Monti incrina il bipolarismo

Ci sono voluti 18 anni per raffinare il modello del bipolarismo in Italia. Silvio Berlusconi, scendendo in campo nel ’94 sulla scia di “Mani Pulite”, ha iniziato questo percorso portando il nostro paese verso un modello occidentale, a cui forse, non eravamo pronti. La storia la conosciamo bene: il leader di Forza Italia, poi Popolo della Libertà, ha governato il paese per ben otto anni, con i lampi dei governi Prodi ad interrompere la cavalcata azzurra. Le riforme strutturali, auspicate e promesse, non sono mai arrivate né col governo di centrodestra né con quello del centrosinistra, e la grande possibilità data dall’entrata in Europa non è stata sfruttata.

Le campagne elettorali, i dibattiti, i talk show, il “meno tasse per tutti”, la Vicenza di Confindustria, le vittorie di “Pirro” per 20.000 voti e i “predellini” hanno poi trovato, nel mezzo del nuovo sistema a due,  la loro sintesi nel disegno elettorale denominato “porcellum”, una designazione dall’alto, un pacchetto preconfezionato che, in un certo senso, ha sublimato l’habitat che il potere si è costruito.

Poi, fra scandali e spread, sono arrivate le dimissioni di Silvio Berlusconi e la composizione del gruppo dei “tecnici” guidati da Mario Monti: un governo poco coraggioso, un po’ ottuso, che ha stabilizzato un paese in balia dei mercati con la credibilità e con le tasse, per via di scadenze troppo ravvicinate da poter essere procrastinate. Poi, qualche settimana fa, sono successe alcune cose. Berlusconi (senza sorprendere nessuno) accerchiato dalle procure e dall’incapacità di vivere un ruolo da secondo attore, ha deciso di mettere al macero le primarie del Pdl scendendo nuovamente in campo, fra arrabbiature e dichiarazioni rimangiate.

Il piano è stato ben concepito: cavalcare l’ondata di malumore del belpaese per l’attuale governo “tutto austerity” al fine di recuperare alleati e consenso. Una volta candidato i guai giudiziari del Cavaliere sarebbero ingabbiati dal fattore tempo oltre al fatto, non secondario, di evitare una uscita di scena in sordina non propria del suo personaggio. Subito all’opera, Berlusconi ha tolto la maggioranza al governo di Mario Monti aprendo al nuovo segretario della Lega Nord, Roberto Maroni e  spingendo il più possibile verso un prematuro election day in cui figuri il voto Lombardo. 

Nonostante le incertezze, sia nella Lega Nord (vedi il malcontento della base e di molti luogotenenti del partito) sia in alcuni esponenti del Pdl, il gioco al Cavaliere sembrerebbe essere riuscito: creare il terreno per una possibile vittoria alle prossime politiche nelle regioni del Piemonte, Sicilia, Lombardia e Veneto, ottenere lo stallo al Senato, e garantirsi ancora una posizione politica decisiva.

Poi però accade quello che non ti aspetti: Mario Monti decide che Berlusconi ha tirato troppo la corda, va da Napolitano consegnando a sorpresa nelle sue mani le proprie dimissioni, previo il varo della legge sulla stabilità.

Con questo gesto politico, Mario Monti, ha aperto un nuovo squarcio non solo nel piano di Berlusconi - scaricando su di lui tutte le colpe di possibili ricadute italiane sul fronte economico per via della crisi di governo - ma  nel bipolarismo stesso, ponendo le basi di un possibile cambiamento del sistema paese.

Mario Monti non ha fatto altro che offrire ai vari schieramenti dell’ala centrista la possibilità di una nuova alleanza, anche volendo, tramite una sua leadership. A questo punto il paese si ritroverebbe con quattro forti gruppi difficilmente assimilabili fra loro e con un appeal di voto (stando agli ultimi sondaggi) a due cifre: il centrosinistra, il centrodestra. Il nuovo centro ed i grillini. Senza poi contare l’astensionismo, ad oggi fermo al 35-40%.

L’eventuale piano per lo stallo al Senato di Silvio Berlusconi renderebbe vana anche una possibile alleanza fra il centrosinistra ed il nuovo accordo centrista (unica alleanza ad oggi possibile fra tutti gli schieramenti), rendendo di fatto ingovernabile il paese che dovrebbe passare attraverso una nuova concertazione di ben ampie vedute e di difficile immaginazione. Nonostante questo Monti ha cambiato le carte in tavola, persino a Bersani, aggiungendo un nuovo attore fra due sfidanti che da vent’anni si contendono il trono.

Ora la campagna elettorale è cominciata ed è tutto in divenire. Saranno mesi di “grandi spostamenti”. Mercati permettendo.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:08