La sinistra italiana è irriformabile

Con ogni probabilità sarà Bersani a vincere le primarie del centrosinistra, nonostante sia stato letteralmente asfaltato nel duello tv su Raiuno. Perché l’elettorato tradizionale della sinistra è molto conservatore e diffida delle ricette dal retrogusto liberale di Renzi e persino del suo modo “moderno” di comunicare (solo perché brillante si merita l’accusa di “cripto–berlusconiano”); e perché regole assurde (dover sottoscrivere un impegno a votare centrosinistra qualunque candidato vinca e inventare una giustificazione plausibile per votare al ballottaggio se non ci si è registrati al primo turno) hanno reso le primare molto meno aperte di quanto asserito e di quanto sarebbe servito al sindaco di Firenze per sperare di scardinare “l’Apparatchik”. Certo, ci si può accontentare della percezione di vitalità trasmessa al pubblico rispetto alle macerie, e miserie, del campo avversario, il fu centrodestra, ma la realtà è che alle prime vere primarie, dove il principale competitor non si accontentava di percentuali concordate a tavolino, il Pd ha mancato l’ennesimo appuntamento con la democrazia e la modernità.

L’amara realtà è che la sinistra in Italia è irriformabile: il popolo “de sinistra” – vertici e gran parte della base elettorale – è terrorizzato dalla prospettiva di un proprio leader capace di attirare l’elettorato indipendente o di centrodestra e reagisce abbandonandosi ai peggiori istinti, quelli dell’epurazione. Preferisce restare nel suo rassicurante recinto ideologico (e antropologico), anche se minoritario, piuttosto che conquistare/accogliere nuovi elettori e aprirsi a nuove idee. È più forte di loro: gli ex Pci (ma anche gli ex Dc) i concetti di democrazia ed economia di mercato non li hanno proprio afferrati, non li hanno ancora assimilati. Dopo la caduta del Muro si sono adeguati, perché così richiedevano le convenienze e le convenzioni del momento, dei tempi. Ma non riescono a convincersi intimamente di potersi affidare pienamente né alle logiche della democrazia né a quelle del mercato, che nelle loro proposte restano sospese tra un simulacro e una presa in giro. 

Ascoltiamo Bersani discutere del patrimonio degli italiani come di una ricchezza che si può in ogni momento requisire per un preteso bene superiore, o che è ancora convinto che spetti al governo «dare» lavoro, dimostrando di non possedere alcuna cognizione di come la ricchezza si crea.La «paura della sconfitta», ha scritto ieri Massimo Franco sul Corriere, spinge Renzi al «tutto per tutto». E’ vero al contrario: di Bersani e non di Renzi. Il «tutto per tutto», la «forzatura» di quest’ultimo sarebbe cercare fino all’ultimo di convincere i cittadini ad andare a votare, per qualunque dei candidati rimasti in gara; il «tutto per tutto» di Bersani e dei suoi uomini consiste nel piegare le regole a competizione in corso per cercare di impedirglielo. Chi dei due finge di giocare alla democrazia e ha «paura della sconfitta»? La spregiudicatezza con cui Bersani da una parte, in tv, si atteggia a leader serio, pacato e bonario, con tanto di lacrimuccia, ma dall’altra si avvale del 98% dei membri dei comitati provinciali e del Comitato dei garanti per garantirsi la vittoria, è degna di quella dei leader comunisti dell’Est europeo nel prendere il potere nel secondo dopoguerra.

Le regole sono un pasticcio, scritte così appositamente per lasciare il potere a chi sarebbe stato chiamato ad applicarle, ma una norma è abbastanza chiara: l’art. 14 del regolamento consente la registrazione per il ballottaggio di coloro che «dichiarino» di aver avuto un impedimento, non dipendente dalla loro volontà, a registrarsi prima del 25 novembre, non di coloro che «dimostrino» o che «risultino». Un’autocertificazione, insomma, dovrebbe bastare. Così sembrava pensarla anche Berlinguer in un’intervista diffusa domenica sera su Youdem, in cui non menzionava affatto giustificazioni di sorta. Dunque, il contestato sito domenicavoto.it è perfettamente legale. Non le delibere che di ora in ora cambiano le regole del gioco in corsa per tentare di arginare il fenomeno Renzi dopo la disastrosa performance tv del segretario. Per non parlare, poi, della bislacca concezione del sistema a doppio turno di Bersani e i suoi, secondo cui aprire a nuove registrazioni sarebbe una presa in giro nei confronti dei tre milioni di elettori che hanno votato al primo. Gli italiani, insomma, sono avvertiti: Bersani governerà il paese con lo stesso eccesso di burocrazia, con la stessa arbitrarietà nell’interpretare delle regole, con la stessa mancanza di rispetto per la democrazia e i cittadini applicati alle primarie.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:05