Giustizia italiana, come e quando

"Con questo pezzo dell'avvocato Carlo Priolo, parte su L'Opinione una campagna dedicata ai temi della giustizia italiana e della necessità di una sua riforma radicale."

Tribunale di Tivoli 27 Agosto 2013: presentato un provvedimento d'urgenza (ex art. 700 c.p.c.). Il giudice (donna, età media) si presenta all' udienza dichiarando di non conoscere nulla del fascicolo e di essere tornata quel giorno dalle ferie (sembra che dovesse essere di turno per la cosiddetta “feriale”- le udienze urgenti nel periodo di vacanza dei Magistrati dal 1 agosto al 15 settembre). Non ha letto nulla, non sa di cosa si stia parlando. Beh, è tornata dalle ferie quel giorno e probabilmente il pomeriggio riparte. Il difensore della ricorrente chiede una decisione immediata come prevede il codice. Si tratta della salute di un bambino. Il difensore di controparte, afferma di non aver potuto difendersi (nonostante il decreto di fissazione di udienza sia stato regolarmente notificato). Chiede un termine; non previsto per i provvedimenti d’urgenza. Il giudice concede 30 giorni per delle note, più 15 giorni per le repliche alle note.

Se ne parlerà dopo il 20 ottobre se va bene. Non c’è nulla da dedurre ulteriormente, né da replicare. Il caso è semplice, bisogna decidere se il bambino è intollerante al glutine sulla base di certificati medici depositati. Il 5 settembre, considerato che i termini concessi avrebbero vanificato il carattere di urgenza dell’azione ritualmente proposta, il difensore della ricorrente chiede che i termini concessi per complessivi 45 giorni vengano ridotti. Nessuna risposta. Il 5 novembre, dopo ben 70 giorni il giudice dichiara il ricorso inammissibile, perché la madre del bambino non è legittimata attiva, non può agire giudizialmente per il figlio. La madre non può rappresentare il figlio minore di 6 anni ed il giudice condanna la mamma a pagare le pese del giudizio, più di 3.000,00 Euro. Il difensore della mamma propone reclamo ad un collegio di tre giudici (due uomini ed una donna) dello stesso Tribunale (Tivoli).

L’udienza è fissata per il 18 gennaio 2013. Trascorsa l’intera mattinata la causa è chiamata alle 13,00. Sorpresa! La causa non può essere trattata perché nel fascicolo del reclamo manca il fascicolo del precedente provvedimento d’urgenza (non è stato acquisito il fascicolo del monitorio, per dirla in giuridichese). Dove si trova? Nella stanza accanto a quella dell’udienza, ma nessuno può prendere il fascicolo del provvedimento d’urgenza e depositarlo sotto o sopra quello del reclamo. La causa viene rimandata al 15 marzo 2013. Sono trascorsi quasi 8 mesi da quel lontano 27 agosto 2012. Il 22 marzo 2013 il collegio giudicante emette la sentenza (che nel caso specifico si chiama “ordinanza”) e dichiara che il giudice del provvedimento d’urgenza ha errato (ritiene il Tribunale che il Giudice del cautelare abbia errato, atteso che l’esperimento dell’azione giudiziaria nell’interesse del figlio è ben desumibile dal complessivo tenore dell’atto). La madre, quindi, può rappresentare il figlio, è legittimata, ma le spese del giudizio vengono confermate, oltre 3.000,00 euro (più della indennità di un parlamentare grillino). Per quanto riguarda il merito - la decisione sulla intolleranza al glutine e/o della affezione celiaca - il giudice (relatore) così decide: la copiosa documentazione fornita da parte reclamante non ha fornito prova certa della esistenza (sulle intolleranze non esiste prova certa) di una intolleranza al glutine, ma solo un possibile sospetto, non seguito da quella certezza richiesta per giustificare un regime alimentare alternativo (in tutto il mondo la pasta e la pizza sono messe al bando a causa del sovrappeso). Peraltro, gli esami più significativi quali la biopsia gastrica hanno dato esito negativo.

Ne risulta che il reclamo non può essere accolto, la condanna alle spese segue la soccombenza ed è liquidata nella misura di euro 2.000,00 oltre accessori, quasi 3.000,00 euro. 1 La biopsia di cui parla il giudice è del lontano 10 novembre 2011. Il mondo si è fermato ad Eboli (Carlo Levi). Tutti i certificati dei maggiori esperti italiani di celiachia emessi successivamente alla biopsia, nonché i vari certificati dei reparti di pronto Soccorso del gennaio-maggio 2012, carta straccia. Ma anche se fosse un semplice sospetto (un sospetto avvia le indagini per ricercare l’assassino), non sarebbe, (forse!), prudente alimentare il bambino senza glutine? Basterebbe, razionalmente, il semplice sospetto del morbo celiaco e/o intolleranza al glutine per suggerire di disporre la interruzione della somministrazione di cibi contenenti il glutine, ma l’odio verso la ex moglie prevale anche sul verbo della legge, uguale per tutti. In ogni caso, non solo non è necessaria la gravità del pregiudizio, ma neppure occorre che un pregiudizio si sia già verificato, essendo sufficiente il mero pericolo. Come pure non è necessario che la condotta pregiudizievole sia volontaria (è questo il caso), essendo sufficiente la mera attitudine obiettiva ad arrecare danno al figlio.

In perfetta buona fede, per prevenire, per tutelare la salute di suo figlio, una madre viene condannata a pagare quasi 7.000,00 di spese di giudizio e non sa ancora se il bambino deve essere alimentato senza glutine. Ora il solito Pierino ci ricorderà che le sentenze non si commentano. Infatti, non è un commento, è una semplice esposizione di fatti accaduti che chiunque può conoscere con richiesta di accesso agli atti, la cosiddetta trasparenza. Narrare questa vicenda fra le tante non significa delegittimare la magistratura. Anzi, la stessa viene maggiormente legittimata, investita di autorevolezza, perché automaticamente esalta tutto quell’operare di eccellenza che rende la giustizia italiana baluardo di legalità e valorizza il lavoro di tanti Magistrati che svolgono il proprio servizio con professionalità ed abnegazione. L’interesse a conoscere viene da quasi 20-22 milioni di cittadini che sono parte di 10 milioni di processi pendenti, come ogni anno (all’inaugurazione dell’anno giudiziario) ci viene ricordato dal presidente Emerito della Suprema Corte di Cassazione e dal Procuratore Generale della stessa Suprema Corte, ma nessuno si preoccupa di dare seguito a questi dati allarmanti, a questa concreta denuncia che viene dai più alti ed autorevoli magistrati della Repubblica Italiana. Questo è un messaggio di pacatezza ed un invito alla misericordia, ma è anche l’inizio di una informazione capillare sull’universo di quella giustizia quotidiana sovente dimenticata.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:23