soggetti processuali: non era obbligatoria, come invece è oggi la mediazione.

La mediazione è assurta a obbligatoria per chi vuole proporre un giudizio civile o proseguire quello già iniziato per l'accertamento di un determinato diritto. l'Obbligatorietà è diventa necessaria, al punto che la mancanza dell'attività mediativa delle parti impedisce al giudice di svolgere la sua funzione primaria, quella di non denegare giustizia.

Di fatto la mediazione impedisce al cittadino di chiedere giustizia, che in questo caso si è tolta la benda poiché asservita ai grandi gruppi imprenditoriali, padri putativi della patria Europa del danaro. Ampliando quella differenza, ormai consolidata, che vede i cittadini divisi in fasce sociali non più in classi, termine antico e superato.

E quasi tutte le materie disciplinate nel codice civile sono oggi soggette a mediazione, esclusi (forse ancora per poco) i rapporti matrimoniali, ma le lobbies che gestiscono la materia del diritto di famiglia si stanno già organizzando.

Ma scendiamo nel pratico: per proporre una causa relativa a questioni condominiali, o a contratti assicurativi, oppure per richiedere il risarcimento di danni derivanti da incidente stradale... si deve esperire la mediazione, e quale condizione necessaria per iniziare la domanda giudiziale o per proseguirla. In buona sostanza l'accertamento del diritto lascia le aule del tribunale per entrare nella stanza del mediatore. Questo perché occorre uniformarsi alle direttive Ue: ed alla faccia del principio della libera determinazione degli Stati.

Naturalmente occorre corrispondere immediatamente gli onorari al mediatore, e secondo la tabella allegata all'art. 3 del decreto. Le tabelle indicano l'ammontare degli onorari, e vanno da un minimo di 40 al un massimo di 10.000 euro, secondo il valore economico della controversia: ma da corrispondersi da ciascuna delle parti, a prescindere da risultato e riuscita o meno della mediazione.

Ora vorrei porre una domanda ai lettori: come può un povero cristo anticipare notevoli somme di danaro, e senza alcuna certezza, se intende ottenere un risarcimento danni da parte di una assicurazione? Anticipare somme senza alcuna certezza è il succo della mediazione, ormai formalità preprocessuale obbligatoria. E se fallisce? Come nella generalità dei casi, non rimane che proporre il giudizio civile, con ulteriori aggravi di spese e attenendosi ai tempi biblici delle sentenze.

A questo punto un breve cenno alle modalità di preparazione dei mediatori, nonché alle possibilità di accesso alle funzioni.

Chiunque, purché laureato, può, dopo aver seguito un corso della durata di 50 ore ed aver pagato un minimo di 1000 euro (più Iva ovviamente), svolgere le funzioni di mediatore professionale presso un ente autorizzato. Accadere nella pratica quotidiana (succede tutti i giorni) che un giovane ingegnere, e senza alcuna competenza specifica, possa gestire una mediazione in tema ereditario dal  valore milionario. E questo grazie ad una legge dello stato attuativa di una direttiva europea. Il legislatore ha così voluto, anche in questo caso, globalizzare parte della nostra giustizia.

E gli organismi di mediazione? Con questo termine altisonante si intendono "gruppi di soggetti mediatori riuniti in società tra loro": si autoproclamano organismo, e dopo avere ottenuto il riconoscimento ministeriale: i cui criteri amministrativi è facile immaginarli. Infatti possono a loro volta inserire, con criterio discrezionale, altri mediatori, che soltanto da quel momento saranno autorizzati ad esercitare la loro attività, per la quale hanno già ampiamente versato vari oboli.

È già successo che il figlio d'un banchiere o d'un boiardo di stato venisse favorito nell'accesso all'organismo di mediazione, soffiando anche in questo caso la poltrona a dei giovani con ottimi requisiti. È ovvio che ai grandi gruppi finanziari, immobiliari e di consulenza interessi anticipare delle consistenti somme (e per mediazioni miliardarie) ma a patto che il mediatore sia figlio d'un padre influente.

Ecco che al povero cristo viene tarpata la richiesta di giustizia. Richiesta che dovrebbe essere alla base di un sistema democratico e non asservito ai desiderata del capitale monopolistico.

Una legge dello stato, che è la massima espressione della civiltà giuridica, non può trovarsi calata nella società dai centri di potere economico (più o meno occulti). La mediazione all'italiana permette che vengono veicolate grandi speculazioni ed affari sulla pelle della povera gente. Quest'ultima è ridotta al silenzio, e perché chi non può pagare l'accesso alla mediazione non può vedersi riconoscere un diritto. Ecco che i grandi gruppi d'intermediazione mobiliare stanno evitando, e dopo aver provocato grandi bolle speculative, di mettere mani ai risarcimenti. Questo perché tanti malcapitati hanno esaurito le sostanze necessarie ad inseguire l'aristocrazia della truffa fino in camera di mediazione.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:13